Giovani lavoratori pagati un euro l’ora. Estorsione contestata: i “padroni” pretendevano indietro una parte della busta paga, e in contanti

Sedici giovanissimi lavoratori, ventenni o poco più, provenienti dal Ghana e dalla Nigeria, sfruttati da una grossa azienda di produzione di ortofrutta a Marina di Marza, Santa Maria del Focallo, nell’Ispicese. Arrestati e sottoposti ai domiciliari tre imprenditori fratelli tra loro, tra i 47 e 57 anni: estorsione, sfruttamento del lavoro agricolo, violazione delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro. Messa a segno dall’Arma l’operazione “free work”, che stamani ha dato esecuzione ai provvedimenti. L’azienda è stata sottoposta ad amministrazione controllata; sequestro preventivo di 850mila euro.

L’indagine

Tutto è partito dalla segnalazione dell’Oim – Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – e l’indagine avviata a ottobre 2022 e conclusasi a maggio del 2023 ha fornito il riscontro dell’effettivo sfruttamento dei lavoratori. “Nel corso dell’attività – ha spiegato il colonnello Carmine Rosciano, comandante provinciale dell’Arma –, sono stati individuati 16 lavoratori, ghanesi e nigeriani sottoposti a condizioni di lavoro inique”. E se basta un elemento per contestare il cosiddetto “caporalato” in questo caso gli elementi sono stati molteplici e tutti di estrema gravità. “Dalla sottoposizione dei lavoratori a condizioni di sfruttamento del lavoro, alla retribuzione che consisteva in un ottavo della paga oraria rispetto al contratto nazionale, al collocamento in alloggi all’interno delle serre, fatiscenti, con condizioni igienico sanitarie precarie senza acqua calda, riscaldamento”. E se qualcuno riusciva a trovare una stufa elettrica per riscaldarsi, se la vedeva ‘sequestrata’. Un euro l’ora, una busta paga accreditata ai lavoratori che poi venivano accompagnati al bancomat dai titolari per avere indietro, e in contanti, una parte della somma pagata. Ore retribuite che non corrispondevano alle reali ore di lavoro svolte, e una ‘trattenuta’ di circa 100 euro per vivere in condizioni assurde. False attestazioni anche sulla formazione che riguarda l’utilizzo di fitofarmaci, per le quali è stato denunciato a piede libero il responsabile aziendale della sicurezza sui luoghi di lavoro. Questi ragazzi utilizzavano prodotti chimici senza la minima conoscenza dei prodotti stessi e senza dispositivi di protezione individuale.

“Senza dispositivi di protezione individuale – ha sottolineato il tenente colonnello Giovanni Palatini,  comandante provinciale del Reparto operativo dell’Arma -, questi giovani hanno sofferto anche per episodi di intossicazione e irritazione. Nessun ciclo di formazione e informazione all’interno dell’azienda, non sono mai stati sottoposti a visita medica”. Una vita di stenti, “percepivano 1 euro, un euro e quaranta all’ora a fronte degli 8 netti previsti dal contratto nazionale di lavoro in agricoltura”. E dai lavoratori intervistati dal Nil – Nucleo carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro – la conferma della situazione. A Ragusa a presentare i risultati dell’inchiesta c’era anche il tenente colonnello Raimondo Nocito, che comanda il Nucleo tutela del lavoro della Sicilia. “Azione odierna rappresenta una azione sinergica dell’Arma. Le vittime spesso sono cittadini extracomunitari che non trovano adeguate risposte e cadono nella trappola dello sfruttamento, costretti ad accettare situazioni inique perché spesso senza alternative”.

I lavoratori

Venivano controllati anche con telecamere non autorizzate, se si ammalavano era consentita solo una giornata di ‘riposo’ ma se il termine veniva superato, venivano mandati via. Contratto di lavoro, “in regola”, almeno sulla carta, come in regola era anche il permesso di soggiorno perché una residenza ce l’avevano, all’interno di strutture in muratura fatiscenti e insufficienti, nel perimetro dell’azienda. Ma le indagini non sono finite. E potrebbero arrivare ad altri sviluppi. Intanto da stamattina, quando è stata data esecuzione ai provvedimenti, è in corso anche una ispezione del Nas per controllare la conservazione e il deposito dei prodotti chimici, dei fitofarmaci nell’azienda.

Le reazioni

“In Sicilia lo sfruttamento è concentrato in alcune provincie – dice il comandante regionale del Nil Raimondo Nocito – prima base per queste persone che provengono dall’Africa; arrivano in Sicilia per trovare una risposta alle loro esigenze e purtroppo la risposta spesso la trovano in situazioni di irregolarità dove vengono facilmente sfruttati e cadono preda di datori di lavoro senza scrupoli e che ne abusano. E spesso dove trovano un posto per dormire e qualcosa da mangiare purtroppo si devono fermare. E il dato principale dello sfruttamento del lavoro è proprio l’abuso dello stato di bisogno della vittima”.   

Più ispettori del lavoro ma anche maggiore collaborazione da parte degli imprenditori onesti. In una nota dei sindacati Uila Sicilia e Uila Ragusa (unione italiana dei lavoratori agroalimentari) i segretari Nino Marino e Maria Concetta di Gregorio manifestano apprezzamento per magistratura e forze dell’ordine “per le operazioni contro i negrieri dei campi”, ma non basta. “C’è bisogno che alle nostre mobilitazioni e alle nostre denunce si uniscano gli imprenditori onesti, vittime di concorrenza sleale, e i consumatori, perché rifiutino i prodotti delle aziende-pirata”. Gli esponenti sindacali a commento dei dettagli diffusi dall’Arma nei corso dell’operazione condotta oggi e che delineano il trattamento da ‘schiavi’ dei lavoratori agricoli impegnati nell’azienda dell’Ispicese, aggiungono: “Contro chi li sfrutta abbiamo ingaggiato quella che per noi della Uila e della Uil è la battaglia della vita e che ha già prodotto negli anni passati una nuova, più incisiva, normativa in materia. Ogni legge, comunque, risulta inefficace se non è accompagnata da un’incisiva attività di controllo, attualmente vanificata da una inquietante carenza di organici negli Ispettorati del Lavoro, e da una decisa reazione della società civile”. Infine l’appello: “Ribadiamo l’appello all’imprenditoria sana e ai cittadini/consumatori perché sia chiaro a tutti che buono è legale! E che la malapianta del caporalato dev’essere sradicata!”

La Cgil auspica incremento di iniziative anticaporalato. Il segretario generale di Cgil Ragusa, Peppe Scifo, dice che “questa operazione dimostra ancora una volta l’efficacia della legge 199 del 2016, fortemente voluta dalla CGIL e da questo territorio”. Anche in questo caso, “gli indici di sfruttamento a cui la norma fa riferimento quasi sempre coesistono: sotto salario, orari di lavoro al di sopra di quelli consentiti dai contratti, mancanza di sicurezza. E soprattutto l’elemento più importante – sottolinea Scifo -, che è al centro di questa legge, cioè, la vulnerabilità dei lavoratori stranieri che fa leva sul loro bisogno che li costringe ad accettare condizioni di sfruttamento al limite della umanità”. Mettere a segno iniziative come quella odierna, per Scifo significa intervenire “per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori più deboli cioè quelli più esposti al rischio di grave sfruttamento lavorativo, ma anche a difesa delle aziende sane che subiscono la concorrenza sleale da questi imprenditori senza scrupoli.”

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