LA POLIZIA GIUDIZIARIA ARRESTA GLI SCAFISTI DEI DUE GOMMONI DOVE HANNO TROVATO LA MORTE DURANTE LE OPERAZIONI DI TRASBORDO 3 PERSONE E SONO STATI DICHIARATI COME DISPERSI, COMPLESSIVAMENTE 6 MIGRANTI

 

La Polizia Giudiziaria ha eseguito il fermo di GUEYE Babacar, nato a Dakar (Senegal) il 10.02.1989 e ELHADJI Sekou Sara nato in Senegal il 25/06/1985 in quanto responsabili  del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286,  ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver  procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

I fermati sono due ma di due diversi gommoni carichi di migranti; in comune hanno il fatto che durante le fasi di trasbordo hanno perso la vita 3 persone e 6 in totale sono i dispersi.

Inoltre, in comune hanno anche il fatto che sono stati soccorsi da due mercantili, il primo una petroliera battente bandiera maltese ed il secondo una bananiera battente bandiera delle Bahamas.

 

I FATTI

 

Di seguito verranno distinti i due eventi per facilità espositiva.

·         sbarco di domenica 8 giugno:

Alle ore 18:50 del 7.06.2014 la Guardia Costiera maltese dava disposizioni alla M/T “Norient Star”, battente bandiera maltese, di trarre in salvo i migranti a bordo di un gommone e procedere sulla rotta in direzione Sicilia. Alle 19:55 successive avevano inizio le operazioni di trasbordo dei migranti sulla citata nave. Dopo che 16 dei migranti erano già saliti a bordo della nave, improvvisamente avveniva lo strappo repentino del golfare che provocava la foratura del tubolare del gommone ed il collasso del medesimo. Tutti i migranti presenti a bordo cadevano in acqua, ma, nonostante fossero provvisti di giubbotto di salvataggio, si sono lasciati prendere dal panico. Cominciavano quindi le operazioni di recupero dei malcapitati da parte dell’equipaggio della nave che ha anche lanciato in soccorso dei salvagente. Terminate dette operazioni i membri dell’equipaggio si rendevano conto che 5 dei migranti non erano saliti a bordo. In sostanza erano stati issati a bordo 102 clandestini in prevalenza di origini del Mali, del Senegal, della Costa D’Avorio, del Ciad. L’equipaggio della nave, quindi, individuava tre corpi in acqua e provvedeva ad issare gli stessi a bordo della nave. Alle ore 22:00 circa la nave in argomento riprendeva la rotta verso il porto di Pozzallo, dove giungeva alle ore 15.45 del giorno 08.06.2014. Le operazioni di sbarco dei clandestini verso la banchina del porto di Pozzallo avvenivano anche grazie all’ausilio di un rimorchiatore che concludeva le operazioni alle ore 23.44. A trasbordo ultimato si conteggiavano 102 clandestini prevalentemente di nazionalità maliana.

 

·         Sbarco di lunedì 9 giugno:

Intorno alle ore 16.00 del 09/06/2014 l’unita navale PERUVIAN REFEER compartimento NASSAU BAHAMAS, mentre era in navigazione, riceveva una telefonata satellitare da parte della Sala Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto di Roma (MRCC) mediante la quale il comandante veniva informato che era poco prima pervenuta a quella sala operativa una telefona satellitare con la quale si segnalava un punto di mare, corrispondente  al luogo in cui vi era un natante in difficoltà, per cui si doveva soccorrere. Non appena raggiunto l’avvicinamento necessario con il gommone, veniva scesa a dritta la scaletta in corda e legno, meglio conosciuta come “biscaglina”, in modo tale che gli immigrati potessero “catturarla” per poi salire sul natante. Tale operazione riusciva alla perfezione e ciò anche grazie alle favorevoli condizioni meteorologiche. Sulla  PERUVIAN REEFER salivano tutti i soggetti che prima si trovavano sul gommone. A conclusione di tutta l’attività i soggetti recuperati risultavano essere circa 104, tutti uomini, e previa corrispondenza con telefono satellitare con  l’ MRCC  dirigeva su altro punto di mare, più nel dettaglio quello corrispondente a 34°10.2’N e 013°22.5E dove era stata segnalata altra imbarcazione richiedente soccorso. Dopo circa 2 ore di viaggio la motonave giungeva in tale punto di mare. Il gommone che si presentava alla sua vista era anch’esso sovraffollato da persone di colore e le sue caratteristiche erano perfettamente identiche, anche per quanto riguarda il suo colore grigio, a quelle del primo gommone soccorso. Il gommone rintracciato appariva meno gonfio rispetto all’altro. Veniva anche in questo caso calata la scaletta a dritta e la stessa veniva agganciata da alcuni degli immigrati. Durante tale fase si verificava un accalcarsi alla scaletta di una buona parte dei soggetti che prendevano posto sul gommone. Tale fatto risultava piuttosto pericoloso in quanto l’esigua quantità d’aria contenuta nelle camere del natante permetteva una sorta di afflosciamento di una di esse e la successiva immissione di  acqua a bordo. Nel contempo molti degli immigrati riuscivano a guadagnare la biscaggina, mentre altri, in totale 4 finivano in acqua. Nonostante ciò gli occupanti del gommone continuavano nella medesima condotta di prima. Veniva messa in mare la “rescueboat”, ossia la scialuppa di salvataggio, tuttavia, ogni sforzo teso al recupero dei naufraghi appariva inutile e l’oscurità di quel momento dava il suo contributo all’esito negativo di tale operazione. Nel contempo il personale della motonave riusciva a far salire gli altri occupanti del gommone sulla PERUVIAN REEFER mentre si continuava nella ricerca dei dispersi per circa un’ora e mezza e, alla fine, esattamente alle ore 22.30, i soccorritori si arrendevano ad ogni ulteriore tentativo di recupero dei dispersi. Il numero dei migranti  recuperati del secondo gommone era di circa 107 unità, tutti uomini. La nave si dirigeva quindi verso il porto di Pozzallo ove, in rada, si trasbordavano tutti gli immigrati tratti in salvo su rimorchiatore che li trasferiva sul molo.

