Perché rinviare il richiamo del vaccino anti-covid

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del Dott. Salvatore Burrafato, Primario Emerito di Medicina Interna. Ecco il testo integrale.

“Nel giugno 2020 la FDA (l’agenzia regolatoria del farmaco in USA) ha stabilito che un vaccino anti-covid è efficace se proteggerà almeno il 50% dei vaccinati.

Nel dicembre 2020 il rapporto del “Joint Committe of vaccination and immunation” del Regno Unito ha dimostrato che una sola dose di vaccino mRNA Pfizer arriva, sebbene in tempi più lunghi, a proteggere circa l’80% delle persone vaccinate.

Per altri autori, tralasciando le prime settimane, la protezione che si ottiene nei vaccinati dopo la prima dose Pfizer supera il 90%.

Lo studio dell’ospedale Bambin Gesù di Roma condotto dal virologo Prof. Perno ha dato un ulteriore contributo nella valutazione della risposta immune del vaccinato. Lo studio dimostra che dopo 21 giorni dalla prima dose del vaccino Pfizer il titolo anticorpale dei soggetti vaccinati si eleva oltre 50 volte la soglia della negatività.

Il monitoraggio dell’andamento epidemiologico sui 3.000 dipendenti vaccinati ha dimostrato che solo nelle prime due settimane c’è stato qualche caso di contagio da Covid 19.

Dal 15° giorno l’infezione da Sars-Cov2 ha avuto una crescita zero in tutti i vaccinati (sono stati protetti anche i soggetti che avevano ricevuto ancora soltanto la prima dose di vaccino).

Tutto questo alle Autorità Regolatorie ( l’EMA per l’Europa e l’AIFA per l’Italia) non interessa. Si deve continuare a vaccinare come propongono gli studi fatti e controllati dalle Industrie.

L’Inghilterra, che assieme ad Israele, è la Nazione più avanti nella campagna di vaccinazione ha deciso di rinviare la 2° dose di vaccino. La seconda dose è il   richiamo che fa esplodere al massimo il titolo anticorpale, la crescita delle cellule T e delle cellule della memoria nella risposta immune dei soggetti vaccinati.

Il ragionamento molto empirico del piano vaccinale usato in Inghilterra è: meglio una sola dose per più persone che due dosi per meno persone. Ai richiami per il rinforzo della risposta immune si penserà dopo.

Stephen Evans, cattedratico di Farmaco-Epidemiologia alla London School afferma: “vaccinare tutti con una dose forse un pochino  meno efficace, è meglio che avere un’efficacia altissima per la metà della popolazione”.

L’attuale guerra contro il virus va affrontata, non ostinatamente e pedissequamente con i protocolli ufficiali, ma con intelligenza e buon senso tenendo conto delle risorse disponibili e dei tempi di distribuzione del vaccino alla più gran parte della popolazione.

Le Agenzie Regolatorie farebbero bene a non ostinarsi ad applicare le cosiddette EBM (le evidenze di prova di efficacia) ad ogni costo.

Le EBM saranno utili in tempo di pace, ma quando si deve correre come in tempo di guerra, le  EBM sono delle “gabbie” che ostacolano i provvedimenti più tempestivi e indicati per proteggere la salute dei cittadini.

Fino ad oggi in Italia abbiamo vaccinato appena il 4,3% della popolazione ovvero poco meno di 4.500.000 di persone e per arrivare al Target, cioè il 70% della popolazione (in pratica 42.000.000). La velocità del piano di strategia vaccinale è molto bassa. Il piano vaccinale procede a passo lento, mentre il virus corre veloce e si propaga  pericolosamente da persona a persona.

Le consegne del vaccino da parte delle industrie avvengono con ritardo, ma la distribuzione e la inoculazione del vaccino avvengono con un ritardo ancora più preoccupante.

La conseguenza è che, con il diffondersi delle varianti più contagiose, ci sono più ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive.

Purtroppo i vertici scientifici responsabili ancora tentennano sulla opportunità di ricorrere alla monodose per la somministrazione del vaccino imitando il modello vaccinale di Israele e Regno Unito che sono le nazioni più avanti nella campagna vaccinale.

