MANGIARE IN UN ARCO TEMPORALE DI 12 ORE: IL SEGRETO PER NON INGRASSARE?

Partiamo dal presupposto che l’impostazione della giornata alimentare debba essere altamente individuale, in quanto dipende da numerosissimi fattori, in primis la genetica, che influisce in modo determinante sulla predisposizione a ingrassare o, per i più fortunati, a mantenersi in forma senza grosse difficoltà, ma ve ne sono molti altri, tutti importanti e correlabili tra loro: età, sesso, stile di vita, attività fisica, localizzazione geografica, particolari condizioni fisiologiche (menopausa, gravidanza, allattamento, etc) o patologiche (concomitante malattia) e, ovviamente, le abitudini alimentari.

 

Detto ciò, vi è un aspetto che si tende a non prendere in considerazione, quando invece rappresenta uno dei fattori più importanti nella comprensione del proprio “metabolismo” e, in molti casi, del fallimento di una dieta seguita correttamente.

Sto parlando dell’assetto ormonale e del ritmo circadiano che vigono nel nostro organismo.

Il termine circadiano proviene dal latino circa diem, e si riferisce a un ciclo di 24 ore, durante il quale si ripetono regolarmente determinati processi fisiologici: oltre alla secrezione di ormoni come il cortisolo e alle fasi di sonno-veglia, rientrano nei ritmi circadiani la pressione sanguigna e la temperatura corporea. I ritmi circadiani sono endogeni, regolati cioè da un orologio biologico interno, che però si mantiene sincronizzato con il ciclo del giorno grazie a stimoli esogeni sia naturali sia “sociali”: la luce solare è il primo stimolo, ma la temperatura ambientale o gli orari dei pasti giocano un ruolo altrettanto importante.

 

In un precedente articolo ho già descritto il ruolo di tre ormoni strettamente connessi con l’alimentazione (insulina, cortisolo e glucagone), ma ve ne sono molti altri che regolano l’assunzione di cibo, le sensazioni di fame e sazietà, nonchè la capacità del nostro organismo di ricavare energia da ciò che mangiamo in modo efficace. Quando uno o più di questi meccanismi si altera, la prima conseguenza è il tanto indesiderato e molte volte “inspiegabile” aumento di peso. È in questi casi che si ricorre subito a diete fortemente ipocaloriche e/o sbilanciate, ottenendo così solo il peggioramento della situazione, proprio perché si causa un’alterazione maggiore dei ritmi circadiani.

L’organismo, infatti, è più furbo della sola volontà di dimagrire e, non appena percepisce la condizione di carenza alimentare, mette in atto una serie di difese metaboliche e ormonali per proteggere il suo patrimonio adiposo-energetico, e mantenere il cosiddetto ‘fat-point’ individuale.

Cerchiamo, allora, di capire perché sia così importante preservare i ritmi circadiani. In termini pratici, se conduciamo uno stile di vita disordinato (mangiando a qualsiasi ora, possibilmente anche di notte, non dormendo abbastanza e in orari che non rispettano il ciclo sonno-veglia, facendo attività fisica a tarda sera etc), è inevitabile che l’orologio biologico si alteri, innescando tutta una serie di meccanismi compensatori, per far sì che l’organismo svolga comunque le funzioni vitali e permetta di arrivare a fine giornata senza stramazzare. A faticare il doppio, però, è proprio questo intricato equilibrio endogeno, che vede modificarsi le secrezioni di numerosi ormoni, il senso di fame e sazietà, la capacità di recupero di energia durante le ore di sonno, e numerosi altri fattori. Una volta perso questo equilibrio, diventa inevitabile sviluppare stanchezza cronica, aumento ponderale e/o difficoltà a perdere peso, fino all’insorgenza di complicanze maggiori, molto spesso a carico della tiroide e delle ghiandole surrenali.

