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Tre anni senza Daouda, scomparso nel silenzio
30 Giu 2025 16:19
Il 2 luglio 2022, Daouda Diane, 37 anni, originario della Costa d’Avorio, sparisce nel nulla da un’azienda di calcestruzzi ad Acate. Tre anni dopo, di lui non resta che un video agghiacciante inviato alla sua famiglia poche ore prima della scomparsa: Daouda è all’interno del cantiere, con un martello pneumatico, senza alcun dispositivo di protezione. Con voce ferma, dice: “Qui il lavoro è morte”. Poi, il silenzio. Il caso, all’epoca, ha scosso l’intera comunità iblea e finì per occuparsene anche il programma televisivo “Chi l’ha visto?”. Ma di Daouda, nessuna traccia.
A ricordarlo è la CGIL di Ragusa: Daouda non ha lasciato solo una famiglia. Ha lasciato una verità scomoda, soffocata tra colate di cemento, omertà e disattenzione istituzionale. Una verità che racconta di caporalato, di diritti negati, di sicurezza ignorata, e di chi ha avuto il coraggio di denunciare e per questo è forse stato messo a tacere.
IL LAVORO CHE UCCIDE
Daouda lavorava regolarmente in un centro di accoglienza come mediatore culturale. Ma per vivere, come molti altri migranti, arrotondava con lavori saltuari e irregolari. Quel giorno, ad Acate, era impiegato in nero in un’azienda che operava anche in condizioni estreme, sotto il caldo infernale dell’estate siciliana.
Era un uomo integrato, istruito, consapevole. Non stava zitto davanti allo sfruttamento: aiutava altri lavoratori stranieri, denunciava condizioni disumane nelle campagne e nei cantieri. La sua voce, forse, dava fastidio. E dopo quel video, non se ne è saputo più nulla.
IL SILENZIO DELLE INDAGINI
La CGIL Sicilia, insieme alle strutture nazionali e provinciali, continua a chiedere verità. “Ci fu un primo tentennamento nelle indagini – spiega Alfio Mannino, segretario regionale – si pensò a un allontanamento volontario. Ma chi conosceva Daouda sapeva che non avrebbe mai lasciato né la famiglia né la sua battaglia”.
Le indagini, inizialmente fiacche, oggi rischiano l’archiviazione. Nessun corpo, nessun colpevole. Solo domande senza risposta.
UNA FERITA APERTA
“È una sconfitta per lo Stato, per la giustizia, per tutti noi”, afferma Peppe Scifo del Dipartimento Immigrazione CGIL. “Daouda rappresentava tanti altri invisibili che ogni giorno rischiano la vita nei campi e nei cantieri. La sua scomparsa è uno specchio impietoso su un Paese che tollera lo sfruttamento come prassi”.
Dietro l’assenza di Daouda, c’è una moglie che attende, un figlio che cresce senza padre, e una comunità che non può dimenticare. C’è un video che grida: “Qui il lavoro è morte”. Una denuncia che pesa come un atto d’accusa collettivo.
GIUSTIZIA, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
Nel 2023, proprio ad Acate, la CGIL ha celebrato un 1° maggio dedicato a Daouda. Ma non basta una commemorazione. Serve una risposta concreta, un’indagine che scavi a fondo, un impegno politico e giudiziario che restituisca verità a questa vicenda. Perché finché non sapremo cosa è successo a Daouda, ogni giornata nei campi della Sicilia, ogni ora passata in cantieri dimenticati, sarà un rischio pagato con la pelle di chi non ha voce. E perché la vera giustizia non è solo trovare chi ha fatto sparire Daouda. È cambiare un sistema che lo ha reso vulnerabile.
Fonte: Agi
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