MA QUANTO FA LA SCUOLA PER LA CULTURA?

L’affermazione, sicuramente, scandalizzerà molti, per primi i professori che fanno finta di credere nei programmi e nei metodi imposti dal ministero.

 

Diventano ogni anno più numerosi i tentativi di molti docenti di dare un’impronta diversa al proprio insegnamento con innovazioni che sono molto apprezzate dagli alunni, ma non bastano per poter dire che c’è una inversione di tendenza.

 

Il problema è antico, da decenni i programmi scolastici sono scollegati dalla  realtà in cui vivono i giovani.

 

Mi racconta mio padre, che frequentò il liceo classico all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, che la tanto decantata cultura umanistica di cui poteva vantarsi fu orfana, addirittura dei fatti relativi alla prima guerra mondiale e di tutto quello che ebbe luogo fino alla seconda guerra. Ma, a quanto pare, non era solo questione di una materia in cui non si era potuto completare il programma. Di tutto il novecento non fu esaminato nulla, né per la letteratura italiana, né per la storia dell’arte, e pare che la situazione fosse comune ad altri istituti. Per quanto mi raccontano miei coetanei, non è che la situazione, almeno pare, sia cambiata di molto.

 

Vorrei soffermarmi, in particolare su un aspetto che considero fra i più importanti, al riguardo.

 

Ai giovani, oggi, non viene data una cultura sufficiente sulla storia del proprio territorio, della propria città, delle tradizioni e delle specificità economiche, sociali e turistico-culturali.

 

Poter rendersi conto di quello che sono altre realtà vicine o lontane non può prescindere da una profonda conoscenza della terra in cui si vive. Della sua storia, della sua evoluzione, dei fatti sociali ed economici che hanno scandito il suo sviluppo.

 

Oggi noi giovani ragusani siamo investiti, soprattutto a livello mediatico, da tematiche riguardanti il turismo, il riconoscimento UNESCO, l’agroalimentare locale, le energie rinnovabili, le ricerche petrolifere, le grandi potenzialità, offerte da 90 kilometri di costa, in termini turistici, economici, occupazionali ma nulla sappiamo delle enormi ricchezze del sottosuolo e dei benefici che potremmo trarre da uno sfruttamento oculato e sostenibile. Restiamo prigionieri delle ideologie contrapposte, di chi vorrebbe trarre ricchezza, come quando a Ragusa si trovò il petrolio, e di chi, invece, in nome della difesa talebana dell’ambiente, non vuole toccare nulla, anche a costo di una recessione e involuzione economica del territorio.

 

Pochi di noi hanno la cultura sufficiente per poter esprimere liberamente una opinione in merito, senza lasciarsi ingabbiare da qualsiasi tipo di ideologia.

Giovanni Pluchino ITG “R.Gagliardi” Ragusa                                                           

Referente Prof.Rosanna Bocchieri

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