Vittorio Fortunato, parla la mamma affidataria: “Un altro abbandono dopo il primo?”. Il piccolo è ancora con lei

Il piccolo Vittorio Fortunato, che la madre affidataria ha soprannominato Miele per cercare di tutelarlo ulteriormente, sta bene ed è ancora con lei. Non è da solo in una comunità al Nord come aveva invece riportato l’altro ieri il quotidiano La Repubblica nel titolo di un suo articolo. Al momento, l’unica cosa certa e che siamo riusciti a verificare, è che il piccolo e la madre affidataria non sono più in Sicilia. Certamente sono ore di angoscia per la sua famiglia visto che la magistratura ha deciso che il bambino deve tornare alla madre biologica. Per questo motivo hanno avanzato ricorso. In un audio inviato al quotidiano La Sicilia, parla la mamma affidataria che, addolorata, non vuole perdere quel bambino che ormai considera suo figlio avendolo avuto in affidamento tre anni fa, quando Vittorio Fortunato aveva appena 16 giorni.

“Siamo rimasti in disparte finora per garantire la massima tutela di nostro figlio – afferma anche a nome del marito – ma crediamo sia giunto il momento di dire le cose come stanno. Nostro figlio non ha scelto di essere il protagonista di questa storia, e non gli si può chiedere di diventarne la vittima. Non gli si può chiedere di ricalcolare la sua vita, perché quando hai tre anni, tre anni sono tutta la tua vita. come si può pensare di aggiungere un abbandono a un altro abbandono. Niente di tutto questo è nell’interesse del minore. Se nessuno in questa nazione riesce a mettersi nei panni di un bambino, se nessuno riesce a tutelarlo e prevale un sistema adultocentrico a danno di un minore, allora significa che l’Italia ha fallito. Rimaniamo fermi credendo che c’è un giudice sopra ogni giudice che non fallisce mai e che vegli sulla vita di nostro figlio”.

I genitori adottivi avevano anche scritto una lunga lettera. Eccola:

C’era una volta… «C’era una volta una casetta nel bosco…» è l’inizio di una storiella che raccontiamo a cena tutte le sere. «C’era una volta una zanzarina…» è l’inizio di una storiella che ci fa compagnia sul fasciatoio mentre cerchiamo sul muro bianco l’insettino che ci ha ronzato nelle orecchie. «C’erano una volta una mamma e un papà che non dormivano mai…» è l’inizio di una storia che un giorno ti racconterò e che scrivo adesso, nel cuore della notte, distesa sul divano con te che dormi sul mio cuore. Di notti insonni ne abbiamo trascorse tante, tutte, a dire la verità, dalla prima, quando eravamo tre perfetti sconosciuti, ad oggi che viviamo in simbiosi, inseparabili. Ti svegli per toccarci il viso ed assicurarti che siamo ancora lì con te, cerchi papà, poi ti giri verso me, mi accarezzi, chiedi il latte e ti riaddormenti. Noi no, abbiamo smesso di dormire molto tempo fa quando le nostre vite sono state travolte da un mare in tempesta e le nostre bocche hanno iniziato ad inghiottire bocconi amari. Adesso sei piccolo e felice e le storielle che ti raccontiamo sono tutte allegre e a lieto fine, non sia mai che si presenti un lupo cattivo o un orco, neanche se fosse simpatico e divertente come Shrek, perché a te proprio non piacciono gli imprevisti che ti lasciano con il fiato sospeso. Sai cos’è il fiato sospeso? Il fiato sospeso è quello col quale io e papà annaspiamo da tre anni, da quando sopravviviamo appesi ad un filo sottilissimo che sembra doversi spezzare da un momento all’altro con il rischio di precipitare nel vuoto.

Quando sarai grande ti racconterò di un dolore devastante che ci ha lacerato il cuore e che in un solo giorno mi ha tinto di bianco i capelli, ci ha dato due pugni sugli occhi e uno nello stomaco e ci ha buttati con le ginocchia per terra. Protagonisti di strazianti giorni di cordoglio, immaginandoti solo in casa di estranei, piangere disperatamente dietro la porta d’ingresso, cercando la mamma e il papà senza trovarli, addormentandoti sfinito e soffocato dalle lacrime, credendo di essere stato abbandonato dalla tua famiglia, solo, in balia di un dolore troppo grande, privato dei tuoi affetti, delle tue certezze, del tuo nido caldo e delle braccia che ami tanto stringere. Disperata, ho immaginato di dover preparare per te una valigia, chiedendomi in quale indumento o giocattolo avresti potuto trovare conforto quando ti saresti sentito spaesato, la risposta è stata: nessuno! Non esiste niente e nessuno in grado di sostituire la mamma e il papà.

Ma torniamo alla nostra storia… sai cosa è successo quel giorno in cui la vita ci ha buttato a terra? È successo che mentre eravamo in ginocchio, atterrati ed apparentemente sconfitti, abbiamo scelto di credere nell’impossibile andando oltre ogni previsione umana, aggrappandoci con le ultime forze rimaste alla speranza di non doverti mai costringere a dirci addio.

La fede non ammette dubbi, è per questo che ti preannuncio il lieto fine, stai tranquillo piccolo mio, non temere, non tenere il fiato sospeso, non sarai tu a pagare il prezzo più alto per errori commessi da adulti… Lo dico prima a noi e poi a tutta l’Italia: non esiste genetica che possa replicare la potenza dell’amore che ci unisce. Sei tutto! Lo stupore e la meraviglia, le risate al parco giochi, sei il visino rosso per la febbre e la vocina che singhiozza: «Mamy, in braccio» mentre rimaniamo incollati giorno e notte finché la temperatura non scende, sei «papi, ancora baci» la mattina appena sveglio e «Mamma, mi sei mancata» quando torni dall’asilo.

Sei il sole in questa estenuante tempesta. Sei indelebile quando appoggi le tue manine sulle mie guance, mi fissi e mi dici: «Mamma, mia vita!» In questa notte, mentre ti guardo dormire e per sempre, ti dirò: «Ti amiamo infinitamente».

Mamma e Papà

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