I ragusani donano sangue ma non organi

L’encefalo e il sistema nervoso non rispondono più, il cuore batte soltanto perché sostenuto dai farmaci e il respiro è sviluppato dalla ventilazione meccanica, pertanto gli altri organi continuano a funzionare. Il paziente è clinicamente morto. La scienza afferma che è impossibile tornare indietro.

A quel punto, un medico chiede ai familiari il consenso all’espianto degli organi e dei tessuti rimasti in buone condizioni per consentire a qualcun altro in lista d’attesa di potere continuare a vivere senza la sofferenza che lo sta devastando. Un dono, cui i familiari danno il benestare se il loro congiunto non abbia già espresso il proprio consenso quando è in vita, attraverso l’Azienda sanitaria di appartenenza o l’Aido, l’associazione italiana donatori d’organi.

Sebbene nell’ultimo anno le donazioni di organi siano aumentate (Sicilia +5,4%), tornando ai numeri pre-pandemia, a Ragusa c’è ancora tanto da fare. L’ultimo numero disponibile risale al 2020: 9 espianti. La nostra provincia si piazza al 96.mo posto su 107 posizioni della classifica italiana. Diverse famiglie, infatti, al momento di decidere si oppongono a questo genere di scelta. Un dato che contrasta con l’alto numero di donazioni di sangue e plasma, che vede la provincia ai primissimi posti in Italia: lo scorso anno sono state quasi 44.000, addirittura +3.254 rispetto al primo anno di pandemia. Un altro record.

Certo, donare sangue non è come donare organi. Siamo su due livelli lontani seppure paralleli. A volte, la commozione verso il congiunto appena dichiarato morto sembra prendere il sopravvento. Secondo i dati del ministero della Salute il 22,80% dei ragusani ha già sottoscritto di volere donare i propri organi sulla propria carta d’identità elettronica, mentre quasi il 60% ha dichiarato il proprio benestare attraverso varie forme. In linea di massima, dunque, il consenso c’è. Servono comunque organi sani, non devastati da traumi o malattie. L’enfasi con cui gli organi di informazione danno notizia sugli espianti è giusta e doverosa. Certifica un gesto straordinario d’altruismo. Come quelli consentiti da Titta Tumino, architetto di 56 anni deceduto nel dicembre scorso o della 75enne morta a fine marzo nell’ospedale “Giovanni Paolo II”. Una parte di loro vive adesso in corpi che erano allo stremo.
Il gesto di chi dona non muore mai. Un bellissimo messaggio nella settimana che volge alla Pasqua.

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