Il museo archeologico? Intitoliamolo a Sinner

La rubrica dello psicologo a cura di Cesare Ammendola

I lapilli del dibattito pubblico e social non si sono spenti ancora. La quaestio è già vexatina. È giusto intitolare un museo cittadino a un illustre archeologo ibleo che fu anche fascista?

Altrimenti detto, è opportuno conferire oggi a un accademico stimabile (che però, a sentire molti antifascisti, fu interprete di scelte personali non meno che censurabili) un riconoscimento pubblico e, a suo modo, solenne, laddove “solenne” oggi, detto inter nos, nell’universo della comunicazione digitale non è nulla?

A nessuno interessa il mio parere in merito. Neppure a me. E infatti, la mia prospettiva in questa sede non può e non vuole essere politica. Nell’era dei controsocial, il tifo del commentatore è tra i mali del millennio. Tuttavia, io, tecnicamente chattando, influenzato dalla formazione e dal lavoro in ambito psicosociale, rivolgo la mia curiosità agli aspetti legati alla comunicazione e all’impatto che la vicenda/stimolo ha nell’immaginario psicologico degli individui e segnatamente dei più giovani, che magari hanno il dono di osservare il presente (e desiderare il mondo) non più con le lenti dell’ideologia o della faziosità politica. 

Sinceramente, sinceramente, sinceramente, mi chiedo. Ma i diciottenni che vedessero intitolato a un “fascista” (o parimenti a uno “stalinista”, sia chiaro) un museo della propria città nel 2024, come reagirebbero?

A) Rimarrebbero felici per tutta la vita a Ragusa avendo trovato finalmente una ragione per non emigrare.

B) Visiterebbero un giorno sì, un giorno no, quel museo con vibrante entusiasmo.

C) Scapperebbero subito anche in canoa per non tornare mai più. 

Temo che, nel momento storico che i ragazzi stanno attraversando (tra rigurgiti di antisemitismo, guerre folli e ritorno delle ideologie), questo dibattito segni ulteriormente distanze siderali tra loro e noi, tra loro e la politica, tra il futuro e il passato.

Voi dite che i giovani non sono interessati al confronto politico perché galleggiano nel disimpegno e nel vuoto di Instagram. 

Io dico che i giovani si interessano ad altro perché questa è la cifra anacronistica e avvilente del confronto politico di cui siamo capaci noi dinosauri.

La vedo così. Sacro o grottesco che sia, questo acceso dibattito dice una cosa sulla quale dovremmo essere tutti d’accordo: i veri musei siamo noi.

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