In termini di alimentazione quotidiana, solo nell’ultimo anno sono stati pubblicati diversi studi che hanno analizzato il rapporto tra periodo di assunzione del cibo e tendenza all’aumento di peso. Seppur in diversi modi, pare che i risultati di tali studi siano concordi su una cosa: mangiare in un intervallo temporale di 12 ore sembrerebbe essere correlato con il minor aumento di massa grassa. Tradotto, mangiando dalle 8am alle 8pm, rispettando una corretta proporzione dei nutrienti (carboidrati, grassi e proteine), e evitando spuntini notturni o al di fuori di questa finestra temporale, si andrebbe incontro alla funzionalità circadiana del nostro organismo, potenziandone le capacità metaboliche e, quindi, l’efficienza nel consumo di grassi e nell’utilizzo di energia, a sfavore dell’accumulo di energia stessa sotto forma di tessuto adiposo (come accade quando si mangia in eccesso o in modo del tutto sregolato, proprio perché l’organismo non riceve i nutrienti come dovrebbe e va “in tilt”, riducendo nettamente l’efficacia metabolica).

 

A conferma di questi dati, basti pensare alle longeve popolazioni delle cosiddette zone blu del pianeta, monitorate da più di trent’anni, che hanno in comune alcune abitudini alimentari a oggi invariate. In primis, mangiare sempre alle stesse ore, e nello stesso arco di tempo: 12 ore circa. Di recente, del resto, la scienza ha verificato questa ipotesi sui topi, pubblicando i risultati lo scorso dicembre su una delle più autorevoli riviste scientifiche (Cell Metabolism).

Lo studio, durato 38 settimane, è stato condotto dai ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di San Diego. Gli scienziati hanno nutrito gruppi di topi adulti maschi con quattro diverse diete, di pari apporto calorico totale, ma: una ad alto contenuto di grassi, una ad alto contenuto di fruttosio, una ad alto contenuto di grassi e saccarosio (zucchero normale), e un’altra con normali crocchette per topo. Alcuni degli animali di ciascun gruppo hanno avuto accesso al cibo quando volevano durante le ore di veglia; altri sono stati limitati a periodi di alimentazione di 9, 12 o 15 ore. Inoltre, nel corso dell’esperimento, ad alcuni topi dei gruppi con tempo di alimentazione limitato è stato concesso di “sgarrare” nei fine settimana, mangiando ogni volta che volevano. A metà dello studio, qualche topo che poteva mangiare in qualsiasi momento è stato spostato in uno dei gruppi “a periodi limitati”. Alla fine, chi mangiava (anche poco) a tutte le ore è risultato generalmente obeso e metabolicamente malato, mentre chi mangiava in una finestra di 9 o 12 ore è rimasto agile e sano, anche se di tanto in tanto sgarrava durante il fine settimana!

 

Secondo questa teoria, non sarebbe la dieta in sé, bensì il modello alimentare basato sul tempo, in grado di influenzare l’orologio biologico e, quindi, di equilibrare il metabolismo, evitando l’aumento di peso e le malattie metaboliche. Gli orari dei pasti potrebbero addirittura giocare un ruolo maggiore dei cicli di luce e buio sul ritmo circadiano, che a sua volta influenza il funzionamento di molti geni, coinvolti nelle attività ormonali e nel metabolismo. Quindi, se i topi ai quali è stato impedito di mangiare a tutte le ore non hanno sviluppato obesità e/o problemi metabolici, anche quando la dieta non è stata impeccabile, perché nell’uomo non dovrebbe accadere lo stesso? Uno dei ricercatori del Salk ha affermato: “Mangiare in un intervallo di tempo limitato non solo agisce sulla prevenzione, ma fa anche perdere peso a persone che hanno qualche chilo di troppo”. L’importante è rispettare l’orologio biologico, mangiando sempre alle stesse ore e con pasti scaglionati in 12 ore su 24: per le altre 12 si digiuna.

 

Per i più increduli… chiedete a un over 80, magro, agile e sano, a quali ore abbia consumato i suoi pasti per tutta la vita.

 

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