LA POLIZIA GIUDIZIARIA ARRESTA SCAFISTA TUNISINO

La Polizia Giudiziaria ha eseguito il fermo di BEN AHMED Nassim, nato a Mahdia  (Tunisia) il 16.02.1975, in quanto responsabile  del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286,  ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver  procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

Il fermato si è reso responsabile di aver procurato l’ingresso in Italia di 275 clandestini eludendo i controlli di frontiera in quanto in modo preordinato chiedeva i soccorsi mettendo in serio pericolo di vita i passeggeri. I migranti originari prevalentemente dell’Eritrea, Bangladesh e Siria erano in compagnia di 20 minori e diversi disabili, alcuni dei quali in sedia a rotelle ed altri con stampelle.

 

I FATTI

 

alle ore 15.01 del 15.06.2014, a seguito di segnalazione da parte della Sala Operativa di Roma la nave della marina militare “Nave Sirio” veniva dirottata all’intercetto di unità in pericolo nello specchio d’acqua antistante la Libia.

Alle successive ore 17.10 circa la detta unità militare avvistava otticamente un’imbarcazione priva di bandiera e di sigla di identificazione di colore azzurro con lento modo e con direttrice Nord, lunga circa 12 mt, in sovraffollamento dovuto alla presenza di  circa 280 persone, tra cui donne e bambini. Alle successive ore 17:43 l’unità militare agganciava l’imbarcazione anzidetta, cominciando le operazioni di trasbordo sulla stessa. Appena cominciate le operazioni il primo migrante salito a bordo dell’unità militare riferiva a quel Comandante che il barcone soccorso stava imbarcando acqua, pertanto lo stesso Comandante accelerava le operazioni di trasbordo dei naufraghi che si concludevano alle successive ore 19:25 sempre del 15.06.2014. Detta unità Militare dopo disposizioni in merito della Sala Operativa procedeva la sua navigazione verso il porto di Pozzallo ove giungeva in banchina verso le ore 08:30 del 17.06.2014. Dal momento dell’approdo i migranti venivano affidati alle operazioni di sbarco gestite dal funzionario responsabile dell’Ordine Pubblico della Polizia di Stato.

 

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

 

Le operazioni di sbarco al porto di Pozzallo di tutti i migranti vengono sempre dirette dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano decine di Agenti della Polizia di Stato, altri operatori delle Forze dell’Ordine (Reparti Mobili e Battaglioni Mobili), la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.

In queste occasioni l’Ufficiale di Pubblica Sicurezza a cui è demandata la responsabilità dell’Ordine Pubblico ha dovuto inviare centinaia di migranti in altre strutture, prima fra tutte quella di c.da Cifali a Ragusa mentre gli altri permanevano al centro ed altri ancora andavano in un plesso sito nella zona industriale adibito per emergenza centro di seconda accoglienza.

Nelle more delle fasi di sbarco e trasferimento presso altre città siciliane, la Polizia Giudiziaria si metteva subito alla ricerca degli scafisti; l’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa si occupava dell’identificazione unitamente alla Polizia Scientifica presso il posto di fotosegnalmento del C.P.S.A. di Pozzallo.

 

LE INDAGINI

 

Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa ed il Servizio Centrale Operativo (Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato), collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica hanno iniziato le indagini sin dai primi istanti dell’approdo della nave militare Sirio avvenuto in data 17.06.2014 alle ore 09.00, il tutto mentre continuavano le indagini sugli altri sbarchi dove purtroppo hanno perso la vita dei migranti nelle fasi di trasbordo che ha portato all’arresto di altri scafisti, il tutto al fine di identificare le vittime degli altri incidenti in mare.

Gli sforzi della Polizia Giudiziaria sono stati enormi in quanto il centro era sovraffollato e questo non permetteva una perfetta gestione dei testimoni che si chiudevano nel silenzio. Con molta fatica venivano raggiunti i risultati sperati, difatti i migranti venivano aiutati a non aver paura per il loro futuro e per le conseguenze delle loro dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria. Lo scafista diversamente dalle ultime attività d’indagine si chiudeva nel mutismo più assoluto non rendendo alcuna dichiarazione utile, anche quando messo davanti all’evidenza dei fatti.

Non è stato semplice soprattutto dimostrare la responsabilità dello scafista per quanto attiene al sequestro di persona, difatti sono state raccolte diverse testimonianze del fatto che lo scafista non si limitava a condurre l’imbarcazione ma costringeva nonostante le ripetute richieste d’aiuto corroborate dallo stato di malessere dei passeggeri, a rimanere tutti stipati sotto coperta nella stiva del peschereccio vicino al motore. Le condizioni di salute di alcuni migranti erano per altro precarie dovute già ad un stato di disabilità che non permetteva loro alcun movimento in quanto in sedia a rotelle o sulle stampelle.

Per addivenire all’identità dello scafista ci sono volute 19 ore di lavoro continuative, senza sosta per nessuno, personale di Polizia Giudiziaria, interpreti ed avvocati.

I migranti hanno raccontato di violenze inaudite (elemento ricorrente) durante la permanenza nei centri di “reclutamento” in Libia per poter partire per il viaggio in Italia alcune delle quali terribili anche solo da ascoltare. Tra le altre cose, seppur come testimonianza indiretta, i migranti hanno raccontato di stupri e violenze di ogni genere ai danni delle donne ospiti nei capannoni.  

