Trovati i responsabili del danneggiamento alla scala dei turchi: due denunciati

Poco meno di 48 ore. Tanto hanno impiegato i carabinieri della Compagnia di Agrigento a dare un nome e cognome agli autori del raid vandalico alla SCALA DEI TURCHI di Realmonte. Gli investigatori dell’Arma hanno ricostruito quanto accaduto la notte tra venerdì e sabato scorsi quando la scogliera di marna bianca è stata deturpata con polvere di ossido di ferro.

Due i denunciati alla Procura di Agrigento per l’ipotesi di reato di danneggiamento di beni avente valore paesaggistico. I carabinieri sono riusciti a fare piena luce sull’identità degli autori del maxi danneggiamento, grazie alle immagini DEI sistemi di videosorveglianza e a una raffica di perquisizioni e verifiche effettuate fra Realmonte e Favara, passando anche da Porto Empedocle e la città DEI Templi.

A coordinare il fascicolo d’inchiesta, inizialmente aperto a carico di ignoti, sono stati il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il sostituto Chiara Bisso. I filmati della videosorveglianza hanno permesso di accertare che un furgone, un Ford Transit, è giunto di sera alla SCALA DEI TURCHI. Dal mezzo sono scese due persone trascinando DEI sacchi che contenevano la polvere di ossido di ferro. Grazie all’attenta analisi delle immagini i militari sono riusciti ad acquisire il numero di targa del furgone. I sospetti DEI carabinieri si sono subito concentrati su un uomo di Favara, già noto per danneggiamenti simili. Il rintraccio, a Favara, e l’ispezione del furgone ha permesso di rinvenire tracce di polvere di ossido di ferro. Le successive perquisizioni hanno consentito di ritrovare, all’interno DEI magazzini ispezionati, guanti sporchi della stessa polvere e “ulteriori, inequivocabili, prove”, spiegano gli investigatori.

Due i favaresi – si tratta di uomini di mezza età – che sono stati denunciati alla Procura per quello che è stato un puro atto vandalico. Nel frattempo, la SCALA DEI TURCHI – bene candidato a diventare patrimonio mondiale dell’umanità Unesco – è stata ripulita da un esercito di volontari. “La ‘ferita’ al paesaggio e alla bellezza della Sicilia è stata infatti immediatamente rimarginata”, spiegano gli investigatori dell’Arma.

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