Brunilda, vittima di “un atto di ribellione verso la società”. E se non fosse l’ultima? Vittoria, e non solo, chiamata ad interrogarsi

Sono stati due giorni intensi, convulsi. Due giorni in cui tutti noi siamo rimasti sconvolti per quanto accaduto a Vittoria. Condanna unanime per quanto accaduto alla giovane mamma albanese di 37 anni, Brunilda Halla, massacrata con 6 coltellate alla schiena e morta davanti al portoncino di casa.
Un delitto assurdo soprattutto perché assurdo è il motivo: non c’è un motivo. O meglio, questo è quanto è emerso fino ad ora da parte degli investigatori che in meno di 24 ore hanno catturato l’assassino, un giovane vittoriese di 28 anni che, pare, abbia dei disturbi psichici.


E’ successo tutto all’improvviso, in una calda mattinata di maggio: Brunilda Halla stava rientrando a casa e prima di riuscire a girare la chiave nella toppa, uno sconosciuto le si avvicina alle spalle, e la accoltella. Un gesto efferato in una strada trafficata, in pieno giorno. Immediatamente accorrono i passanti, viene chiamato il 118. Ma Brunilda è troppo grave, muore durante il tragitto in ambulanza, praticamente dissanguata.


Immediatamente, dopo la reazione emotiva, è caccia all’assassino. I carabinieri di Vittoria e Ragusa lo individuano già dopo poche ore: è un giovane di 28 anni e, particolare ancora più raggelante, non conosceva la donna che ha ammazzato. Un delitto senza movente, dunque. Una donna uccisa senza un perché.
Il ragazzo viene subito arrestato e durante l’interrogatorio, secondo quanto riportato dall’agenzia AGI, il giovane pare avesse già un passato manifestato disturbi psichiatrici, era stato seguito da neurologi e psichiatri. Inoltre, sempre secondo quanto riportato dall’AGI, il giovane è stato negli anni vittima di un profondo bullismo e avrebbe sostenuto davanti al pubblico ministero che il suo sarebbe stato un gesto di ribellione contro la società. Quella società che, dal suo punto di vista, l’aveva bullizzato fin da piccolo. Saranno le perizie psichiatriche a stabilire se il giovane era pienamente capace d’intendere e volere al momento dell’omicidio.

Certo, se ci affidiamo alla casistica e alla letteratura criminale, il suo è senza dubbio un omicidio che tecnicamente viene definito “disorganizzato”: un delitto in pieno giorno, in una strada trafficata, alla vista di possibili testimoni. D’altra parte, un minimo di lucidità mentale sembra avercela avuta visto che è riuscito a tornare a casa, nascondere per alcune ore l’arma del delitto (che poi è stata trovata dagli inquirenti) e cambiarsi la maglietta. Ma in ogni caso, ha lasciato dietro di sé una scia di sangue difficile da cancellare, anche perché ripreso dalle telecamere di video sorveglianza della zona. Tutto farebbe pensare, ovviamente, a una persona che agisce senza grande pianificazione mentale. Ma, ripetiamo, le nostre sono considerazioni a caldo e saranno le perizie psichiatriche a stabilire se il giovane era in pieno possesso delle sue capacità mentali.
Eppure, su quella frase, su quel “gesto di ribellione verso la società”, qualcosa vorremmo dirla. Perché questo delitto ci raggela? Non solo perché ha colpito una donna che lascia un marito e due figli, morta in quel tragico modo, ma perchè quel gesto poteva essere rivolto a chiunque si trovasse lì in quel momento. Un gesto che non sembra troppo lontano, quantomeno nelle motivazioni, da quelle stragi americane che in realtà non sono troppo distanti da noi. La strage della scuola in Texas, a Uvalda, è stata compiuta anch’essa da un giovane, un 18enne.

Nel 1999 il massacro della scuola Columbine, in Colorado, venne compiuta anch’essa da due giovani e anche lì il motivo è da ravvisare, fra i tanti, in una sorta di gesto di ribellione verso la società. Un motivo delirante, certo. Ma quei ragazzi, però, sono i nostri figli. E allora dobbiamo chiederci se c’è qualcosa che non va in questa società che cresce individui paranoici e alienati. Perché l’isolamento e il bullismo, evidentemente, rendono i nostri ragazzi sempre più arrabbiati e capaci, negli anni, di compiere gesti estremi e dimostrativi per affermare una delirante idea di punizione.


E allora chiediamoci: cosa può fare la società per far crescere in armonia i nostri figli? Tanto si fa contro il bullismo, soprattutto a parole. Ma evidentemente non è sufficiente. I Comuni, quanto sono attenti a questi individui che manifestano sin dalla più tenera età problemi psichici? Quanto sono vicini alle loro famiglie, che spesso sono incolpevoli di tutto? Quando accadono questi fatti eclatanti, viene da chiedersi perché si investono così tante risorse in sciocchi eventi pubblici, votati al divertimento, che durano il tempo di una stagione elettorale e poi finiscono. Perché i Comuni non investono le proprie risorse nel potenziamento di equipe pedagogiche specializzate e nell’aiuto a famiglie che hanno figli con problemi psichici? Forse perché queste concrete azioni fanno poco rumore e portano pochi consensi elettorali? Vittoria, ma anche le altre città della provincia di Ragusa, dovrebbero in questo momento riflettere profondamente su che cosa significa investire risorse per il benessere dei propri cittadini, dei propri figli. Solo così la morte di Brunilda non sarà stata solo un’altra statistica.


Alla fine di questa vicenda resta il dolore per questa giovane mamma, una donna conosciuta per la sua serenità e integrità morale. Per il marito, un operaio albanese e per i figli della coppia, rimasti orfani. Una morte assurda, impossibile da comprendere sul piano razionale. Ma che almeno serva da stimolo a porci alcune domande su noi stessi e sulla società che ci circonda.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it