Sbarca a Pozzallo e si trova davanti il carceriere che lo aveva sequestrato, violentato e ridotto in schiavitù: lo denuncia e lo fa condannare

E’sbarcato a Pozzallo e non appena arrivato all’hot spot nel sollievo di essere vivo per ricominciare una nuova vita, gli si è gelato il sangue: davanti a lui il suo carceriere. Un incubo che sembrava non avere fine. Chiede di parlare con la Polizia, trova ascolto nella Squadra mobile, un ascolto attento e qualificato, e la polizia inizia ad indagare.  Era stato sequestrato, acquistato e rivenduto come una merce, violentato, abusato, seviziato, ridotto in schiavitù. E i riscontri arrivano assieme alle testimonianze.

Oltre ogni orrore

Oltre ogni orrore, oltre a ciò che è possibile immaginare e sopportare. Questo giovane uomo racconta tutto quello che i carcerieri gli avevano fatto, non solo privandolo della libertà ma anche della dignità umana. Legato mani e piedi con corde e stracci, appeso e picchiato con bastoni e tubi di gomma. L’acqua? I suoi carcerieri la prendevano dal water e gliela facevano bere. Con pudore, in aula, perché il suo aguzzino è finito a processo, con gli occhi bassi e chiedendo scusa alle giudici, donne, perché per loro rispetto, non vorrebbe raccontare i dettagli delle violenze sessuali e delle torture che ha subìto, parla, racconta tutto, affiancato dall’avvocata Liliana Battaglia. Sessualmente abusato e ripreso con il telefonino per ricattare la famiglia, per metterla sotto pressione, era riuscito a partire dalla connection house in Libia, perché la sua famiglia aveva fatto di tutto per racimolare i soldi necessari alla sua “liberazione”, fino a consegnare ai seviziatori 9000 euro.

Le immagini dei soprusi nel cellulare dell’aguzzino

Nei riscontri anche le immagini, che con tronfia arroganza quel carceriere teneva nel suo telefono. Il processo viene celebrato con rito abbreviato davanti alla Corte di Assise di Catania. Udienze sofferte e dolorose in cui ad orrore si aggiunge orrore. L’aguzzino viene condannato a 20 anni di carcere oltre alle spese processuali e di mantenimento in carcere: associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, tortura, sequestro a scopo di estorsione. Cinquantamila euro alla vittima, che sta cercando di ricostruire la sua esistenza. A tutela dell’incolumità della vittima, si omette qualunque riferimento che possa fare risalire alla sua identità e nazionalità. Ora il tempo per dimenticare, cancellare umiliazioni e violenze, per continuare a vivere. L’immagine a corredo di questo articolo è generata con Ai.

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