MEZZOGIORNO E MEDITERRANEO. ESISTONO ANCORA I DIRITTI?

Si è svolta lunedi mattina, presso la Camera di commercio di Catania, la conferenza “Mezzogiorno e Mediterraneo: esistono ancora i diritti? Cooperazione, integrazione, inclusione, lotta alla povertà, ambiente, agroindustria, turismo, sviluppo”), organizzata da Confimpresa Euromed in collaborazione con le Camere di Commercio di Agrigento e Caltanissetta, Confidi per l’Impresa, Federazione Ordini Agronomi e Forestali della Sicilia, Ordini degli Agronomi e Forestali di Catania, Caltanissetta e Palermo.

 

Dopo l’indirizzo di saluto del segretario generale della Camera etnea, Alfio Pagliaro, ha aperto i lavori l’intervento di Enzo Bianco, sindaco di Catania. Bianco ha evidenziato come «l’area euromediterranea sia una delle maggiori opportunità che dobbiamo poter cogliere». Il sindaco ha poi parlato del nascente Distretto della Sicilia del Sud Est, destinato a diventare «un interlocutore vero nell’area europea per dialogare con il Mediterraneo», ben più delle città e delle regioni, perché «le aree che riescono oggi a incidere dal punto di vista economico hanno all’incirca due milioni di abitanti e su queste l’Europa sta puntando. Il distretto della Sicilia sudorientale, con Catania, Siracusa e Ragusa è omogeneo sotto il profilo culturale e può diventare uno dei poli di attrazione nell’area euro mediterranea, dal punto di vista del turismo, con tutti i siti patrimonio Unesco che possiede, e della produttività innovativa nei campi dell’alta tecnologia e della green economy, anche grazie all’altissimo tasso di infrastrutturazione della zona».

 

Il sindaco ha anche sottolineato l’importanza di aver invitato al convegno i ragazzi delle scuole superiori catanesi, «i quali devono cominciare a ragionare sul fatto che a poche centinaia di chilometri ci sono la Tunisia, la Libia e altri Paesi strategici per un sistema di scambi con l’Europa».

 

Roberto Quaglia, docente di Strategy and Management alla European Identity Global Perspective di Parigi, ha spiegato invece l’importanza di «capire dove sarà la vera crescita nel mondo negli anni a venire. Si prevede che nel 2050 l’Europa avrà smesso di giocare un ruolo chiave all’interno dell’economia mondiale e che l’Italia uscirà dal gruppo delle grandi economie mondiali già a partire dal 2025. Nei prossimi anni la crescita dell’economia italiana sarà interessata da un processo di contrazione che limiterà le opportunità di business per le Pmi italiane che opereranno esclusivamente sul mercato domestico. Purtroppo, soltanto una piccola minoranza delle Pmi italiane ha affrontato la sfida dell’internazionalizzazione, ottenendo però ottimi risultati in termini di fatturato e crescita».

 

Dal canto suo, Gregorio Squadrito, dirigente di UniCredit, ha sottolineato come «lo scenario macroeconomico mondiale stia evolvendo rapidamente e saranno i Paesi asiatici e africani i maggiori generatori di crescita. Ne sono profondamente convinto e da tempo lo ribadisco tutte le volte che ne ho la possibilità. Considerata la nostra posizione geografica dobbiamo quindi guardare con deciso interesse ai paesi del Nord Africa. Certo, per alcuni bisognerà attendere una certa qual stabilizzazione da un punto di vista politico, mentre per altri, sin d’ora, sono a conoscenza di stabili e proficue relazioni commerciali». E il risultato di tale attenzione? Squadrito non ha dubbi: «chi affronta la sfida dell’internazionalizzazione ottiene sempre ottimi risultati in termini di fatturato e di crescita».

 

L’economista Antonio Pogliese ha invece puntato su di una proposta sommamente pratica, quella dell’implementazione del microcredito. E come? «La mia idea è semplice», ha spiegato Pogliese, «e parte dalla possibilità di utilizzare l’Agenzia per i beni confiscati alle mafie quale garante dei microprestiti, per famigli e imprese. In questo modo, anche tramite una modifica del testo unico antimafia, si potrebbero ridare ai territori quelle risorse che le mafie hanno storicamente sottratto». Un progetto certo ambizioso, «che abbisogna di un largo consenso», ha concluso l’economista, «anche perché è sempre più chiaro come il recupero di legalità, soprattutto in Sicilia, passi dalla condivisione sociale dei passi necessari».

 

Per il sottosegretario alle Risorse agricole, Giuseppe Castiglione, «i grandi flussi che oggi transitano dal Canale di Suez testimoniano come serva soprattutto capacità di intercettare traffico, capacità che oggi certo la Sicilia non ha. Anche perché per averla servirebbero infrastrutture serie». Un passo concreto? «Sono convinto», ha dichiarato l’ex presidente della Provincia regionale di Catania, «che il porto di Augusta possa giocare un ruolo importante nello sviluppo della Sicilia del futuro».

 

Silvio Ontario, presidente regionale siciliano dei Giovani di Confindustria, ha invece esortato «la politica dare alla Sicilia nient’altro che normalità, nient’altro che nessun ostacolo, condizione fondamentale affinché i giovani possano credere nel futuro e dare inizio al cambiamento necessario».

 

L’intervento di sintesi è stato di Alessio Lattuca, presidente di Confimpresa Euromed Sicilia, che ha esortato l’Europa a «scegliere se il Mediterraneo debba essere frontiera, limes, limite ovvero luogo di incontro e relazioni, anche economiche. E la Sicilia più di tutti dovrebbe riflettere e scegliere che cosa fare». Per Lattuca, «se l’obiettivo di Confimpresa Euromed è la valorizzazione economica di un’area che contiene tuttora delle potenzialità rilevanti, lo strumento della condivisione è decisivo nel definire l’organizzazione (del sistema), l’identità (patrimoniale e ambientale), i confini (ovviamente non amministrativi): si tratta, in altre parole, di tre aspetti non separabili che sono rimasti largamente inespressi nella tradizione italiana». L’obiettivo, a questo punto, è «trovare un’omogenea sensibilità nei livelli regionali di governo del territorio che sottenda in primo luogo la definizione del progetto», ha concluso Lattuca, «fondato su uno scenario di riferimento complessivo e sull’individuazione dei così detti “diamanti della valorizzazione patrimoniale”, ovvero una combinazione di vantaggi geograficamente specifici, i quali potrebbero peraltro interagire e rafforzarsi reciprocamente in ambito interregionale. Il problema è anzitutto quello di individuarli, per il tramite delle conoscenze accumulate, del dialogo e della condivisione con chi i territori li conosce e li governa».

 

Da ultimo, si è svolta una tavola rotonda con Guido Bissanti (agronomo), Carmine Canonico (vice presidente nazionale Ismea), Francesco Campagna (CreaReti Confimpresa), Antonio Carullo (commissario dell’Ircac), Rosalia Capone (AssoReti Pmi) e Corrado Vigo (presidente della Federazione degli Ordini degli Agronomi di Sicilia).

 

 

 

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