GUERRA E PACE ALL’AEROPORTO DEGLI IBLEI

Il Vincenzo Magliocco nacque ai tempi della seconda guerra mondiale quando occorreva trovare un avamposto ai caccia tedeschi Stukas per bombardare Malta (e tutto il nord Africa parte del quale si trova a nord di Comiso) che resisteva ad oltranza all’attacco nazifascista. Così l’Asse decise di attrezzare un aeroporto a poche miglia dall’isola dei Cavalieri (una sessantina circa) per fare volare bombardieri e caccia in una ventina di minuti e scaricare bombe a ripetizione sulla testa dei maltesi mentre dal mare le navi cannoneggiavano i porti e l’entroterra.

Il vostro cronista, ragazzino, vedeva passare gli Stukas sia all’andata che al ritorno delle incursioni aeree a Malta e qualcuno degli aerei  ebbe a sfracellarsi in contrada Spana di Scicli e qualche altro di ritorno della missione per atterrare al Magliocco scaricava il suo arsenale di bombe sulla vallata di Castiglione magari centrando qualche casa rurale dove i poveri contadini hanno trovato la morte.

Dopo lo sbarco degli americani l’aeroporto divenne a tutti gli effetti la base militare degli alleati nel territorio più a sud di Tunisi e così per qualche tempo fino a quando le truppe non risalivano l’isola e la penisola per occupare Roma ed il nord Italia.

Anni di oblio e di disuso dell’aeroporto fino a quando una coraggiosa compagnia aerea non avviò la tratta Comiso-Catania-Palermo-Cagliari con aerei Fokker 45 che trasportavano una cinquantina di viaggiatori a 10 mila lire a cranio. Subito dopo il volo inaugurale in un giorno in cui si celebrava a Ragusa la festa di San Giovanni (il 29 agosto) viaggio semiinaugurale nella tratta Comiso-Catania-Palermo al costo di circa 6 mila lire con pagamento ridotto per i bambini a circa 3 mila lire con un Fokker che volava a 2 mila metri di quota per la prima tratta e a 4000 per la Catania. Palermo. Così per qualche anno fino a quando la Compagnia dismise il servizio e l’aeroporto fu abbandonato.

Un giorno i giovani soci di una Cooperativa agricola di produzione e lavoro pensando di potere utilizzare i terreni aeroportuali di contrada ”Deserto” ovviamente incolti per la produzione agricola andarono a Bari sede del Comando aeronautico che comprendeva il sud per farsi assegnare le terre ma qualcuno rispose che erano dei “pazzi” perché la sede aeroportuale era destina ad UNA BASE NATO. Avuta la risposta il vostro cronista un bel giorno apre il Diario a 9 colonne con un titolo che avrebbe fatto poi scalpore e creato un allarme non solo a Comiso, in Sicilia, in Italia ed anche all’Estero dove l’Unione sovietica (eravamo in tempi di guerra fredda) con la sua ambasciata di Roma voleva conto e ragione di questa notizia pubblicata sul Diario. Le pressioni sul cronista e sul direttore furono enormi perché tutti volevano sapere da dove avevamo attinto tale notizia (che evidentemente doveva essere coperta dal più assoluto segreto) e che nessuno credeva proveniente da un graduato militare di Bari.

Il sindaco di Comiso, dott. Catalano dopo alcuni giorni confermò al vostro cronista la notizia (e lo scoop) e cominciarono le proteste fino a quando il Ministro Lagorio non chiamò a Roma una delegazione capitanata appunto dal sindaco (e dove si era intrufolato il vostro cronista) ee disse loro “Cosa volete in cambio”; ma la risposta non venne perché i comisani, gli iblei non chiesero nulla in cambio e comunque i 110 missili Cruises puntati contro l’Unione sovietica e la Libia con le rampe mobili (i famosi Tell a dodici ruote motrici) con al seguito circa 5 mila americani arrivarono a Comiso che ebbe la fortuna di vedere aumentare il costo della vita e e e non vendere nulla agli americani autosufficienti persino nelle stringhe delle scarpe che arrivavano dagli Stati Uniti come tutto il resto. Le cose andarono poi bene a livello internazionale con la fine della guerra fredda (se si esclude che la Libia di Gheddafi lanciò forsennatamente due missili che non raggiunsero per fortuna nemmeno Lampedusa) e la base venne evacuata e diciamo abbandonata.

Successivamente Presidente del Consiglio dei Ministri D’Alema e sindaco Digiacomo occorreva durante, la guerra in Kosovo, ospitare seimila kosovari e Comiso si dimostrò eccezionalmente generosa facendo arrivare a Comiso i kosovari in fuga dalla loro terra. Anche allora D’Alema chiese al sindaco cosa volessero in cambio e Digiacomo disse l’aeroporto. Così il progetto venne approvato e finanziato dall’Unione europea e siamo arrivati ai giorni nostri, ad oggi, quando l’aeroporto viene inaugurato definitivamente, mentre proprio D’Alema alcuni anni fa inaugurò la pista.

Ora si tratta di lavorarci come e più di prima perché con i tempi che corrono far funzionare uno scalo aereo non è cosa semplice ma necessaria pena l’isolamento completo del territorio che in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo significherebbe la “morte totale” dell’economia e della gente.

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