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VECCHIO SAMPERI, NON MARSALA
05 Mar 2012 21:18
Erano gli anni Settanta e il vino Marsala continuava il suo inesorabile declino, nonostante la creazione nel 1969 della DOC Marsala. Disciplinare che effettivamente si limitò ad avvallare una situazione di fatto, senza incidere per un miglioramento complessivo del vino. Ancora oggi, nonostante la successiva modifica della DOC nel 1984 tesa a ridare una reputazione a questo storico vino siciliano, il Marsala subisce le scellerate scelte produttive dettate dall’interesse dei produttori.
Marco De Bartoli, poco dopo la nascita della DOC Marsala, prendeva le redini dell’azienda di Marsala di sua madre, sita nella contrada Fornara Samperi. Laureato in agronomia, portò una nuova concezione del vino Marsala, che si ispirava ai vini prodotti, in questo angolo della Sicilia, prima dell’arrivo di John Woodhouse e della nascita, quindi, del Marsala fortificato. L’idea di De Bartoli era quella di produrre un Marsala totalmente vergine, senza aggiunta di alcol. L’uva, insomma, doveva essere in grado di superare i 15 gradi alcolici con il proprio bagaglio zuccherino e stabilizzarsi così da solo. Per fare ciò, era necessario selezionare una varietà portata per natura a dare vini di grande struttura e di elevata gradazione alcolica, soprattutto il grillo quindi, ma soprattutto abbassare notevolmente le rese per poter concentrare maggiormente gli zuccheri.
A seguire, l’uva veniva fatta fermentare in fusti di rovere senza controllare le temperature. Il vino fermentato veniva poi sottoposto a un metodo di affinamento particolare, denominato soleras o perpetuo.
Il metodo soleras, d’origine spagnola, era stato sviluppato per garantire un prodotto costante negli anni. In pratica consiste nel miscelare vini da diverse annate in fusti di legno posti a forma piramidale. Ogni anno, dalle file di botti più vicine al suolo si estrae del vino, che comunque non supera più di un terzo del contenuto, che verrà imbottigliato. Il vuoto così formato si colmerà con del vino proveniente dalla seconda fila di botti posta sopra a quella da cui è stato prelevato il vino. Il processo si ripete per la seconda fila con la terza e così fino a giungere alla serie di botti poste in alto alla piramide e che contengono il vino nuovo. Questo metodo ha due vantaggi. Da una parte miscelando i vini delle diverse annate, si avrà sempre un prodotto costante, riparando il caso in cui un’annata non sia riuscita particolarmente bene. D’altra parte si ottiene un vino olfattivamente complesso grazie al vino vecchio, ma allo stesso tempo con buona componente acida proveniente dal prodotto più giovane.
Marco De Bartoli decise di proposito di non etichettare questo prodotto come Marsala. L’intenzione era quella di allontanare il Vecchio Samperi dall’immaginario dei vari Marsala. Chiamò il suo prodotto con il nome di Vecchio Samperi dalla contrada in cui si trovano le vigne da cui nasce questo vino.
Questa scelta così coraggiosa di De Bartoli, gli procurò però non pochi problemi. Dal 1996 al 2000 ci fu un processo nei suoi riguardi, giacché si credeva impossibile che i suoi vini potessero raggiungere i 17 gradi senza alcuna aggiunta di alcol o mistella. Venne così accusato di manipolare i vini da lui prodotti con qualche sofisticazione d’accertare. Dopo quattro anni d’investigazioni si giunse alla totale assoluzione, riconoscendo l’inattendibilità delle accuse. Nonostante l’assoluzione, questo caso costò a De Bartoli molte spese e tante delusioni, nonché i sigilli nella cantina e quindi il blocco della produzione per la durata del processo. D’altra parte, però, mise a nudo ancora una volta l’enorme degrado qualitativo che aveva raggiunto il Marsala, al punto che si era persa le memoria del potenziale del grillo se allevato a dovere, sacrificando la quantità, che ovviamente ne diminuisce il potenziale alcolico, per la qualità.
Oggi il Vecchio Samperi viene considerato, soprattutto dal mercato britannico, il miglior esempio di vino Marsala, sebbene non si fregia della DOC Marsala.
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