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ARLECCHINO
12 Feb 2014 06:56
Premessa “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.” Osacar Wilde
Durante il Carnevale ci si copriva il volto con delle maschere come difesa contro le potenze diaboliche ostili, perché il futuro raccolto fosse abbondante.
Esistevano tracce del Carnevale già presso la civiltà babilonese e quella egiziana, come rito propiziatorio in favore della fertilità.
I Romani e i Greci in questo periodo celebravano Bacco, il dio del vino, con abbondanti libagioni.
Durante l’Impero romano, all’inizio di gennaio, veniva eletto il “Principe del Carnevale”, un uomo che conduceva una processione su un carro: su questo carro vi erano le immagini delle divinità, delle statue nude e delle ragazze seminude che cantavano delle canzoni volgari e che invitavano alla piacere sessuale, alla lascivia. Difficilmente un cristiano dell’epoca avrebbe potuto partecipare al Carnevale.
Con la conversione di Costantino che dichiarò il cristianesimo religione di stato, il Carnevale fu abolito. Ma riapparve più tardi, legato ad una festività religiosa, in seno alla Chiesa cattolica. Inizialmente la Chiesa si oppose con fermezza a questo costume pagano, ma alla fine accettò il compromesso: solo chi avesse compiuto tutte le prescrizioni e le privazioni della Quaresima, poteva partecipare al Carnevale.
Presso le popolazioni arcaiche, portare una maschera significava essere posseduti da uno spirito, oppure difendersi da una possessione. Esistono leggende che risalgono al periodo neolitico, che legano la fecondità e la fertilità alla reincarnazione delle anime. Visto che si pensava che nell’aldilà tutto fosse a rovescio, durante il Carnevale ci si metteva i vestiti a rovescio, e mascherandosi si invitavano gli spiriti e le anime trapassate a visitare i villaggi. Si dava loro la possibilità di fare bagordi in cambio di abbondanti raccolti.
Le credenze ancestrali sono lentamente scomparse dalla nostra mente, ma la festività del Carnevale, in tutti i suoi aspetti, rimane permeata di rituali mitici.
Anche le maschere che hanno un’apparenza innocente, in realtà rivelano il loro carattere occulto. Facciamo due esempi: Arlecchino è l’espressione della vitalità dell’aldilà con tutti i suoi splendori e le sue ricchezze; Pierrot è un ragazzo che, essendosi mascherato, è stato trascinato nell’altro mondo. Vi ha lasciato l’anima e dunque possiede questo sguardo stralunato, assente, quasi fosse un fantasma.
Il mascherarsi nella nostra epoca, rappresenta un modo per uscire dal quotidiano, disfarsi del proprio ruolo sociale, negare sé stessi per divenire altro. Il Carnevale è la festa di tutti, grandi e piccini perché anche i grandi, in questo periodo, diventano bambini. Si balla, si canta, si lanciano coriandoli e stelle filanti; si mangiano dolci tipici come le castagnole, le chiacchiere, le frittelle e le frappe ed e’ diventata un’occasione di divertimento e di allegria da passare in compagnia.
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Pare che la più antica maschera di Carnevale sia Arlecchino. Le sue origini sono remote, da ricercare nelle leggende medioevali. Il suo costume famosissimo e tradizionale è composto da una maschera nera e fiammante e un vestito fatto di losanghe lucenti multicolori.
E’ una maschera lombarda, originaria di Bergamo e appartiene alla commedia dell’Arte. Arlecchino rappresenta la cultura veneziana così come Pulcinella rappresenta quella campana. E’ il fortunato emblema della comicità ed è un servo-facchino scaltro che cerca di spillare quattrini a padroni avari e stupidi.
Secondo un’altra versione, Arlecchino sia stato al servizio di un avarissimo speziale che lo vestiva con le toppe dei propri abiti sdruciti. Durante il periodo della Commedia dell’Arte nella quale le Maschere Italiane ebbero un pubblico europeo, gli attori che impersonavano Arlecchino, la popolare maschera lombarda, la trasformarono conservando la maschera nera e il berretto bianco, ma sostituendo all’antico abito rappezzato con un elegante costume nel quale le toppe dei tempi poveri sono vagamente ricordate da losanghe a colori alterni, ma ben disposte.
Le sue doti caratteristiche sono l’agilità, la vivacità e la battuta pronta;il suo principale antagonista è Brighella che, come dice il nome, è attaccabrighe e imbroglione, ossequioso con i potenti e insolente con i deboli.
Ha una notevole ricchezza espressiva, è afflitto da una fame cronica ed è amorale.
E’ una maschera ancora viva e vitale grazie anche alle moderne rappresentazioni del Goldoniano “Arlecchino, servitore di due-padroni”.
“Tutto ciò che è profondo ama mascherarsi; le cose più profonde odiano l’immagine e la similitudine” Friedrich Nietzsche
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