VITTORIA: 34° CINECLUB D’ESSAI

 Giovedì 16 maggio 2013, si conclude il 34° Cineclub d’Essai. Per l’occasione, nella Sala 2 della Multisala Golden di Vittoria viene proiettato UN MILIONE DI GIORNI, film di Manuel Giliberti.

Orari degli spettacoli: 18.30 e 21.15.

Intervengono: il regista del film e gli attori Lucia Sardo, Giulia Gulino ed Emanuele Nicosia.

La proiezione viene preceduta dalla proiezione del backstage del film a cura di Andrea Di Falco.

 

Alle ore 17.30, prima del film viene proiettato il documentario LA VOCE DEL CORPO di Luca Vullo, con Evelyn Famà.

 

I film chiudono anche la Festa del Cinema, iniziata giovedì 9 maggio in tutta Italia ed anche a Vittoria (tutti al cinema a 3 euro, 5 euro per i film in 3D).

 

 

UN MILIONE DI GIORNI, film di Manuel Giliberti. Produzione Capetown film. Un cast artistico d’eccezione: Piera Degli Esposti nel ruolo della santa, il duchino Nino Frassica, Chiara Caselli in  Costanza D’Altavilla, Galatea Ranzi in Franca Florio, Mita Medici in Maria Fichera, Luchino Giordana in Caravaggio, La prostituta interpretata da  Giulia Gulino, La cameriera è Evelyn Famà, Franca Florio è Lucia Sardo mentre Il giornalista Vincenzo Crivello.

Il tutto in un sottofondo storico della Sicilia 1966. Un duchino un po’ svanito si è messo in testa di adempiere un voto paterno: raggiungere a piedi Gerusalemme. Non potendolo fare realmente, cammina ogni giorno nel giardino di casa contando il percorso compiuto seguito da Carmelina, una servetta dallo spirito brillante. Camminando le racconta delle storie che sono legate dalla presenza di un anello. Nella prima siamo nel 1197 e Costanza d’Altavilla racconta del proprio amore per il figlio Federico II pari solo al disprezzo che nutriva per il marito. Nel secondo (1608) il Caravaggio dipinge una prostituta nei panni di una santa. Nel terzo (1920) Franca Florio riflette amaramente sul passato e sulla decadenza della famiglia. L’ultimo racconto è opera di Carmelina la quale racconta dell’inizio degli Anni Sessanta e di una Santa sull’altare impegnata ad ascoltare fatti e misfatti dei fedeli che a lei si rivolgono.

Il film di Manuel Giliberti è intriso di un’intensa sicilianità da cui emergono due elementi determinanti. Giliberti è un architetto che ha sempre alternato la pratica professionale a quella di scenografo per produzioni teatrali e cinematografiche. In questo film si può verificare quanta sia la sua attenzione nel collocare le vicende in spazi che, quasi precedendo le parole, le sostengono e offrono loro un ulteriore spessore. Che si tratti degli interni in penombra del passato remoto o di un lussuoso palazzo degli Anni Venti, ogni inquadratura dispone oggetti e persone in modo tale da far risaltare il senso del tempo in cui la narrazione è collocata. Giliberti ama la terra che racconta e la conosce, sia sul piano della Storia sia su quello dell’umanità che la abita. Viene aiutato, nel mostrare questa sua passione, da attrici e attori pronti a prestazioni di carattere più teatrale (Caselli, Ranzi) o più “libere” ma sempre con un retrogusto letterario, come si può osservare nella coppia Frassica-Famà. Quel duchino surreale e quella servetta pronta alla replica formano un duo che ha un sapore quasi pirandelliano che fonde l’assurdità dell’assunto con il realismo dei dialoghi. Su tutto poi domina la Santa vivente al centro di un altare e pronta per la processione del giorno successivo interpretata da una Piera Degli Esposti dalla straordinaria ironia mimica e vocale.

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