Modica, costruzione di edificio privato diventa discussione pubblica. E scattano i controlli

Tutti geometri e ingegneri. La passione dei modicani per l’edilizia pubblica e privata ormai travalica le discussioni nei bar e mette radici sui social, arrivando al punto tale da poter fare impallidire il più solerte “umarell”, figura del pensionato milanese che con mani dietro la schiena osserva ogni giorno l’andamento dei cantieri, dispensa consigli agli operai e batte l’indice sull’orologio se un lavoratore ormai stremato osa dissetarsi pur con 35 gradi all’ombra. D’ora in avanti i costruttori locali sono avvertiti.

Due palazzi nel mirino

D’altronde il grande oggetto del dibattito è ben visibile dalle migliaia tra automobilisti e pedoni che ogni giorno vi transitano davanti.
Siamo in piazza Libertà, il centro del centro della Sorda, il quartiere più confusionario e abitato della città, più che altro una grande rotatoria che dalle vie Nazionale e San Giuliano immette nelle tre direttrici aperte a ventaglio: via Sacro Cuore, via Resistenza Partigiana e via Risorgimento.
E’ qui che l’impresa Le.pi srl sta costruendo due palazzi là dove una volta c’era una delle tante ville in stile neoclassico che si affacciava sulla chiesetta del Sacro Cuore. Il cosiddetto progresso avanza e la villetta, al pari delle tante altre in zona, è stata abbattuta. Gli eredi dell’immobile con terreno edificabile hanno accettato la proposta degli imprenditori e i lavori sono partiti. Il destino cui è andato incontro questo ex agglomerato di case risalenti a un secolo fa, fino agli Settanta del Novecento “la campagna” in collina per numerosi villeggianti estivi, da giugno a fine settembre, quando l’anno scolastico era fissato al 1 ottobre.  

La miccia dell’ex assessore

I lavori nel cantiere sono spediti e da qualche settimana si possono scorgere i primi effetti progettuali.
Un ex assessore comunale, Giovanni Di Rosa, circa una settimana fa ha scritto un post sul proprio profilo Facebook dal tono indignato. “Modica città perduta, senza speranza di futuro, far west urbanistico, palazzi costruiti sulla pubblica strada”, sostiene Di Rosa. Uno degli edifici, continua il docente in pensione, sarebbe costruito “a filo della via Resistenza Partigiana, con il primo solaio poggiato sul muro di cinta e i pilastri a una cinquantina di centimetri della strada pubblica. Perché in fase di rilascio della concessione edilizia nessuno ha imposto di arretrare l’allocazione dell’edificio di qualche metro dal filo della strada?”, si chiede Di Rosa. Su fb seguono commenti più o meno negativi all’esecuzione del progetto.

I controlli

Secondo quanto risulta a ragusaoggi.it, gli uffici comunali avevano ispezionato il cantiere circa una settimana prima che l’opinione pubblica venisse coinvolta. Uno dei soci dell’impresa costruttrice, Giuseppe Pisana, definito da tutti in città “persona per bene”, dichiara che i controlli dell’ufficio tecnico comunale e della squadra edilizia della Polizia municipale non hanno rilevato alcun aspetto negativo.
Una fonte qualificata sostiene che la squadra edilizia ha elevato una contravvenzione all’impresa per la presenza di un cartello mal posizionato. Poca roba, insomma. I pilastri a filo con il marciapiede sono regolari, in linea con quanto risulta nel progetto. L’antico muro di cinta sarà abbattuto, il marciapiede allargato farà anche da ingresso nei locali commerciali previsti a pianterreno.

Cinque metri da verificare
Gli accertamenti, però, non sarebbero conclusi e riguarderebbero ciò che non si vede dall’arteria stradale. L’ufficio tecnico deve concludere la verifica sulla distanza che intercorre nell’allineamento fra l’edificio in costruzione e le case minime – piccoli alloggi popolari disposti su due file, costruiti più di sessant’anni fa – poste sul retro. Secondo una norma del regolamento edilizio comunale, devono esserci almeno cinque metri fra la nuova costruzione e quelle esistenti.

Quartiere senza un’idea di futuro urbanistico

La vicenda fa emergere tratti inaspettati dell’opinione pubblica cittadina, spesso dedita ai fatti propri che a quelli di tutta la comunità. Sarà l’aria delle prossime elezioni, che a maggio eleggeranno sindaco e Consiglio comunale, o l’improvviso sussulto civico sullo stato di un quartiere sorto bene ma ricostruito peggio, senza un’idea sul futuro urbanistico.
Ironia della sorte, a dare il via alla definitiva trasformazione della Sorda fu l’allora Consiglio comunale alla fine degli anni Settanta, quando decise la costruzione dell’asilo nido di via Muzio Scevola, alle spalle dell’attuale chiesa del Sacro Cuore, tra l’altro parrocchia più grande della diocesi di Noto.
Per la realizzazione dell’immobile furono espropriati i terreni retrostanti a tre villette d’inizio Novecento. Ai proprietari non restò altro da fare che cedere quel che gli restava a una società di costruzione. Fino ad allora, la via Sacro Cuore contava un  solo palazzo vero e proprio (Conti) e pochissime palazzine alte fino a tre piani. Oggi è una distesa di edifici residenziali costruiti a suon di lottizzazioni. Tutte le villette sono state sostituite da negozi di pregio, tuttavia per un buon tratto rimane ancora senza marciapiede e la larghezza della strada è la stessa di quando passavano i carretti trainati da cavalli, negli anni precedenti alla Seconda guerra mondiale.
Stessa sorte per via Risorgimento, in cui è possibile andare a piedi senza rischi soltanto in minuscoli tratti rispetto alla notevole lunghezza, mentre in via Resistenza Partigiana la situazione è decisamente migliore.
I costruttori edili fanno il loro mestiere e sfruttano anche i centimetri ma, come afferma Di Rosa, è sempre a palazzo San Domenico che autorizzano le concessioni. Oggi come ieri. 

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