BEPPINO ENGLARO A RAGUSA

Uno straordinario evento: l’incontro, toccante, con Beppino Englaro, padre coraggioso della  sfortunata Eluana Englaro, protagonista, a sua insaputa, di un caso nazionale di coscienza.

La sala dell’AVIS è risultata troppo piccola per contenere le tantissime persone accorse per assistere all’incontro sul Testamento biologico.

L’iniziativa ha preso il via già nella mattinata di oggi con gli studenti del liceo “E. Fermi” di Ragusa, con la proiezione del film di Marco Bellocchio “la Bella Addormentata”. Una creazione artistica notevole, che si è mossa dentro i sette giorni cruciali di Eluana, ossia gli ultimi. Un film molto elegante, non ideologico. Semplicemente, un gran bel film. 

Eluana Englaro è morta nel febbraio del 2009, allora non c’era una legge e tutt’ora non c’è, una legge che intervenga in situazione delicate ed eticamente rilevanti come quella dello stato vegetativo.

Ma se una legge non è stata ancora varata di certo la spinta dal basso delle persone e dei cittadini ha permesso di attenzionare la tematica di oggi.

Così ha presentato il dibattito il moderatore, il giornalista Angelo Dinatale.

Subito dopo, Luciano Di Natale, padre di Sara, una ragazza che il 7 febbraio del 2006 ha iniziato, di fatto, la sua nuova “vita” in stato vegetativo.

“Una condizione di ambiguità: non sei morto, ma vivi una “vita” ORRIBILE”. E’ necessario prevenire queste situazioni, lo Stato deve intervenire con norme per dare risposte certe. Sono certo che se mia figlia avesse avuto la possibilità di esprimere la propria volontà, io e mia moglie, non ci troveremmo a parlare di questo…. Lo stato vegetativo è un orrore, una barbarie.”  

La gestione dei pazienti con disturbi cronici dello stato di coscienza pone, oltre ai problemi di natura medica, importanti questioni etiche e legali. Ecco perché nei casi di Stato vegetativo perdurante si dovrebbe partire esclusivamente dal rispetto della volontà del paziente stesso presa, ovviamente, prima dell’evento con la stesura del testamento biologico. I testamenti biologici servono a prevenire l’accanimento terapeutico “.

Il sindaco di Ragusa, Federico Piccitto, ha voluto sottolineare: “E’ necessario soffermarsi a riflettere su una tematica così delicata. La nuova amministrazione ha voluto riprendere un percorso che era già iniziato, condividendone la natura e l’obiettivo, infatti, a dicembre il registro del testamento biologico diventerà operativo. Le persone devono avere il diritto ad autodeterminarsi per affermare la propria volontà”.

Il commissario dell’Azienda Sanitaria, Aliquò: “ Il silenzio, durante l’intervento del prof. Dinatale, ha significato quanto sia forte il tema di oggi. Siamo in una società che è divisa sempre a metà: da una parte c’è chi vuole l’accanimento terapeutico, ma c’è chi non lo vuole.

Mi viene di pensare alla legge Basaglia, la 180, quando con essa si chiusero le istituzioni totali, dette manicomi, anche allora ci si divise. Dopo trent’anni, abbiamo metabolizzato quel cambiamento e, con l’integrazione di quelle persone in strutture decisamente diverse, se oggi ci proponessero di riaprirle, diremmo che sarebbe un’eresia. Probabilmente tra qualche decennio parleremo traendo le stesse considerazioni. Chiedo al sindaco di questa città di andare avanti senza lasciare nessuno indietro.

Dobbiamo fare “lobby”, nell’accezione positiva del termine di per non lasciare sole le persone.

L’ASP di Ragusa sta cercando di dare e fornire prestazioni e servizi sanitari efficienti, all’altezza delle richieste; infatti con l’istituzione del SUAP, un luogo non certamente allegro, che ha un occupazione di persone del 100%, ci sono anche bambini. con il lavoro dei medici, degli infermieri e di tutto il personale,  che viene svolto con una motivazione e un trasporto più forti, si assistono queste persone in stato vegetativo.