Al termine delle indagini gli investigatori hanno appurato che in questo caso i migranti sono partiti tutti dalle coste libiche e che l’organizzazione composta da cittadini libici e dallo scafista tunisino ha incassato più di 370.000 dollari.

 

LE TESTIMONIANZE

 

La testimonianze dei migranti eritrei:

·         “Dieci giorni orsono dei libici a bordo  di un furgone, trasportavano me ed altri 24 miei connazionali a ********e in tale centro ci facevano allocare all’interno di un capannone, dove soggiornavamo per tre giorni. All’interno del capannone vi erano altri soggetti, prevalentemente di nazionalità eritrea, ma anche siriani e pachistani, destinati come me a partire per l’Italia. I libici che vigilavano su di noi erano piuttosto rigorosi e per ogni sciocchezza venivamo puniti con violenza. Non ho assistito direttamente a stupri da parte dei libici ma i presenti nel capannone dicevano che ogni tanto i nostri carcerieri andavano nella stanza delle donne e prelevavano qualche ragazza violentandola ripetutamente. Infatti nessuno di noi poteva uscire da tale struttura men che meno le donne. Il cibo che ci veniva distribuito una sola volta al giorno era costituito da un panino e dei formaggini. L’acqua che ci davano risultava anch’essa insufficiente, non limpida, dal sapore salmastro e di gasolio. Tutti i libici erano, altresì, in possesso di pistole e di fucili mitragliatori. Di notte si udivano all’esterno del capannone colpi di arma da fuoco ed ho pensato che i libici si divertissero in tale modo solo per passare il tempo o per spaventarci”.

  • Durante tale viaggio vi era qualcuno di noi che voleva prendere un po’ di aria, visto anche che in stiva vi erano residui di fumi dello scarico del motore e di benzina, pertanto noi, durante la navigazione cercavano di prendere comunque un po’ di aria. Lo scafista era quello che con modi bruschi ci esortava a stare giù, come d’altronde faceva quando ci lanciava quel poco pane per sfamarci durante la navigazione e quella pochissima acqua, difatti molti di noi per i bisogni fisiologici abbiamo provveduto a farceli addosso e quando provavamo a salire ci prendeva a calci in testa”.
  • “Una volta messo piede sul battello, il libico che vi era a bordo mi faceva occupare un posto posizionato all’interno della stiva, dove vi era il motore. Tale mia posizione non mi ha permesso di poter vedere cosa è successo sulla stiva dell’imbarcazione atteso che a nessuno di noi veniva permesso di lasciare il suo posto e quando qualcuno cercava di salire sulla stiva riceveva calci da un soggetto tunisino.

Tutti avevamo fame d’aria ma a nessuno di noi è stato permesso di andare sopra coperta. L’unica presa d’aria era costituita dall’apertura che collegava la stiva alla coperta e mai la stessa è stata aperta”.

 

LA CATTURA

 

Le indagini condotte dagli investigatori durate quasi 19 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto il responsabile del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di sequestro di persona reo anche di essersi associato con i libici al momento ignoti.  

Ogni migrante ha pagato in media 1.700 dollari  per un totale di più di 450.000 dollari che sono andati quasi tutti agli organizzatori ed una piccola parte allo scafista.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria coordinata dalla Squadra Mobile di Ragusa l’arrestato è stato condotto presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea anch’essa impegnata sul fronte immigrazione costantemente.

In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui il fermato fa parte.

 

 

LA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO

 

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico così come delle indagini in materia di criminalità straniera, sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno così come accadrà nella data di oggi.

Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione in considerazione delle interminabili giornate dedicate a gestire gli arrivi, l’identificazione, le indagini di Polizia Giudiziaria ed i trasferimenti, così come tutto il lavoro che inizia il giorno dopo lo sbarco.  

L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze per altri centri anche in considerazione del fatto che tra meno di un’ora giungeranno altre centinaia di persone al porto di Pozzallo.

 

 

BILANCIO ATTIVITA’ POLIZIA GIUDIZIARIA

 

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 57 scafisti dalla Polizia Giudiziaria a Pozzallo e sono in corso numerose attività di collaborazione tra le Squadre Mobili siciliane al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste libiche a quelle Italiane. Inoltre il Servizio Centrale Operativo sta coordinando le diverse Squadre Mobile siciliane e nazionali per addivenire ad un’eventuale rete di assistenza di questi migranti una volta sbarcati in Italia.

 

IDENTIFICATI I GIOVANI MALIANI GIUNTI CADAVERI DOMENICA 8 

Ultimate le procedure di identificazione dei giovani maliani giunti cadaveri al Porto di Pozzallo in data 8 giugno grazie ai superstiti che hanno aiutato gli uomini della Polizia Giudiziaria. I tre ragazzi, insieme ad altri due connazionali ad oggi dispersi, avevano perso la vita durante le fasi di trasbordo su un mercantile, poiché il loro gommone si forava capovolgendosi ed affondando. Sono in corso da parte della Polizia contatti con l’ambasciata di riferimento per poter informare le famiglie ed attendere le loro determinazioni per le salme dei congiunti.

In corso altre attività d’indagine per risalire all’identità dei 12 dispersi dello sbarco avvenuto in data 10 giugno u.s. grazie alle organizzazioni umanitarie che collaborano con gli investigatori fianco a fianco.

 

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