PAROLA DI TECNICO!

Mario Monti in pochi giorni con due distinte interviste a due tesate straniere è riuscito a scatenare un putiferio in Italia e all’estero.
Vero è che un “tecnico” non è normalmente parecchio avvezzo all’arte della diplomazia, e quindi questo tipo di “incidenti” sono più probabili rispetto a quei sapienti manipolatori della parola che sono i politici, ma è anche vero che Monti non è un tecnico che proviene dal laboratorio del Gran Sasso, che si approccia ai media dopo essere stato una vita relegato tra marchingegni e provette, è un accademico economico, già consulente di banche d’affari di livello mondiale, già Rettore di una delle Università più gettonate d’Italia, già Commissario Europeo: mi sembra eccessivamente semplicistico derubricare la faccenda come fattore di inesperienza da tecnico!
Oggi voglio parlare “dell’incidente” casalingo rinviando ad una futura riflessione il delicato rapporto tra scelte di governo e democrazia.
Ecco la vicenda, in una intervista al Wall Street Journal Monti dichiara che con il precedente governo lo spread sarebbe di 1200 punti. Apriti cielo!
Il PDL minaccia la sfiducia e reagisce verbalmente tramite i suoi più rappresentativi portavoce.
Dopo 8 mesi di sapiente tessitura della “narrazione” ribadita quotidianamente da tutti gli organi di stampa amici (e dipendenti) e in tutti i talk show da qualunque rappresentante del partito che l’innalzamento dello spread non era per responsabilità del Governo Berlusconi non è tollerabile che qualcuno butti a mare quella che per gli Italiani oramai era diventata una “verità”.
E che sia diventata una verità lo ho costatato di persona con un intervento polemico di un mio carissimo amico che tramite social network dopo la pubblicazione del mio pezzo di 2 settimane fa accusava di “disonestà intellettuale” chi dava la colpa al passato Governo dell’innalzamento dello spread; la cosa assume un contorno più marcato se si considera il mittente del commento: un amico che si qualifica “molto più a sinistra” e mi irride in quanto “ex democristiano”.
In me si era accesa una lucetta rossa di pericolo: il messaggio era passato e si era sedimentato nell’italica coscienza.
Ancora una volta si realizza l’aforisma ripetuto da Goebbels: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.
C’è da scommettere che la stessa sensazione l’ha registrata Monti che si è sentito in dovere di puntualizzare che non va valutato il valore assoluto dello spread, ma le cause e i contesti che lo influenzano: una cosa assolutamente ovvia.
A questo punto sarebbe facile contestare che nessuno detiene la sfera di cristallo e quindi è opinabile sia la vulgata del PDL sia l’asserzione di Monti, e l’osservazione non è peregrina (tanto è vero che l’assumo in premessa), ma l’analisi di alcuni elementi purtroppo o per fortuna fanno giudicare l’analisi dei nostalgici berlusconiani un po’ troppo semplicistica.
Per prima cosa è giusto premettere che lo spread (che come sappiamo misura la fiducia dei mercati nella capacità dei singoli emittenti delle obbligazioni di onorare il proprio debito; nel nostro caso parliamo di stati – debito sovrano- e quindi di titoli di stato), è influenzato da diversi fattori e tra questi sicuramente ci sono: a)i vincoli normativi di contesto (i ridotti poteri della BCE, la mancanza di un’integrazione delle politiche fiscali e di bilancio dell’Eurogruppo, la mancanza di una gestione europea del sistema del credito etc.); b) l’azione di governo dei singoli Stati sia in campo di politica interna (capacità di rendere competitive le economie, di stimolare la crescita, di adeguare le normative ai mutati contesti economici internazionali, capacità di contenimento del debito pubblico), sia di politica internazionale (capacità di agire in ambito Europeo per attenuare le criticità relative al punto a); c) in un contesto in cui oramai la finanza ha la prevalenza sugli scambi commerciali veri e propri è ovvio che le spinte speculative si facciano sentire con maggiore pressione laddove gli altri fattori presentano più criticità.
Per quanto ovvio riguardo alla nostra valutazione comparativa tra il Governo attuale e quello precedente il primo e il terzo fattore non sono imputabili a nessuno dei due in modo diretto e quindi vanno semplicemente tralasciati, anche se come è intuibile il secondo fattore li influenzi indirettamente: concentriamoci sull’efficacia delle politiche messe in atto dal Governo attuale e da quello precedente relativamente agli effetti sullo spread.
L’innalzamento dello spread è diventato un problema macroscopico circa 13 mesi fa, ed è abbastanza semplice dimostrare che le 3 impennate successive dello spread sono sincrone alle tre manovre economiche effettuate da Tremonti nello stesso anno e che ricordo erano manovre nominalmente di svariati miliardi, ma tutti differiti dopo il 2013 (finanza più furba che creativa) che riceveva dal Commissario Europeo agli Affari Economici Olli Rehn: “ Non riteniamo che il contesto economico assicuri il raggiungimento del pareggio di bilancio entro il 2013, servono pertanto misure addizionali per raggiungere gli obiettivi sui conti pubblici  nel 2012 e 2013.”
La figura 1 da conto di quanto affermo, sfido chiunque a dimostrare che da gennaio di quest’anno gli atti economici del Governo siano stati accompagnati da una eguale risposta dei mercati che invece hanno sempre accolto favorevolmente gli atti dell’attuale Governo; sfido inoltre a trovare dichiarazione di organismi economici internazionali europei che si siano permessi di bocciare gli atti economici del Governo Monti, e peraltro ce ne siamo accorti bene noi cittadini di come è cambiata la musica … personalmente mi sono visto rinviare la meta pensionistica di circa 5 anni, ma tutti siamo stati vittima della scure che il governo precedente non aveva avuto il coraggio di usare…
Ovvio che si poteva fare diversamente, si poteva incidere su altro, non stò qui dicendo che l’azione del Governo Monti sia stato il massimo dell’equità, ne che sia una politica buona per il lungo periodo, ma non si può disconoscere che sia stata incisiva ed efficace soprattutto sul campo del riconoscimento da parte dei mercati internazionali: questo si sarebbe disonesto intellettualmente!
Di più, facendo una analisi comparativa (vedi figura 2) degli spread di due stati entrambi “sotto osservazione da parte dei mercati” (ma anche sotto tiro da parte degli speculatori) Italia e Spagna, è agevole dimostrare che la differenza di spread dei due paesi rispetto ai titoli tedeschi è stata favorevole alla Spagna fino a Gennaio e poi è costantemente migliorata in favore dell’Italia ritornando positiva per i nostri titoli.
Mi sembrerebbe tempo sprecato parlare della dimensione internazionale dell’azione di questo Governo e paragonarla a quella del precedente …
E’ abbastanza facile dopo queste considerazioni ipotizzare che l’incidenza degli altri due fattori che influiscono sullo spread ma le cui leve sfuggono al Governo e che avvertiamo in modo pesante in questo periodo (basta una dichiarazione di Draghi o una presa di posizione della BundesBank a far fibrillare i mercati) nelle condizioni in cui eravamo fino a novembre avrebbero costituito solo un sottomultiplo del valore finale dello spread stesso e che non so ipotizzare in 1.200 come ha azzardato Monti ma che sarebbe sicuramente superiore ai 450 attuali che sono già comunque molti meno di quelli lasciati in eredità dal precedente Governo.

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