Ragusa, anche in questa circostanza, può essere, ancora una volta, un esempio per la Sicilia e fare da apripista. Noi, come Azienda, faremo la nostra parte.” 

La vicenda di Beppino Englaro, ha appassionato e diviso, per anni, l’Italia:

“La mia è stata una battaglia durata 17 anni per affermare il diritto di non portare Eluana in una condizione clinica estranea al modo di concepire l’esistenza che lei aveva molto chiaro, pur nella sua giovane età. Prima del suo incidente, circa un anno prima, era andata a trovare un suo amico che versava nelle stesse condizioni nelle quali si sarebbe ritrovata lei. Avendo percepito questi pericoli, ossia le evoluzioni che può avere la rianimazione ad oltranza in certi casi, essendosi espressa anche in casa, perché se ne parlava sempre, di morte, vita, e dignità della persona, noi abbiamo solo dato voce a quello che voleva lei: questa è la nostra rivendicazione.

La presenza, oggi in questa sala, di tante persone, mi conferma che l’opinione pubblica è bene informata, rispetto a quando ho cominciato io a muovermi. Adesso la gente vuole sapere. Grazie anche a questa vicenda la gente si cautela, dà la propria disposizione, e poi c’è una sentenza della magistratura, della Corte Costituzionale che parla in modo molto chiaro.

Noi abbiamo vissuto un calvario, il Parlamento, prima che scoppiasse il caso di Eluana, non aveva mai legiferato come avrebbe dovuto, nonostante i ripetuti appelli della stampa. E’ intervenuta la magistratura, la quale non poteva non rispondere alla domanda di giustizia del cittadino e ha risposto, infatti, lo ha fatto con scrupolosità. Sono loro, sono stati loro, o meglio alcuni rami del parlamento, Formigoni, Sacconi, Berlusconi che, di fronte alla risposta della magistratura, hanno sollevato un conflitto di attribuzione, parlando di sentenza creativa, come se la magistratura non avesse voce in capitolo.

Loro hanno sollevato questo conflitto assurdo che di fatti la Corte Costituzionale, dopo, ha giudicato inammissibile.

Bisogna ritrovarsi in certe situazioni, per capire bene. Qui è in gioco la coscienza comune: altri accettano queste condizioni, a differenza di Eluana, di come la vedeva lei, la vita. Ma è una vicenda che non va contro nessuno, la nostra: noi abbiamo rispetto delle persone e dei convincimenti della gente, punto.

È una questione interiore, nient’altro, e di fatti la magistratura stessa, prima di emettere la sentenza, ha voluto sapere i convincimenti etici, confessionali e filosofici della ragazza. Questo il punto. Credo che le famiglie non hanno bisogno di me, delle mie informazioni. Ciò che ha sorpreso è stato il nostro modo di muoverci: noi avevamo un modo di concepire la cosa diametralmente opposta a quella di allora, ma il clima culturale per fortuna adesso è diverso, la magistratura si è allineata alla Costituzione, che prevede “l’inviolabilità della persona e della sua dignità e libertà”. Anche questo va rispettato, come l’idea religiosa della sacralità umana, spesso sventolata. Eluana aveva le idee molto chiare sulla sua vita e noi abbiamo rispettato questa volontà. C’è una lettera di Eluana, risalente a un mese prima dell’incidente nella quale è evidente il rapporto che avesse con noi, con la sua famiglia: un rapporto basato sul rispetto e sull’aiuto reciproco. Noi l’abbiamo applicato”.

Luigi Rabito, direttore dell’U.O. C.  di Rianimazione dell’ ASP 7, è stato molto preciso nel per far comprendere la differenza tra “coma vegetativo”, che è una diagnosi clinica ed  una condizione non dove la legge non interviene, e lo stato di morte cerebrale che ci mette davanti un cadavere a cuore battente, in questo caso la legge interviene, quindi ci viene incontro. E’ un paziente che non dev’essere più curato.  

Significativa la presenza di SE il vescovo di Ragusa, Mons Paolo Urso.

Il dibattitto è proseguito con altri interventi.

g.m.

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