 

 

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

 

Le operazioni di sbarco al porto di Pozzallo tutti i migranti vengono sempre dirette dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano decine di Agenti della Polizia di Stato, altri operatori delle Forze dell’Ordine (Reparti Mobili e Battaglioni Mobili), la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.

In queste occasioni l’Ufficiale di Pubblica Sicurezza a cui è demandata la responsabilità dell’Ordine Pubblico ha dovuto inviare centinaia di migranti in altre strutture, prima fra tutte quella di c.da Cifali a Ragusa mentre gli altri permanevano al centro.

Nelle more delle fasi di sbarco e trasferimento presso altre città siciliane, la Polizia Giudiziaria si metteva subito alla ricerca degli scafisti; unitamente all’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa venivano fatti permanere presso il C.P.S.A. di Pozzallo tutti gli immigrati che avrebbero reso testimonianza al fine di procedere alle attività di Polizia Giudiziaria mentre altri migranti andavano tutti allocali presso il centro di Ragusa.

 

LE INDAGINI

 

Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa ed il Servizio Centrale Operativo (Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato), collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica hanno iniziato le indagini sin dai primi istanti dell’approdo della motonave, il tutto insieme agli altri sbarchi già giunti poche ore prima ed alle contestuali indagini che hanno portato all’arresto di altri scafisti in questi giorni.

Gli sforzi della Polizia Giudiziaria sono stati doppi in quanto due erano gli arrivi di migranti da gestire e soprattutto due erano i luoghi dove venivano trasportati.

Un gruppo di lavoro di investigatori si trasferiva in c.da Cifali per gestire lo sbarco arrivato ieri 9 giugno, mentre al C.P.S.A di Pozzallo rimanevano gli altri investigatori coordinati sempre dalla Squadra Mobile di Ragusa, ormai da ore impegnati a raccogliere elementi di prova a carico dello scafista del gommone affondato, dove hanno perso la vita 3 giovani ragazzi e 2 sono dispersi.

Quando si tratta di indagare su sbarchi dove ci sono stati dei migranti che hanno perso la vita, gli investigatori trovano spesso un muro davanti per la paura ancora negli occhi dei superstiti. Ci vogliono ore per farli collaborare, per dire loro chi è stato colui che improvvisatosi scafista li ha messo in pericolo ed ha fatto si che perdessero la vita diversi giovani.

Per addivenire all’identità dello scafista senegalese GUEYE Babacar, nato a Dakar  il 10.02.1989 ci sono volute 26 ore di lavoro continuative, senza sosta per nessuno. Investigatori, avvocati, interpreti, psicologi, tutti fianco a fianco nel rispetto delle norme vigenti sia per i migranti che per gli stessi scafisti, ascoltati in presenza del difensore.

Dopo ore di tentativi gli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria sono riusciti a far confessare scafisti e testimoni impauriti ancora per quanto accaduto e totalmente reticenti, non avevano intenzione di dire neanche il loro nome.

I migranti hanno raccontato di violenze durante la permanenza nei centri di reclutamento in Libia per poter partire per il viaggio in Italia alcune delle quali terribili anche solo da ascoltare. Hanno dichiarato inoltre che le botte all’interno dei centri in Libia erano soprattutto per loro, per loro di colore. “a noi ci picchiano più forte perché siamo neri”.

Al termine delle indagini durante 26 ore gli investigatori hanno appurato che in questo caso i migranti sono partiti tutti dalle coste libiche e che l’organizzazione composta da cittadini libici e dagli scafisti in questo caso senegalesi ha incassato centinaia di migliaia di dollari.

