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TRENO DELLA MEMORIA 2011: “STIAMO RECUPERANDO IL VALORE DELLA COLLETTIVITA’”
13 Feb 2011 18:25
Durante questi lunghi giorni di viaggio che da poche ore hanno portato i settecento ragazzi del Treno della Memoria a Cracovia,una riflessione è emersa fra tutte: «ci siamo riappropriati dei vocaboli “comunità” e “condivisione”».
In effetti avremo notato come in Europa siano tornati concetti antichi come quello di “piccola patria” e di salvaguardia del senso di appartenenza, ed anche una certa tendenza a distruggere ed emarginare tutto quanto ci appare “diverso”, il tutto a discapito della comunità il cui senso fa fatica a ritornare.
Il Treno della memoria sta ridando a questi ragazzi l’amore di condividere in modo spontaneo, senza le barriere e le corazze che la società impone; ora dopo ora il viaggio è diventato solo il pretesto per stare insieme e poter condividere tutto quanto di materiale ed immateriale si possiede. Non dovrebbe essere certo un viaggio in treno a ricordarci di uscire dall’indifferenza quotidiana verso quanto ci circonda e che, all’apparenza, sembra non appartenerci, eppure, il sistema sociale ha incancrenito l’uomo a tal punto da renderlo schiavo di esso e dei suoi strategici piani.
Prima dell’arrivo a Cracovia, gli educatori di Terra del Fuoco hanno proposto un’altra attività formativa, questa volta sul tema della deportazione.
Scrive Vincenzo Pappalettera, sopravvissuto ad Auschwits:«in un vagone venivano caricati circa settanta uomini. Soltanto venti potevano sdraiarsi. In realtà i tentativi di organizzazione dei turni fallivano sempre e così passavamo tre giorni e tre notti seduti l’uno fra le gambe dell’altro.[…] Ogni tanto ci alzavamo per saltellare un poco per riattivare la circolazione paralizzata dal freddo e dall’immobilità; altre volte rompevamo l’angoscioso silenzio intonando canzoni partigiane, perché cantare ci infondeva coraggio e ci teneva compagnia».
Leggere testimonianze del genere è stato un imput molto importante per i ragazzi;
è come se la stanchezza di questi giorni fosse improvvisamente svanita dando spazio nuovamente alla consapevolezza che ciò che hanno vissuto migliaia e migliaia di deportati fu davvero qualcosa di orrendo e inaudito.
Spesso, quando moriva qualcuno durante il viaggio, il cadavere veniva usato come schienale e gli altri proseguivano come se nulla fosse, nell’indifferenza e nell’inconsapevolezza della tragedia verso cui stavano andando.
“Ad Auschwits Dio è morto” – hanno scritto in tanti – ma ancora oggi, che di Auschwits ne rimane solo il ricordo, esistono ancora luoghi martorizziati e lasciati nell’indifferenza collettiva.
“ Auschwits è intorno a noi[…] dentro di noi […] fuori di noi.
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