Sanremo e l’importanza della parola tra rap e linguaggio violento

«Sei proprio una femminuccia. Se esci con le tue amiche ti mollo. Sembri una tr**a. Ma sei gay?» sono frasi che risuonano, ancora oggi, nelle parole quotidiane di ragazze e i ragazzi. Giovani che, da una parte, conoscono la parità di genere, sanno distinguere il linguaggio inclusivo da quello violento, ma dall’altra spesso parlano e agiscono nella peggiore tradizione maschilista. Per discutere sull’importanza delle parole è stato scelto il tempio della musica italiana, Casa Sanremo.

Un dialogo attivo sul linguaggio e sull’inclusività, quello in programma per il 13 febbraio a Casa Sanremo, tra Livia Zancaner – giornalista di Radio24 e autrice del libro In Trappola – e chi vive ogni giorno a contatto con i giovani in difficoltà, cercando di dar loro una seconda possibilità. Luca Caiazzo, in arte Lucariello, è l’ideatore – insieme all’associazione CCO – Crisi Come Opportunità – dei laboratori di musica rap negli Istituti Penali per Minorenni del Presidio Culturale Permanente, ne ha fatto la sua vita.

«Sono stato tra i primi a usare un linguaggio violento nella musica perché, all’epoca, lo consideravo dirompente. Oggi, guardando il mondo intorno a noi e pensando soprattutto ai giovani, mi rendo conto che non basta più soltanto raccontare la violenza: la sfida non è più quella di rompere, ma di costruire qualcosa di nuovo, che dia speranza e che aiuti a superare gli stereotipi e la violenza. Il rap può essere un’arma positiva, una chiave per liberarsi dalle catene dei pregiudizi: quando le emozioni e le esperienze più forti e negative rimangono inespresse, diventano bombe a orologeria destinate a esplodere», commenta Lucariello, forte delle esperienze negli IPM italiani. «Nel frattempo, dovremmo riflettere sul fatto che se vivi nella violenza, scriverai e canterai di violenza. Viviamo in una società in cui il degrado è pubblico e viene mostrato come se non avesse peso né conseguenze. Chi lo racconta attraverso il rap non è da additare perché, semplicemente, utilizza una forma d’arte che ci mostra le cose per come sono».

In Trappola. Giovani, parole e linguaggio. Come liberarsi da stereotipi e modelli sessisti è un libro edito dal Sole 24 Ore e scritto dalle giornaliste Chiara Di Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner che, partendo da un’inchiesta sul linguaggio, vuole indagare su quanto siano profonde, anche nelle nuove generazioni, le radici della violenza sulle donne. Un’inchiesta che ha coinvolto adolescenti e insegnanti di tutta Italia e che riguarda scuola, famiglia, musica, social, media, lingua e sentenze che restituisce la fotografia di una generazione “in trappola”, divisa tra modelli maschilisti – come mostra anche la musica trap – e il desiderio di vivere in una società in cui le donne siano davvero libere di scegliere. E se è vero che le parole pesano come pietre, allora questo peso può essere la leva del cambiamento.

Saranno presenti anche Don Claudio Burgio e i ragazzi della Comunità Kayros, che offre percorsi di recupero e reintegrazione sociale per ragazzi marginalizzati ed Enzo Mazza – CEO di FIMI. Modera Umberto Labozzetta.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it