Khoròs: corpi risonanti, memorie in luce. In mostra Ilde Barone

Un coro antico che non ha volto, ma voce. Un corpo unico fatto di pittura, suono e luce. Khorós – Corpi risonanti, memorie in luce, la nuova installazione di Ilde Barone, è un attraversamento sensoriale che diventa esperienza emotiva collettiva. Non una semplice mostra, ma un ambiente vivo in cui le opere respirano, parlano, ascoltano.

Entrare nello spazio significa farsi avvolgere da tele disposte in semicerchio, disegnate come un coro teatrale primordiale. Sono superfici dense, stratificate, materiche: membrane sensibili capaci di assorbire le voci di un’umanità molteplice e restituirle come risonanza. Qui il suono non accompagna la pittura: la abita. Italiano, inglese, arabo, greco, latino, giapponese si intrecciano in un paesaggio sonoro che sfida il tempo e le identità, perché – come ricorda l’artista – «dolore e speranza non appartengono a un popolo o a un’epoca, ma alla condizione umana».

La luce come presenza emotiva

La luce, nel lavoro di Barone, non è illuminazione ma rivelazione. Una qualità che Mariateresa Zagone ha definito «abbagliante come quella siciliana», capace di trasformare la materia in un luogo di sacralità discreta. Nei suoi corpi pittorici — figure che emergono dall’indistinto come apparizioni trattenute — la luce diventa respiro, una corrente che svela senza mai esibire.

Accanto alla luminosità, riaffiora un’altra costante della poetica dell’artista: la dialettica tra razionalità e impulso, lucidamente colta da Franco Sarnari come «una modulazione geometrica attraversata da un’intensità pittorica». In Khorós questa tensione si estende al suono: l’ordine della composizione e l’imprevisto della voce convivono, si sfiorano, a tratti si lacerano per poi ricomporsi in una drammaturgia intima e universale.

Un femminile che include

Vittorio Sgarbi ha definito la ricerca di Barone una forma di “feminesimo”: uno sguardo femminile non contrapposto ma integrato, capace di abbracciare il mondo attraverso una sensibilità che ascolta più che affermare. Khorós incarna pienamente questa visione. È un luogo di accoglienza, un coro che non sovrasta ma accompagna, che non rappresenta nessuno e rappresenta tutti.

«Volevo creare un coro che non rappresentasse nessuno e rappresentasse tutti — racconta Ilde Barone —.
Voci che non spiegano, ma risuonano. La pittura, per me, è un corpo che sente: qui si apre, si lascia attraversare, restituisce respiro».

Il ritorno a Modica e la scelta dell’indipendenza

L’installazione segna anche il ritorno di Ilde Barone a Modica dopo oltre dieci anni di assenza dalle esposizioni nella sua città. Una scelta che ha il sapore del radicamento e della restituzione: riportare l’arte al centro dello spazio urbano, trasformarlo in luogo di incontro, ascolto, rinnovamento.

Khorós è inoltre un atto di libertà creativa. Un progetto completamente indipendente, realizzato senza il sostegno di gallerie o strutture commerciali. Una decisione che rivendica la natura autentica e personale della sua ricerca: un rapporto diretto, non mediato, con il pubblico e con il luogo.


Khorós – Corpi risonanti, memorie in luce invita tutti a entrare nel cerchio, ad ascoltare, a lasciarsi attraversare. Un’esperienza che non chiede interpretazione ma presenza: un coro silenzioso fatto di voci che vibrano nella pittura e nella luce, dove ciascuno può trovare il proprio respiro.

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