Coppia rischia di morire intossicata dal monossido in luna di miele: assolti i tecnici e proprietario dell’albergo

Assolti per non avere commesso il fatto; e questa formula assolutoria indica che il reato è stato commesso ma le responsabilità sono da ricercare altrove. Questa la sentenza di primo grado che ha assolto Angelo Gulino proprietario dell’albergo De Stefano Palace (difeso dagli avvocati Fabrizio Cavallo e Carmelo Di Paola), l’ingegnere progettista degli impianti termici e idrici Francesco Minardi (difeso dall’avvocato Guglielmo Barone) e Nunzio Cilia come esecutore dei lavori di installazione di due caldaie (difeso dagli avvocati Maurizio Catalano e Biagio Giudice). La pubblica accusa aveva chiesto la condanna a 8 mesi di reclusione per Gulino e 10 mesi per Minardi e Cilia.

I FATTI

Ciò che accadde destò grande scalpore a Ragusa. I fatti si verificarono il 27 agosto del 2017. “Ci eravamo sposati due giorni prima – aveva raccontato Oreste Urbano – e quella mattina del 27 agosto del 2017 avevamo appuntamento con una nostra amica. Sapendo della nostra puntualità e non vedendoci arrivare è venuta in albergo insistendo per farsi aprire la porta della stanza. Io e mia moglie siamo stati trovati entrambi privi di sensi. Siamo stati in coma, trattati in camera iperbarica, siamo vivi grazie alla nostra amica”. Lui e la moglie si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Lorella Pipicella, Gianluca Novak e Carmelo Scillia. Il processo ha coinvolto come responsabile civile anche la società Antiqua hotels Group s.n.c. – proprietaria della struttura – il cui legale rappresentante è Giuseppe Greco (rappresentato dall’avvocato Massimo Garofalo).

LE PARTI CIVILI E LE ARRINGHE DIFENSIVE 

Accusa e difesa, con visioni diametralmente opposte; alla fine il convincimento del giudice ha seguito la linea delle difese. Ciò che è accaduto è un dato di fatto, ma la responsabilità è da ricercare altrove e le difese puntano il dito contro i lavori esterni alla struttura alberghiera che avrebbero danneggiato una tubatura determinante. Veniamo con ordine. Dopo le richieste di condanna del pubblico ministero, la parola è passata prima alle parti civili e poi alla difesa degli imputati.

L’avvocata Pipicella per la signora Angelina, coniugata Urbano, ha ripercorso la storia dei “due sposi, maturi, in viaggio di nozze, felici di poter trascorrere del tempo a Ragusa. Avevano cenato con degli amici, si erano dati appuntamento per il giorno successivo per visitare un mercatino dell’antiquariato. E’quell’appuntamento che ha salvato loro la vita. Conoscendo la loro puntualità, gli amici vedendoli tardare sono andati in albergo e hanno insistito per farsi aprire la porta”. I coniugi Urbano erano svenuti, a terra. Soccorsi e assistiti “in modo ottimale dall’ospedale di Ragusa in prima battuta e poi dalle altre strutture”, si sono ripresi.

Dalla denuncia agli atti, al consulente della procura, il professor Vagliasindi. L’avvocata ricorda che le indagini non sono partite dalla struttura, perché si rilevarono “concentrazioni elevate a livello del pozzetto di scarico, dalla tubatura che parte dalla rete fognaria esterna. “Il perito ritiene non possibile che il monossido di carbonio si sia formato lì e sia risalito fino alla stanza” occupata dai coniugi, “impossibile la risalita per la natura del gas e la presenza di un sifone”. Si indaga anche sul garage, ma ancora esito negativo e poi si passa all’albergo.

E sarebbe nelle due caldaie, installate nel 2014 e nel 2016, per il perito Vagliasindi, che si rileva cattivo funzionamento – secondo quando riportato da Pipicella -; studiando il percorso di emissione e ritorno dei fumi e sfiati, “i manufatti di raccordo sarebbero insufficienti e lo sfiato non coerente con la portata” e aggiunge che “con impianti idonei, sempre per Vagliasindi, fumi e condense sarebbero state neutre”, concludendo che l’impianto non fosse stato realizzato a regola d’arte. L’avvocata di parte civile sostiene che tutto poteva essere evitato con la diligenza prevista dalla norma e la garanzia la dovevano fornire progettisti, manutentori e titolare della struttura. Un comportamento che denoterebbe “sciatteria”, perché anche il titolare della struttura l’1 agosto era rimasto gravemente intossicato nella stessa stanza per un avvelenamento da monossido che lo ha portato a rischiare la vita. “Nessun allarme?  Nessuna preoccupazione per ospiti e dipendenti?” .

