La straordinaria foto di Marcella Giulia Pace che piace anche alla Nasa

 

Questa splendida immagine composita che in pochi giorni è arrivata fino all’attenzione della NASA che le ha dato l’onore della pubblicazione APOD (Astronomy Picture Of the Day) del 4 settembre, è frutto della COMPETENZA e della PASSIONE dell’astrofotografa Marcella Giulia Pace. Di più: è un’opera d’ARTE perché dona una vibrante visione primordiale della BELLEZZA del Cosmo infinito e misterioso che tanto affascina e turba l’animo di chi alza lo sguardo verso il Cielo.

Eppure, i protagonisti sono estremamente familiari: l’Etna in eruzione e la Luna, ma diversa è la SENSIBILITÀ stimolata negli occhi di chi guarda, a dimostrazione del fatto che un PAESAGGIO va oltre i suoi elementi essenziali e tangibili, per sfiorare le emozioni.

La Luna, sfera opalescente come una perla di ghiaccio dal contorno sfumato di blu, quasi come in un gioco di prestigio sembra fondersi sprigionando vapori mentre discende nel crogiolo scarlatto del dio Vulcano, ma è “solo” un insieme di prospettive e di effetti ottici sapientemente orchestrati (e qui si apprezza la TECNICA dell’artista). Il pensiero corre a quelle illustrazioni fantascientifiche che spesso accompagnavano le opere di Jules Verne e che oggi ritroviamo nelle ricostruzioni grafiche dei possibili scenari di altri mondi ancora inesplorati che sono tanti, sorprendenti e talora meno lontani di quanto possiamo pensare, tuttavia i progressi della Scienza restano solo un’eco che fa da sfondo alle notizie che riguardano le vicende più che terrestri della cronaca e della politica.

Come un magnete dal fascino fatale ed inesorabile, attira sempre la possibilità di trovare le prove dell’esistenza della Vita extraterrestre, l’ultima frontiera dell’antropocentrismo che l’Uomo non è ancora riuscito a superare. E se l’evoluzione tecnologica ci permette di scoprire ormai senza sosta pianeti al di fuori del sistema che fa riferimento alla nostra stella nana gialla che chiamiamo Sole, la teoria fa addirittura supporre l’esistenza di alcuni di essi in cui le condizioni per la vita sarebbero persino più favorevoli di quelle di cui godiamo sulla nostra Terra: pianeti rocciosi, ricchissimi di acqua e dal clima mite, ove si suppone l’esistenza di una vegetazione floridissima e dai colori caldi, che ruotano attorno a stelle nane arancioni o rosse, molto più comuni e stabili del nostro Sole.

Vicinissimo a noi, sulla nostra Terra, negli abissi dei nostri oceani e giù nella profondità più oscura di alcune grotte, è stata scoperta l’esistenza di organismi viventi sviluppatisi in ambienti isolati dal resto del pianeta, estremi e del tutto simili a quelli riscontrabili su altri astri del sistema solare, come Marte (in cui la presenza di acqua è ormai un dato di fatto), o le lune gioviane Europa (sotto la cui superficie ghiacciata si celerebbe un immenso oceano che potrebbe addirittura ospitare esseri viventi del tutto simili ai nostri pesci), Ganimede e Callisto, o ancora Titano (altra luna – ma di Saturno – la cui superficie è stata già toccata e fotografata dalla nostra tecnologia, in cui al ciclo dell’acqua se ne sostituirebbe uno legato agli idrocarburi).

Ma accanto alla ricerca della Vita, sussiste il fascino antico di esplorare l’Universo più profondo, oltre Plutone (che la Comunità Scientifica ha nel frattempo declassato convenzionalmente a “pianeta nano” per le diverse caratteristiche legate alla capacità di “ripulire” la propria orbita che invece sono tipiche dei pianeti propriamente detti) insieme al suo satellite principale Caronte e oltre, ove esistono altri mondi dalle caratteristiche analoghe allo stesso Plutone.

Unico vero limite (almeno per ora…), la brevità della vita umana: piace pensare che la sera di quasimodiana memoria sia seguita dall’alba di un giorno infinito, in cui il nostro Io «puro e disposto a salire a le stelle» possa infine placare la sua sete di esplorazione e di conoscenza…
di Daniele Pavone

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