Fontana di Trevi a pagamento: tutela del patrimonio o tassa sulla meraviglia? E voi cosa ne pensate?

Dal 7 gennaio anche la Fontana di Trevi avrà un prezzo. Due euro. Tanto costerà, ai turisti, avvicinarsi al monumento più visitato di Roma dopo il Colosseo. Per i romani l’accesso resterà gratuito, ma per milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo scatterà il ticket. Una decisione che segna un cambio di paradigma e che, inevitabilmente, divide l’opinione pubblica.

C’è chi parla di svolta necessaria, chi di pericoloso precedente. Perché la domanda è semplice, ma scomoda: si può far pagare la bellezza?

Una Fontana “a numero chiuso”

La rivoluzione, in realtà, è già iniziata. Dal 22 dicembre l’area davanti alla Fontana è stata contingentata: massimo 400 persone alla volta, steward con pettorine blu e fischietti per regolare i flussi, stop agli assembramenti selvaggi. Ora si va oltre.

Il nuovo assetto prevede due corsie separate, una per i turisti e una per i residenti, delimitate da paletti di ottone “più eleganti” delle vecchie transenne. Pagamento solo con carta. Tutto ordinato, tutto controllato. Quasi un museo a cielo aperto. O, per alcuni, un parco tematico della romanità.

Dopo il Pantheon, tocca a Trevi

Il precedente esiste e pesa: il Pantheon, che dal luglio 2023 ha introdotto un biglietto da 5 euro (gratuito per i residenti e per i giovani tra i 18 e i 25 anni). Le casse hanno ringraziato, le polemiche pure. Ora tocca a Trevi, simbolo assoluto, icona planetaria, cartolina eterna.

E se oggi sono due euro, domani quanto?

Le monetine: romanticismo o business?

C’è poi un dettaglio che rende il dibattito ancora più spinoso: le monetine lanciate nella Fontana. Ogni giorno, migliaia di persone esprimono un desiderio gettando una moneta nell’acqua. Un gesto romantico, certo. Ma anche un’enorme raccolta di denaro.

Si stima che dalla Fontana di Trevi vengano recuperati oltre 1 milione di euro l’anno, secondo alcune stime anche 1,4 milioni. Le monete vengono raccolte regolarmente, in modo organizzato, e destinate alla Caritas, per finanziare attività di assistenza e solidarietà.

Una domanda allora sorge spontanea:
se la Fontana “produce” già risorse così ingenti, perché far pagare anche l’accesso? Per tutela? Per ordine pubblico? O perché Roma, semplicemente, non può più permettersi di regalare sé stessa?

Patrimonio da difendere o città da vivere?

I sostenitori del ticket parlano di difesa del patrimonio, di rispetto dei luoghi, di turismo più consapevole. Meno folla, meno degrado, più decoro. Chi è contrario teme invece una deriva pericolosa: oggi Trevi, domani Piazza Navona, dopodomani il Pincio. Una città a pagamento, a pezzi.

Roma non è un museo chiuso. È una città viva. O almeno lo è stata.

Due euro non sono nulla. O forse sì

C’è chi dice: “Due euro non sono niente”. Ed è vero, forse. Ma il punto non è la cifra. È il principio. Pagare per fermarsi davanti a una fontana che da secoli appartiene a tutti.

È una scelta inevitabile o una resa al turismo di massa?
È tutela o privatizzazione simbolica dello spazio pubblico?

Dal 7 gennaio, alla Fontana di Trevi, non si lanceranno solo monetine. Si lancerà una sfida culturale che divide, e continuerà a dividere. E forse è proprio questo il prezzo più alto da pagare.

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