Per l’avvocata sarebbero mancati rigore e diligenza. In conclusione chiede la condanna degli imputati, 100.000 euro di provvisionale a fronte di una richiesta di risarcimento da un milione di euro per ciascuna delle parti civili, e una declaratoria di provvisoria esecuzione per le disposizioni civili. Il collega Carmelo Scillia, per Oreste Urbano, sottolinea anche lui il grave danno occorso alle parti civili ma rileva nuovamente  l’intossicazione da monossido patita da Gulino. Fu Gulino stesso a pensare che l’intossicazione derivasse “dal cattivo funzionamento della sua autovettura” rimarcando in questo modo, la poca attenzione invece nei confronti della struttura.  Scillia si è poi allineato nelle conclusioni, alle richiesta di Pipicella.

La prima stoccata alla tesi dell’accusa arriva dall’avvocato Massimo Garofalo, per la società Antiqua hotels Group s.n.c. – responsabile civile – il cui legale rappresentante è Giuseppe Greco. “Nessuna condotta omissiva da parte di Gulino. “Mentre lui era in ospedale i vigili del fuoco avevano esaminato la struttura, dando il via libera per la prosecuzione dell’attività. Dal 1 agosto al 27, e per tutto il tempo precedente l’1 agosto, nessun problema.”. Garofalo ricorda che inizialmente era stato indagato un tecnico per lavori alla fognatura che si stavano effettuando per conto del comune di Ragusa; “da lì viene il danno eppure, è uscito dal processo”.

Contestati anche gli importi dei risarcimenti dovuti a “suggestioni” che seppur emergenti dalla vicenda umana, non sarebbero realistici. La signora sarebbe uscita dall’ospedale 7 ore dopo il ricovero  e il marito un giorno dopo, per altre cure, e non in pericolo di vita. L’avvocato della Antiqua hotels in conclusione chiede il rigetto della richiesta economica perché non ne sussistono gli elementi e punta il dito contro la Procura disattenta nel non mandare a processo l‘impresa che ha eseguito i lavori nella fognatura esterna all’albergo, per conto del comune, e l’ufficio tecnico dell’ente.

E’toccato poi alla difesa di Minardi, con l’avvocato Gaetano Barone. La ricostruzione dell’accusa “è smentita da elementi istruttori inconfutabili” e non è stata garantita la difesa dal momento che Minardi fino al 2019, alla conclusione delle indagini “non è stato mai coinvolto in tutti gli accertamenti tecnici irripetibili che invece coinvolsero altri soggetti” che non finirono a processo. Insomma, “è mancato l’avviso al difensore perché mancava l’indagato! E l’unico accertamento effettuato, per queste ragioni, non è utilizzabile”.

Si tratterebbe di una grave limitazione del diritto alla difesa. Barone ha poi proseguito sostenendo che l’intervento progettuale di Minardi si era concluso nel 2008 quasi 10 anni prima rispetto ai fatti contestati, con l’apertura della struttura; una prima caldaia venne sostituita nel 2014 e la seconda nel 2016. Anche lui sottolinea la “carenza istruttoria e di indagine gravissima, dal momento che i vigili del fuoco non solo esclusero il coinvolgimento della stanza 13” dove si verificò l’avvelenamento sia di Gulino sia dei coniugi Urbano “ma evidenziarono all’esterno, nel chiusino numero 4 una concentrazione di monossido molto elevata oltre al danneggiamento di un sifone.

Starebbe lì, l’origine del danno” che sarebbe stato procurato da lavori esterni all’albergo ed eseguiti da una ditta appaltatrice per conto del comune di Ragusa. Questa parte di inchiesta venne archiviata – dice Barone – “e le parti civili non si sono opposte”, ma fu “la rottura del collo d’oca di quel sifone a provocare la risalita del monossido”. Per il suo assistito chiede quindi l’assoluzione perché il fatto non sussiste e per non averlo commesso.

