FIRENZE E L’UMANESIMO VOLGARE

Nel Quattrocento, grazie alla riscoperta dei codici antichi, soprattutto quelli di tradizione araba e delle dottrine ermetiche greche del I e II secolo  d.C. che in modo originale  rielaborarono il pensiero  giudaico e platonico e aperte alle arti divinatorie  e la magia, si ravvivò l’attenzione per le arti magiche e le scienze occulte.

La diffusione estesa  dell’astrologia, dell’alchimia e della cabala (la mistica ebraica), influenzarono sia artisti e letterati, che uomini politici. Tutto nasceva dal bisogno di trovare, in un periodo estremamente incerto e pieno di capovolgimenti, una forza superiore in grado di  dare un orientamento culturale di  potenziale sicurezza contro la precarietà terrena. In particolar modo l’astrologia che, prevedendo il futuro, ha come scopo quello di proteggere gli uomini dai casi e dalle situazioni più difficili e funeste, permettendo loro di provvedere in anticipo le difese dai pericoli, illudendosi di sondare l’infinito e il mistero dell’universo.

Inizialmente furono solo i dotti a interessarsi delle scienze occulte, ma   in seguito si  diffuse ad un pubblico molto più vasto. Fu l’astrologia che riscosse  il maggiore successo nelle corti, influenzando una larga cerchia di persone e ciò sollecitò vivaci dibattiti.

Questi fenomeni, segnarono un definitivo superamento, sebbene tra mille difficoltà, delle concezioni medievali e l’approdo alle scienze moderne. Grazie ai nuovi indirizzi di pensiero razionale, astrologia e alchimia si orientarono verso moderne soluzioni della scienza, legata a riflessioni fisico-matematiche, e associata alle scienze biologiche e naturali.

Interessante il fatto  che i dotti del tempo presero posizioni  diverse tra loro. Marsilio Fucino, era affascinato dalle opere ermetiche (ne fu anche traduttore dal latino) e dall’astronomo alessandrino Tolomeo, che fu elaboratore del sistema geocentrico (la terra al centro del sistema solare) e fu anche sostenitore dell’astrologia e delle scienze occulte, che tentò nelle sue opere di conciliare col pensiero cristiano.

Molto polemico fu invece Giovanni Pico della Mirandola, un insolito  scienziato-filosofo e che  durante la sua breve vita (Mirandola 1463- Firenze 1494) orientò i suoi interessi verso  le più svariate  discipline anche grazie alla sua memoria prodigiosa, al punto da diventare un personaggio proverbiale (anche al giorno d’oggi si  usa dire “la memoria di Pico” per indicare una capacità mnemonica molto elevata).

Il punto fondamentale del suo pensiero sta nel riconoscimento di una specie di “sapienza originaria” condivisa, anche se in parte, e magari in modo erroneo, nelle diverse religioni e filosofie.

Proprio nella varietà dei motivi della cultura ebraica, araba, greca e latina, tutte approfonditamente  studiate da Pico, si poteva trovare un punto d’incontro, un’idea di verità universale grazie all’interpretazione cabalistica che, mediante l’allegoria e il calcolo misterico di numeri e di lettere, pretende di superare le contraddizioni tra le diverse dottrine.

Pico attaccò molto duramente l’astrologia, soprattutto chi se ne serviva per trarne oroscopi e predizioni per il futuro degli uomini, e tutte le sue forme non esattamente scientifiche, che trasformavano  l’astrologia  in superstizione, e la rivestivano di cialtroneria e credulità. Egli si impegnò quindi  nella lotta contro il determinismo  insito nell’astrologia stessa, secondo cui la vita dell’uomo, le malattie, le guerre e il variare dell’assetto politico di uno Stato o il declinare di una religione, dipendevano dalla posizione degi astri e dai loro spostamenti nella carta del cielo e rivendicando con estrema fermezza la capacità dell’uomo di decidere del proprio destino grazie al libero arbitrio.

Lasciate interrotte, a causa della morte, le sue Disputationes adversus astrologiam divinatricem (Dissertazioni contro l’astrologia  divinatrice, 1494) vennero poi riprese in volgare da Gerolamo Savonarola nel  Trattato contra gli astrologi (1497) il Savonarola si allacciò al discorso  di Pico della Mirandola sollecitato dalla preoccupazione di proteggere la fede cristiana, che il diffondersi  delle pratiche astrologiche pareva riuscire a mettere in crisi.

L’opera di Pico ebbe una grandissima fortuna e fu alla base di  profonde discussioni  sull’astrologia  e sulle scienze occulte che continuarono  lungo  tutto il sedicesimo secolo.

 

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