Al via il Vittoria Jazz Festival con Mario Deidda e Gegè Telesforo

E’ stata un’apertura elegante, divertente e di alta musica quella che hanno offerto ieri il trio di Dario Deidda e Gegè Telesforo per l’apertura dell’undicesima edizione del Vittoria Jazz Festival.
Dario Deidda ha dimostrato per intero il suo talento, non a caso il musicista salernitano è risultato vincitore per l’ottavo anno consecutivo del Jazzit Award come miglior bassista italiano. Nella suggestiva cornice di piazza Henriquez ha presentato il suo ultimo lavoro “My Favourite Strings” prodotto insieme a Gegè Telesforo, altro musicista che non ha bisogno di presentazioni per la sua decennale collaborazione con Renzo Arbore.
I due musicisti hanno conquistato la platea con l’esecuzione dei brani che compongono , compongono “My Favourite Strings” caratterizzato dallo scarno tappeto ritmico creato dalle essenziali percussioni di Gegè Telesforo sul quale Dario disegna, con i suoi strumenti, tutto l’impianto melodico e armonico di questo progetto più unico che raro. Il repertorio spazia dallo stile “manuche” di Bye Bye Blues, passando per lo swing irresistibile di Air Mail Special di Benny Goodman, fino al groove ipnotico di un nuovo arrangiamento di Freedom Jazz Dance. E’ stato un concerto innovativo, carico di passione che si è arricchito anche della perfomance del direttore artistico Francesco Cafiso salito sul palco per chiudere il concerto in un tripudio di applausi.
Giusto il tempo di assaporare la prima serata di jazz che oggi è in programma un altro concerto cou un musicista virtuoso come Roberto Tarenzi, pianista dal talento puro, che presenta il suo ultimo lavoro “Love and Other Simple Matters” insieme al trio che ha nel sassofonista Rick Margitza la sua punta di diamante, oltre a Roberto Pistolesi alla batteria e Ameen Saleem al basso.
Le undici tracce di “Love and Other Simple Matters” che animeranno il concerto di domenica mettono in chiaro le intenzioni di Roberto Tarenzi: uno stile corposo e duttile, in grado di alternare leggerezza e impeto e di dialogare con la sterminata letteratura che il formato del piano trio ha prodotto nel corso di oltre un secolo di jazz.

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