TRENO DELLA MEMORIA 2011: AUSCHWITZ E BIRKENAU

«Oggi abbiamo visto con i nostri occhi quello che rimane di un orrore senza precedenti; questo non deve consolarci perché noi non siamo diversi da loro, perché non basta ricordare per non dimenticare. Un tale genocidio non illuderci che tragedie simili non possano ripetersi: il ventre di tali barbarie rimane fecondo».

Con queste parole i ragazzi del Treno della Memoria 2011 hanno concluso la lunga visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau dinnanzi al monumento commemorativo che così recita: “Grido di disperazione ed ammonimento all’umanità. Sia per sempre questo luogo dove i nazisti uccisero circa un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, principalmente ebrei, da vari paesi d’Europa.  Auschwitz-Birkenau 1940-1945”.

Ognuno dei settecento ragazzi ha scritto su una fascetta di stoffa nome e cognome di una delle vittime dell’Olocausto è lo ho ricordato pubblicamente, per toglierlo da quell’anonimato e da quella indegna “spersonificazione” perpetuata dal nazismo.

Un milione e mezzo di morti è una cifra che non si riesce neppure ad immaginare e rischia di diventare anch’essa un dato, un pezzo di storia senza anima; forse però, se ognuno di noi ricorda un uomo di quella vile tragedia, la memoria riaffiora più viva, più lucida, più arrabbiata.

All’arrivo ad Auschwitz I leggiamo: “ARBEIT MACHT FREI” (Il lavoro rende liberi).

Questo era l’unico accesso ai lager per i deportati; varcandolo si ha modo di osservare il complesso sistema di controllo del campo, con la doppia fila di reticolati elettrificati e separati da un camminamento di guardia.

Il campo, divenuto museo nel 1947, era diviso in otto blocchi: oggi, chi lo visita ha come la sensazione di sentirsi osservato dagli occhi di quelle foto; rimane sconcertato nel vedere gli immensi ammassi di oggetti personali di cui venivano defraudati i deportati al campo (scarpe, occhiali, pettini, foto, vestiti, ecc…).

I detenuti dormivano su paglia sparsa sul cemento: in una sala che poteva contenere 40-50 persone ne dormivano 200.

Esistevano poi: “Il muro della fucilazione” adibito ai prigionieri politici, soprattutto a quelli appartenenti alla resistenza polacca, ma in realtà vi vennero fucilati anche bambini; poi “il Blocco della Morte” che era la prigione del campo dove si consumavano interrogatori e torture; ancora “i forni crematori” dove furono uccisi i prigionieri di guerra sovietici e gli ebrei dei ghetti organizzati dai nazisti di Alta Val Sesia: qui, oggi vi si trova la forca sulla quale il 16 aprile del 1947 fu eseguita la pena di morte del primo comandante di Auschwitz: Rudolf Hoss.

Quando i tedeschi si resero conto che il campo di  Auschwitz I fosse troppo piccolo progettarono  Auschwitz II – Birkenau – circa dodici volte più grande: il treno (carri bestiame in cui venivano caricati i deportati) giungeva fin dentro il campo di sterminio. Qui i deportati dormivano in baracche di legno costruite senza fondamenta, direttamente sulla terra acquitrinosa, senza illuminazione; appena fatti scendere dai treni, i prigionieri dovevano formare due colonne: donne e bambini da una parte e uomini dall’altra: coloro che venivano ritenuti abili al lavoro venivano portati nel campo, gli altri nel campo. Poi c’erano le saune dove gli individui venivano rasati, depilati e privati di ogni cosa: l’edificio aveva anche la funzione di disinfezione dei prigionieri e dei loro abiti, viste le precarie condizioni igieniche del campo.

All’uscita dal campo ognuno di noi si è accorto di non avere avuto né fame, né sete, né freddo né altro durante quasi tutta una giornata: solo un silenzio assordante ci rimbombava in testa.

 

 

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