Giovanni Rezza, direttore della prevenzione al Ministero della Salute, spiega: ”in merito ai vantaggi della monodose ci sono studi che dicono diversamente. Se ci sono, meglio vaccinare con due dosi, tenendo però anche conto delle differenti  opzioni sul tavolo”.

Anche Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, e Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, vengono coinvolti in questa valutazione. Per loro tutti gli studi hanno un anello debole, cioè il tempo limitato in cui sono stati osservati gli effetti della monodose. Ebbene , io dico, che il problema è che proprio il tempo è quello che manca: il virus accelera la corsa con le varianti e le vaccinazioni arrancano in attesa di verificare i risultati con rigore scientifico. Comunque ricerche condotte in Inghilterra e Scozia su persone vaccinate utilizzando sia il vaccino AstraZeneca che il vaccino Pfizer dimostrano che entrambi i vaccini sono efficaci nel prevenire il rischio di contagi gravi da covid anche dopo una sola dose. Dopo 4 settimane dall’inoculazione è azzerato il pericolo di finire in ospedale: nel caso di uso del vaccino AstraZeneca (meno 94%) e nel caso di uso di vaccino Pfizer (meno 85%). Le cifre sui successi della campagna vaccinale a singola dose riferite oggi da Downing Street riguardano una vasta platea di 20.000.000 di persone in Inghilterra a cui si sommano gli altrettanti risultati positivi che arrivano dalla Scozia.

I responsabili del piano vaccinale non hanno compreso che con la pandemia dilagante siamo in guerra e non è benefico (anzi è nocivo!) applicare i protocolli ufficiali come in tempi di pace.

Il vaccino protegge intorno al 90%; se disponiamo di un milione di dosi e lo distribuiamo in due dosi proteggiamo circa 450.000 persone, se invece inoculiamo il milione di dosi con una sola somministrazione (riservandoci comunque il richiamo in tempi più lunghi) proteggiamo circa 900.000 persone e il virus trova dimezzate le possibilità di circolare tra più persone e viene dimezzata anche la possibilità di sopravvivenza del virus.

Per fortuna in questi giorni cominciano a farsi strada voci di persone guidate dal buon senso. Il Prof. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, da tempo considera ”non strampalata” la strategia del Regno Unito di applicare la dose unica  del vaccino a più persone e rinviare il richiamo in tempi più lunghi.

Anche Guido Bertolaso, l’ex capo della  protezione civile, oggi Coordinatore della campagna vaccinale in Lombardia, in una intervista al Corriere della sera, afferma: ”ciò che serve ora è una dose a tutti- L’obbiettivo con la prima dose è ridurre la ospedalizzazione. E’ ciò che dicono i numeri di altri Paesi come Israele”.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel suo debutto al Consiglio Europeo, ha parlato della dose unica pensando al modello di Israele e Regno Unito. L’Italia un primo passo l’ha deciso. La dose unica si farà a chi ha già avuto il virus ed è guarito.

Per loro una sola dose è sufficiente perché la prima risposta immune è già stata avviata. L’AIFA ha già dato il suo parere positivo e presto dovrebbe arrivare il “via libero” del ministero della salute.

Al momento in Italia le persone guarite dal covid sono 2.387.032 (bollettino del 26-02-2021). Vaccinare queste persone con una sola dose significherebbe ”guadagnare” oltre un milione di dosi da iniettare a persone che altrimenti avrebbero dovuto aspettare di più.

Siamo ancora lontani dalla versione integrale del modello Israeliano e Inglese perché lì la dose singola riguarda praticamente tutti, non solo i guariti.

Per fortuna il prossimo vaccino Jonshon & Jonshon è stato progettato in partenza dalla ditta industriale per essere in tutto e per tutto un monodose.

Anche il vaccino AstraZeneca un po’ lo è. Già oggi, in base al protocollo AIFA, il richiamo per questo vaccino va fatto dalla 12° settimana. Speriamo che i responsabili del piano vaccinale italiano cambino strategia, usino il buon senso, imitino il modello dei Paesi più avanti nella campagna vaccinale e abbandonino per l’emergenza pandemia i protocolli standard che sono vere gabbie nocive che si oppongono nella protezione della salute dei cittadini”.

 

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