LA POLIZIA DI STATO HA ESEGUITO UN’ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE DI UNO SCAFISTA “PROFESSIONISTA” DI ORIGINI LIBICHE

Gli uomini della Polizia di Stato – Squadra Mobile di Ragusa – hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico HAMADA AYOUDI, nato in Libia il 14.05.1990, pregiudicato per diversi reati commessi in Italia e già arrestato dalla Polizia di Stato nel 2011 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina;

Hamada unitamente ad un connazionale era stato sottoposto a fermo d’indiziato di delitto nel mese di agosto 2013 in quanto erano stati raccolti gravi indizi di reato sul suo operato dagli investigatori della Squadra Mobile di Ragusa una volta sbarcati a Pozzallo.

I due erano stati fermati in quanto gravemente indiziati di appartenere ad un’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed inoltre per la morte di due uomini lasciati cadere in mare senza poi soccorrerli. Con l’aggravante di aver messo in serio pericolo, la vita dei 110 migranti trasportati su un gommone in pessime condizioni e rimasto, peraltro, in avaria in mare aperto.

Il risultato positivo ottenuto con l’operazione di P.G. nel mese di agosto 2013, è il frutto di una coordinata attività info–investigativa della Polizia di Stato, in particolare di tutti gli uomini appartenenti alla sezione specializzata “criminalità extracomunitaria” della Squadra Mobile.

 

I FATTI

 

Alle ore 5.00 del mattino di mercoledì 8 agosto 2013, in seguito alla segnalazione di un gommone con il motore in avaria, sono stati attivati subito i soccorsi in acque internazionali. Il giorno dopo, intorno alle ore 01.35 il personale operante interveniva a largo delle coste iblee dove era stata avvistata un’imbarcazione con a bordo migranti clandestini soccorsi da una nave mercantile battente bandiera libanese.

Nella circostanza, il mercantile aveva prestato soccorso a largo delle coste della Provincia di Ragusa ai 110 migranti stipati sin dalla partenza dalla Libia a bordo del gommone in pessime condizioni lungo 13 metri.

L’equipaggio del mercantile, una volta fatto ingresso al Porto di Pozzallo (RG), faceva scendere i migranti subito soccorsi, rifocillati e allocati presso il C.P.S.A.  

Dalle procedure di identificazione e foto segnalamento da parte del personale della Polizia Scientifica e dal riscontro in banca dati sui rilievi dattiloscopici degli extracomunitari, emergevano sin da subito alcuni elementi investigativi di rilevante interesse nei confronti di HAMADA AYOUDI.

Di conseguenza i due extracomunitari, poche ore dopo l’identificazione, venivano condotti presso il C.I.E. di Caltanissetta, mentre gli altri sbarcati rimanevano presso il C.P.S.A. di Pozzallo (RG) in quanto avanzavano richiesta di asilo politico.

Sin dai primi momenti dello sbarco, gli investigatori della Polizia di Stato di Ragusa attivavano le indagini per risalire agli scafisti. I sospetti ricadevano subito sugli arrestati, ma inizialmente da parte delle vittime di questi aguzzini non vi era collaborazione per la troppa paura; i migranti avevano infatti ricevuto minacce di morte durante la traversata e all’interno dello stesso centro, dai due criminali se avessero parlato con la Polizia.

Di conseguenza, disporre l’allontanamento in un altro centro dei due sospettati risultava fondamentale per le indagini. Dopo poche ore dal loro trasferimento, infatti, gli investigatori riuscivano a far superare la paura ai migranti i quali rendevano dichiarazioni fin a quel momento sottaciute. Gli uomini della Polizia di Stato, in poche ore, riuscivano a comprendere compiutamente cosa fosse successo in Libia, luogo della partenza, durante la traversata e fino ad arrivare alla loro permanenza all’interno del centro di Pozzallo.

Purtroppo dalle testimonianze dei migranti si scopriva che sin dalla partenza dalla Libia per raggiungere le coste italiane, gli extracomunitari erano stati continuamente minacciati, anche con armi, dai componenti dell’organizzazione criminale e che due pakistani avevano perso la vita cadendo in mare durante la traversata, senza neanche un tentativo di prestare loro soccorso da parte degli scafisti.

Dalle risultanze investigative dell’accurata attività d’indagine condotta senza sosta, dopo aver ascoltato le tragiche dichiarazioni dei migranti che avevano assistito alla morte dei connazionali caduti in mare senza più riemergere e dal modus operandi degli scafisti, considerando i gravi e concordanti indizi di reato raccolti, la Squadra Mobile della Questura di Ragusa ha sottoponeva a fermo di P.G. i due extracomunitari, accompagnandoli presso la Casa Circondariale di Caltanissetta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. 

 

IL SUICIDIO

 

Una volta convalidato il fermo di indiziato di delitto i due rimanevano in carcere in regime di custodia cautelare, ma il complice di HAMADA si suicidava dopo qualche settimana.

 

 

IL RICORSO

 

HAMADA tramite il suo avvocato faceva ricorso per Cassazione nel mese di settembre 2013 in quanto sosteneva che vi era un difetto di giurisdizione perché il fatto era stato commesso in acque internazionali. Per questi motivi veniva disposta la liberazione in attesa del giudizio.

Lo stesso HAMADA veniva arrestato per altri reati nelle more della decisione della Suprema Corte ed associato presso il carcere di Milano.

 

LA DECISIONE

 

Nei giorni scorsi la decisione della Corte di Cassazione che ha stabilito che il reato è commesso ai danni dello Stato Italiano, poiché in modo preordinato gli scafisti partono dalle coste africane per giungere in acque internazionali e chiedere il soccorso del nostro Stato.

Considerata la decisione, è stato immediato il provvedimento della Procura Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Catania che ha disposto la cattura per l’applicazione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere di HAMADA.

 

L’ESECUZIONE

 

Gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa grazie alla piena sinergia con l’omologo ufficio della Polizia di Stato di Milano, hanno eseguito la cattura. Adesso HAMADA dovrà comparire al processo che si terrà in Sicilia nei prossimi mesi, per i reati da lui commessi, dove dovrà rispondere anche della morte come conseguenza di altro delitto di due giovani pakistani.

 

 

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