Le responsabilità dei due scafisti senegalesi non saranno limitate solo al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ma bensì anche al reato di morte come conseguenza di un altro delitto prevista dall’art. 586 c.p. o eventualmente come omicidio colposo. Le ipotesi di reato sono al vaglio della Procura della Repubblica di Ragusa che coordina le attività di Polizia Giudiziaria anche in materia di sbarchi.

Le due indagini sono praticamente identiche e portano entrambe allo stesso risultato, difatti anche ELHADJI Sekou Sara nato in Senegal il 25/06/1985 risponderà degli stessi reati del suo connazionale, anche perché durante le fasi di trasbordo sono caduti in mare altre 4 persone che con molta probabilità sono morte quasi immediatamente.

 

LE TESTIMONIANZE

 

 

·         Lo scafista del gommone che è affondato soccorso dalla petroliera maltese “Orient Star” dove hanno perso la vita 3 giovani e 2 sono ancora dispersi:

“I miei connazionali mi riferivano che per andare in Italia avrei dovuto avere la disponibilità della somma di denaro di 1000 dinari libici. Chiedevo allora telefonicamente a mia madre di inviarmi tale somma di denaro, ma lei mi diceva di non averla. Mia madre mi consigliava di far circolare la voce che io sapevo condurre una barca, cosa peraltro vera in quanto in Senegal facevo il pescatore. Facevo tesoro del consiglio di mia madre e così contattavo con i libici e riferivo tale circostanza. Qualche giorno più tardi, era il 15 maggio scorso, un uomo libico mi veniva a prelevare presso la casa di accoglienza e mi conduceva in una specie di capannone, situato sempre nella città di *****, dove erano presenti all’incirca 400 persone, di diverse nazionalità, che erano in attesa di partire per l’Italia. Il libico mi chiedeva se fossi stato in grado di guidare una barca ed io rispondevo affermativamente; Nei giorni in cui ho alloggiato nella casa di accoglienza, ho avuto la conferma di ciò che mi aveva detto mia madre; era infatti noto a tutti che l’unico modo per andare in Italia senza pagare era quello di saper condurre un’imbarcazione, anzi ho appreso che mi avrebbero pure pagato.

Il libico, quindi, mi diceva che da quel momento in poi avrei dovuto dormire in quel capannone fino al momento della partenza. Sono rimasto in quel capannone, insieme agli altri, per circa 15 giorni. Detto sito era vigilato da libici armati di pistola che provvedevano anche a rifornirci di cibo (riso con l’olio) e bevande (acqua del rubinetto). Specifico che le altre persone non potevano uscire dal capannone, a differenza mia che invece, essendo l’uomo che doveva condurre la barca, avevo il permesso di uscire, anche se solo per effettuare delle commissioni per conto dei libici (ad esempio per portare il telefono ad un loro consociato, quest’ultimo egiziano che vigilava esternamente la struttura). I libici ci facevano anche lavorare nei campi e durante il lavoro venivamo dagli stessi sorvegliati a vista. Essi erano soliti anche picchiare le persone senza motivo o per motivi  futili; ci dicevano sempre di stare zitti. Io fortunatamente non sono mai stato picchiato in quel sito da loro. Il*********, i libici, per mezzo di un camion, ci hanno condotto su di una spiaggia di Tripoli ove vi erano quattro imbarcazioni in attesa di partire. Il camion ha effettuato più viaggi per condurre tutti i passeggeri dal capannone alla spiaggia; i libici facevano disporre le persone sul cassone del camion e poi lo coprivano con un telo. Più o meno trasportavano una cinquantina di persone a viaggio. Giunti in spiaggia, ci hanno condotto in una casa ubicata sulla stessa spiaggia in attesa della partenza.

Il gommone all’atto della partenza, percorsi pochi metri, si rompeva a metà; nello specifico si rompeva a metà il pagliolato. A causa di questo guasto siamo stati costretti a scendere dall’imbarcazione ed a ritornare sull’arenile ed i libici ci hanno nuovamente condotto nella casa in legno. Oltretutto ci hanno anche costretti a ricoverare il gommone all’interno della casa. Siamo rimasti in quella casa per un giorno intero e precisamente fino alle ore 22:00 del giorno successivo; in tutto questo tempo i libici non ci hanno distribuito nulla da mangiare o da bere. Fortunatamente avevamo in casa un rubinetto dal quale prelevavamo l’acqua per bere.

Finalmente siamo partiti ed io conducevo il gommone ma dopo giorni di navigazione si guastava il motore.

