L’ex Fornace Penna e l’arte del non fare. Passato e presente


Lacrime al capezzale di un…moribondo. Metafora per dire del grave stato dell’ex Fornace Penna, vittima delle inefficienze, dei ritardi, delle indifferenze, dei tanti vincoli apposti e rimasti sulla carta senza portare benefici pubblici per salvarla. Di tentativi per non lasciarla morire non ne sono mancati. Finanziamenti, sempre modesti, scomparsi e ricomparsi; manifestazioni pubbliche e passerelle di politici di cui si è perso il conto. E poi quegli accordi, fra proprietà e privati, saltati per ben due volte con due società diverse ed in tempi diversi. Forse, anzi di certo, avrebbero portato alla concreta rifunzionalizzazione dell’ex stabilimento di laterizi, sito a Punta Pisciotto fra Sampieri e Marina di Modica, colpito da un incendio doloso il 26 gennaio del 1924.

Primo contatto fra privati: proprietari da una parte ed investitori dall’altra.

Risale a venti anni fa con un progetto che prevedeva l’insediamento di un albergo a cinque stelle con 200 posti letto ed un campo da golf a 12 buche dove gli appassionati avrebbero potuto giocare, con il favore della luce, fino al tramonto. Non se ne fece nulla con la proprietà che tentò ogni strada per chiedere l’approvazione del progetto. Progetto pensato e redatto per mantenere l’immobile nello status del tempo intervenendo con opere a tutela del manufatto e con corpi ricettivi e culturali aggiunti allo scheletro dello stabilimento. Gli elaborati rimasero nei cassetti della proprietà dell’immobile ed in quelli del Comune senza una risposta. Pur capendo che era un no secco. In quell’occasione l’arte del rimando e, soprattutto, del “non fare” ebbe il sopravvento facendo sì che il declino continuasse.

Secondo contatto con un nuovo gruppo investitore.

Un secondo contatto fra proprietà e privati risale al 2021 con un gruppo pronto ad investire, in un’opera di rifunzionalizzazione culturale-ricettiva, la somma di 40 milioni di euro. Il gruppo ritirò l’offerta dopo che ai proprietari arrivò la comunicazione dell’avvio delle procedure di esproprio dell’immobile. E dire che la proprietà, dopo l’assoluzione nel processo penale che la vedeva accusata di inerzia nel salvare l’ex Fornace Penna e dopo il dissequestro del 4 novembre del 2021, il giorno successivo cioè il 5 novembre 2021 aveva presentato il progetto di messa in sicurezza, approvato dalla Sovrintendenza depositandolo al Comune di Scicli. Cantierare con ponteggi e defender di sicurezza tutta l’area ed il manufatto stesso avrebbe comportato una spesa di 1 milione 700 mila euro per due anni, 900 mila euro per il primo ed 800 mila euro per il secondo. L’investimento di questa somma per la messa in sicurezza faceva presagire che l’accordo con il gruppo sarebbe stato confermato. L’avvio dell’esproprio notificato dopo qualche mese ai proprietari, invece, ha fatto saltare tutto. Ha fatto decadere la manifestazione di interesse del gruppo investitore privato pur convinto di farne un polo museale culturale ricettivo. Anche questa seconda chance è andata a farsi benedire almeno fino a quando la matassa non sarà sbrogliata. Chissà. Forse, e torniamo a ripeterlo, il “non fare”, a Scicli, è un’arte.

E mentre i beni di archeologia industriale nella penisola risorgono, l’ex fornace Penna attende un futuro.

L’ex fornace Penna sta lì ad attendere un destino che né si conosce e né si può ipotizzare mentre, pietra dopo pietra, continua a sgretolarsi sotto le intemperie. Per i proprietari quello che c’era da fare sarebbe stato fatto. L’amarezza per il fallimento dei due percorsi non è poca soprattutto nel vedere che, in altre zone, si alzano ponti d’oro per gli investimenti privati. A Venezia il “Molino Stucky”, una delle testimonianze di architettura industriale della città lagunare, ospita l’albergo Hilton ed un centro congressi dal 2007 rispettando l’idea di “instaurare un rapporto con la città”. Senza parlare delle tonnare, sparse nell’isola ed in riva al mare, interamente rifunzionalizzate ed aperte al pubblico fra resort e musei: da quella di Favignana a venti minuti di aliscafo da Trapani a quella di Scopello con quindici appartamenti che guardano la costa, ognuno diverso dagli altri e curato in modo da comunicare la sicilianità e l’unicità del luogo, e con annesso un museo di grande valore storico. Per continuare alle tonnare dell’Arenella a Palermo a quella di Marzamemi nel Siracusano. Storie di altri tempi? No, storie di oggi. Storie del voler e del saper fare.

Appelli del sindaco Marino e di Legambiente

“Si impone una riflessione in capo a chi ha la possibilità di agire per impedire la perdita definitiva di uno dei più importanti gioielli della storia industriale locale e siciliana. A questo punto non possiamo non richiedere con forza un rapido e risolutivo intervento che sblocchi l’iter di messa in sicurezza per salvare ciò che resta della Fornace” ha detto ed assicura il sindaco di Scicli, Mario Marino.

Mentre Legambiente Scicli Kiafura sottolinea, con una nota a firma della presidente Alessia Gambuzza, come “più volte si è sostenuto in qualsiasi sede e per iscritto che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio consente di intervenire in tutti quei casi di urgenza nei quali non si ottiene la collaborazione della proprietà, in quanto conferisce al Soprintendente il potere di adottare senza indugio le misure necessarie alla conservazione del bene. È ancora quella la strada da percorrere e l’obiettivo potrà essere raggiunto se la società civile e le amministrazioni sapranno e vorranno collaborare”

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it