“Affacciati alla finestra amore mio”. Benvenuta Morena. E i parenti la guardano dalla finestra

“Affacciati alla finestra amore mio” recita una nota canzone.
Pochi giorni fa, presso l’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, è venuta al mondo la piccola Morena. Come lei, e prima di lei, tanti bimbi sono venuti al mondo in questi mesi di lockdown.
Abbiamo letto e vissuto indirettamente tante storie: padri che hanno dormito in auto, nel parcheggio dell’ospedale, in attesa di una telefonata, quella telefonata che annuncia il più bel messaggio che una persona che si appresta a diventare genitore potrà mai sentire: “È nata!”. E giù via di singhiozzi e lacrime.
Padri che si ritrovano piccoli, fragili di fronte ad un miracolo così grande.
Madri che si riscoprono più forti che mai, sole in quella stanza d’ospedale, senza mani da stringere, fra dolori inenarrabili, pianti, paure e amore, puro immenso e folle amore per quella creatura che hanno portato in grembo per nove mesi, che hanno protetto e amato senza condizioni, alla quale hanno sussurrato parole di conforto, cantato ninne nanne, raccontato di una pandemia che insieme avrebbero superato.

Ed è stato così anche per lei, piccola Morena, che ha deciso di nascere alle 7.45 di un fresco Giovedì di Maggio, il 21 precisamente, quando il mondo fuori aveva già ripreso a pulsare, frenetico, nascosto dietro mascherine, guanti e gel igienizzanti, quasi come se nulla fosse accaduto.
Un mondo stordito, ma vivo.
Come la sua mamma e il suo papà, che tanto avevano sognato di vivere quel momento, stretti in un abbraccio senza tempo, e non con il timer: “È ora di uscire”, perché non c’è posto in sala parto per i neo papà, l’emergenza non è ancora rientrata.

E così, mentre le madri rimangono ad accudire i loro piccoli, tra la stanchezza e una ferita che brucia, alla scoperta di pannolini da cambiare e di poppate a qualunque ora, i padri, allontanati da ciò che di più caro hanno, si rimboccano le maniche, indossano la loro mascherina, e proprio come dei supereroi (alle prime armi), si apprestano a fare la loro parte, al meglio delle loro capacità, in giro per uffici e negozi, a firmare documenti, ritirare regali, passeggini e tiralatte, un pranzo al volo, niente caffè, c’è voglia e bisogno di dormire, perché il mondo ha ripreso ad andare veloce, troppo veloce, e le emozioni corrono…Non gli stai dietro, ma ci stai dentro e ti gira tutto.
E intorno non senti altro che “Auguri!”, ma la tua bimba l’hai vista solo per pochi minuti, e non sai più se sia successo veramente, se le hai parlato guardandola finalmente negli occhi o se anche questa volta lo stai solo immaginando. Ma poi, la vedi lì, tra le braccia della mamma, della tua compagna, affacciata a quella finestra che si prende tutto, le tue emozioni, le tue ansie, la tua gioia, e ti restituisce impazienza, curiosità, nostalgia. 

A casa tornano da soli questi papà, figli del lockdown, confusi, distratti, con lo sguardo perso nel vuoto. Comprano palloncini e fiori, preparano la cameretta della bimba, per tenersi occupati, per dimostrare il loro amore, per dire "sono qui, anche se mi hanno tenuto lontano da voi, ci sono, non vi sono mai stato così vicino come ora".

E finalmente quel giorno è arrivato: Morena è pronta per essere dimessa, la madre sta bene. Papà è in trepida attesa: chiude la porta di casa e questa volta sa che quando tornerà non sarà più come prima, sarà molto meglio, anche se ancora non lo sa, anche se ancora non lo riesce a concepire. 

Benvenuta al mondo piccola Morena. Auguri Piero, auguri Loriana. 
articolo di Roberta Brugaletta 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it