L’avvocato Fabrizio Cavallo ha sostenuto, con il collega Carmelo Di Paola, la difesa di Angelo Gulino. “Non ha violato alcuna norma; secondo il pubblico ministero è responsabile del fatto che pur essendo consapevole che nella sua struttura ci fossero esalazioni, non ha adottato le giuste cautele affinché l’evento non si verificasse”. Non rilevanti le consulenze e da cosa derivasse il danno, provoca Cavallo; “se questa è’l’imputazione l’attenzione deve andare non sulla causa ma sulla prevedibilità dell’evento”. Per arrivare all’ipotesi omissiva sostenuta dalle parti civili, sostiene Cavallo, “deve determinarsi una violazione di una regola cautelare – negligenza e imperizia – o di una legge, norma, regolamento o disciplina e Gulino non ne ha violata alcuna”.

E sulla asserita “sciatteria”, Cavallo cita lo sviluppo cronologico della vicenda: Gulino subisce lui stesso l’intossicazione da monossido l’1 agosto, verrà dimesso il 5. “Greco, socio e cognato di Gulino è anche medico cardiologo. Sorpreso dal grave malore sospetta una perdita nella struttura e nella stessa data, l’1 agosto chiama ad intervenire i vigili del fuoco, unica autorità di sicurezza nel nostro ordinamento per la rilevazione del monossido. Greco cerca di capire e indagare, i Vigili del fuoco accertano, controllano tutto il primo piano della struttura e non rilevano alcun elemento tossico o di tossicità ed è un verdetto che tranquillizza tutti: nessun rischio per gli ospiti”. Se vi fosse stato, “i vigili del fuoco avrebbero dovuto sgomberare la struttura”.

Il 7 agosto Gulino, visto che l’albergo era sicuro, imputa il suo malore ad un cattivo funzionamento della sua macchina, consegna la sua auto in officina (pronto anche a denunciare la concessionaria per il grave rischio che ha corso per la sua vita, dirà poi l’avvocato Di Paola), auto che gli verrà riconsegnata dopo il verificarsi della intossicazione del coniugi che risale al 27 agosto. “Ipotesi accusatoria infondata, non è corretto dire che Gulino nonostante sapesse, perché le autorità competenti avevano escluso ogni rischio. Il monossido proveniva “dalla frattura provocata dai lavori effettuato dal comune nel pozzetto di ispezione” e come testimoniò un vigile del fuoco intervenuto, “ il monossido arrivava dalla fognatura e non dagli scarichi interni delle caldaie”. L’avvocato Di Paola ha poi contestato tecnicamente e con fermezza le conclusioni del perito Vagliasindi che sono diametralmente opposte rispetto a quelle dei consulenti delle difese e che sono state a lungo dibattute e contestate anche in fase dibattimentale. Entrambi gli avvocati hanno chiesto l’assoluzione di Gulino

E sul “peso” delle perizie ha chiuso gli interventi delle difese l’avvocato Maurizio Catalano per Nunzio Cilia. “Vogliamo metterci in testa che tutte le prove hanno pari dignità e tutti i periti sono uguali?”, ha esordito. Cita Pitagora e Aristotele, con l’espressione “ipse dixit”. Nel processo in questione, “poco importa se le conclusioni di tre periti abbiano detto altro perché ‘ipse dixit’, lo ha detto Vagliasindi, anche se tutti la pensano diversamente da lui e tutti dicono che l’origine dei mali sia all’esterno dell’albergo. Ma le sue conclusioni vanno trattate al pari delle altre”.

Catalano ritiene evidente la carenza di imputabilità. “Cilia aveva rimontato una caldaia nuova in luogo della vecchia; è imputato per lesioni colpose, ma cosa c’entra? Non ha alcuna responsabilità nemmeno con le conclusioni fantasiose di Vagliasindi” Concluderà dicendo che “il giudice non può decidere da pitagorico o aristotelico; non può dare una sub valenza alle conclusioni di Polizia, Vigili del fuoco e dei periti rispetto a quelle del ‘perito ipse dixit’. E il ragionevole dubbio non è superabile”. Anche per Catalano la richiesta è di assoluzione per il suo assistito

LA SENTENZADopo oltre tre ore di udienza e quasi altrettante di camera di consiglio, il giudice assolve in primo grado Gulino, Minardi e Cilia dai reati ascritti con la formula “per non aver commesso il fatto”. Nessun dubbio quindi  che ci sia stato un reato ma i responsabili sono da ricercare altrove e – stando alle difese – quel filone di indagine interrotto avrebbe potuto rivelare un’altra ricostruzione plausibile di quanto accaduto

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