Prima è passato un aereo sopra di noi e dopo circa 30 minuti, ci è venuta incontro una motovedetta maltese che ci ha prestato soccorso distribuendoci i giubbotti salvagente, dei biscotti e dell’acqua. La motovedetta è rimasta ferma vicina a noi per altri 30 minuti circa, dopodiché  se ne andava. Tutti i passeggeri, oltre a me, avevano indossato i giubbotti salvagente. Il gommone rimaneva alla deriva per ulteriori 30 minuti circa e la corrente ci spingeva piano piano verso la nave. Da quest’ultima, ad un certo punto, ci hanno lanciato una corda che però è finita in acqua. Io mi sono tuffato e sono andato a recuperarla e sono risalito sul gommone. Io ed altri passeggeri abbiamo poi tenuto forte la corda per far si che il gommone si avvicinasse alla nave. Una volta giunto a contatto con la nave, dal gommone sono subito scese alcune persone che sono salite sulla nave attraverso una scala in ferro che nel frattempo era stata fatta scendere dall’equipaggio. Ad un certo punto un passeggero, all’atto di scendere dal gommone e salire sulla scala, pestava il golfare posto sul tubolare del gommone. Il passeggero, quindi, pestando inavvertitamente il golfare ha causato la foratura del tubolare. Il gommone si è afflosciato improvvisamente e rapidamente e si è capovolto facendo cadere in acqua tutti i passeggeri. Io fortunatamente ero già salito sulla nave prima che il gommone si rovesciasse; infatti io sono sceso per primo dal gommone”

 

·         La testimonianza di un passeggero del gommone soccorso dalla bananiera “Peruvian Reefer”:

Il 7 giugno scorso, nel pomeriggio, dei libici ci hanno fatti uscire dalla casa ed a piedi abbiamo raggiunto una spiaggia dove siamo arrivati dopo circa due ore. Eravamo circa cento persone e verso la mezzanotte siamo saliti su un gommone di colore grigio. Dopo essere saliti sul gommone è arrivata una persona che era poi quella che ha condotto il gommone per tutto il viaggio. Non ci è stata dato né cibo né acqua durante il viaggio. Siamo partiti dopo la mezzanotte ed il pomeriggio successivo ho visto il capitano dell’imbarcazione che chiamava i soccorsi con un apparecchio satellitare parlando in lingua inglese. I soccorsi giungevano dopo circa due o tre ore ed è arrivata una grossa nave che ha iniziato le operazioni di salvataggio. Hanno calato due scalette ed è iniziato il trasbordo dal gommone alla nave. Un filippino che dirigeva le operazioni di salvataggio dalla nave, ci diceva di salire uno per volta.  Durante le prime fasi del trasbordo quattro miei compagni di viaggio sono caduti in mare perché tutti si erano accalcati. I componenti dell’equipaggio della nave, sempre filippini, hanno tentato di salvarli ma non ci sono riusciti, i corpi sono andati giù e non li abbiamo più visti risalire. Dopo averci caricato a bordo siamo stati rifocillati e condotti fin nei pressi del porto di Pozzallo.

 

LA CATTURA

 

Le indagini condotte dagli investigatori durate quasi 26 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto i responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, rei anche di essersi associati con i libici al momento ignoti.  

Ogni migrante ha pagato in media 1.000 dinari libici  per un totale di 300.000 dinari circa che sono andati quasi tutti agli organizzatori ed una piccola parte agli scafisti.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria coordinata dalla Squadra Mobile di Ragusa gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea anch’essa impegnata sul fronte immigrazione costantemente.

In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui il fermato fa parte.

 

 

LA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO

 

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico così come delle indagini in materia di criminalità straniera, sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno così come accadrà nella data di oggi.

Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione in considerazione delle interminabili giornate dedicate a gestire gli arrivi, l’identificazione, le indagini di Polizia Giudiziaria ed i trasferimenti, così come tutto il lavoro che inizia il giorno dopo lo sbarco.  

L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze per altri centri anche in considerazione del fatto che tra meno di un’ora giungeranno altre centinaia di persone al porto di Pozzallo.

BILANCIO ATTIVITA’ POLIZIA GIUDIZIARIA

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 55 scafisti dalla Polizia Giudiziaria a Pozzallo e sono in corso numerose attività di collaborazione tra le Squadre Mobili siciliane al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste libiche a quelle Italiane. Inoltre il Servizio Centrale Operativo sta coordinando le diverse Squadre Mobile siciliane e nazionali per addivenire ad un’eventuale rete di assistenza di questi migranti una volta sbarcati in Italia.

Gli investigatori con poche ore di sonno, in considerazione anche dei rinforzi ormai operanti da settimane fianco a fianco con la Squadra Mobile di Ragusa, stanno opponendo un muro a coloro i quali speculano sulla vita dei migranti assicurando alla giustizia coloro i quali fanno parte di più ampie organizzazioni criminali transnazionali.

 

 

 

                                                                          

 

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