UN MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHE FA PROPRI GLI INTERESSI DEI PETROLIERI

“Il Governo Renzi ha un problema con i pasdaran pro-trivelle del Ministero dello Sviluppo Economico che, favorendo il più clamoroso conflitto istituzionale oggi in atto (con 10 Regioni che hanno promosso 6 referendum), interpretano in maniera distorta e riduttiva il ruolo del Ministero, facendo proprie le valutazioni di Assomineraria e gli interessi dei petrolieri e non difendendo, con altrettanta forza, gli altri settori economici consolidati strategici per il Paese (turismo e pesca)”.

Inizia così il comunicato diffuso oggi da WWF, Legambiente e Greenpeace Italia, che chiedono il rigetto definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina Mare) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra.

Le associazioni denunciano inoltre “una grave distorsione nell’operato del Ministero dello Sviluppo Economico, che sostiene e attua politiche di retroguardia in una difesa d’ufficio dei combustibili fossili, contro le scelte energetiche imposte dagli impegni assunti dall’Italia per la salvaguardia del clima: promuovere le energie rinnovabili, il risparmio e l’efficienza energetica per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C.

Lo ricordano gli ambientalisti, segnalando 4 peccati originali a conferma della loro valutazione:

  1. Il 23 dicembre il Governo ha dovuto cambiare le norme, volute dal Ministero dello Sviluppo Economico, con le quali si stabiliva la strategicità per legge delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi da autorizzare con iter semplificati e super accelerati che emarginavano le Regioni. Con quelle norme si facevano salvi non solo gli atti abilitativi acquisiti, ma anche i soli procedimenti connessi e conseguenti in corso sino alla fine di giugno 2010 nell’area off limits delle 12 miglia marine. Il Governo l’ha fatto per disinnescare i referendum, ma quelle norme e procedure, contestate da almeno 3 anni dagli ambientalisti, erano evidentemente di dubbia legittimità.

  2. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha sempre fatto proprie pedissequamente le valutazioni e le richieste di Assomineraria, garantendo un regime di franchigie, royalty e agevolazioni tra i più favorevoli al mondo (le royalty in Italia sono al massimo al 10%, mentre negli altri Paesi produttori di petrolio vanno dal 25% della Guinea all’80% di Norvegia e Russia) sposando anche gli studi, non verificati, prodotti dai petrolieri sullo sviluppo del settore (stimando 25.000 nuovi occupati), quando il turismo nelle aree costiere messe a rischio dalle trivelle fa registrare ogni anno 43 milioni di presenze di stranieri. Il solo settore della pesca occupa, già oggi, 25mila addetti, senza contare l’indotto e la maricoltura (pesci e molluschi).

  1. Il Ministero dello Sviluppo Economico, per la vigilanza sui grandi rischi connessi alle trivellazioni, ha preteso e ottenuto l’istituzione di un comitato interministeriale e di strutture territoriali dove sono presenti dirigenti e funzionari dell’UNMIG (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministero) avrebbe invece dovuto far nascere anche in Italia una “Autorità competente” indipendente, come richiesto dalla normativa europea (Direttiva 2013/30/UE), chiaramente distinta dagli uffici del Ministero, per evitare conflitti di interesse nello svolgimento dei suoi compiti, come richiesto dall’Europa.

  2. Il Ministero dello Sviluppo Economico è refrattario a qualsiasi forma di pianificazione settoriale. Con la scusa dell’abrogazione della norme sottoposte a referendum è stato fatto anche scomparire il Piano delle aree per le trivellazioni, da sottoporre a valutazione ambientale strategica, richiesto dalla normativa comunitaria.

“L’Italia – sottolineano gli ambientalisti – per essere un Paese coerente con gli impegni assunti a livello internazionale, dopo la COP21 di Parigi, dovrebbe abbandonare le strategie pro-fossili del governo Renzi (prosecuzione diretta della Strategia Energetica Nazionale del governo Monti del 2012) e definire al più presto un Piano climatico-energetico che punti sulle energie rinnovabili, sul risparmio e l’efficienza energetica, nel quadro di una più ampia Strategia di decarbonizzazione per tutti i settori, per far fede all’impegno di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C.”

Le Associazioni ambientaliste chiedono al Governo di uscire dalla ottusa difesa degli interessi dei petrolieri e di ricondurre quanto prima il Ministero dello Sviluppo Economico al suo ruolo istituzionale.

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