SUFFRAGETTE. TIME IS NOW

Bellissimo film prodotto in Gran Bretagna che ci racconta una storia quasi del tutto ignota: quella del movimento delle suffragette nell’Inghilterra del secondo decennio del XX secolo.

Già il diminutivo ci ha fatto sempre ridicolizzare, prendere sottogamba, l’impegno di queste donne che subirono il carcere, l’alimentazione forzata,  se sceglievano di fare lo sciopero della fame, la perdita della famiglia e di qualsiasi diritto sui figli.

Una di loro, Emily Davison, è morta travolta da un cavallo nel tentativo di sottoporre all’attenzione del re Giorgio V ,durante un derby, la battaglia per il voto alle donne.

Il film si conclude con i suoi funerali documentati dalle pellicole di quell’epoca.

E’ un film da portare nelle scuole, da far conoscere nell’ambito delle associazioni femminili, da far vedere soprattutto alle giovani, molte delle quali non si rendono conto di quante battaglie ci sono volute per ottenere quello che loro danno per scontato e non apprezzano.

In Inghilterra il voto alle donne fu concesso, con molte restrizioni, solo nel 1918.

La cosa più strana è che , a differenza di altri Stati Europei, ivi non vigeva la legge salica e quindi una donna poteva regnare , ma le donne non potevano votare .

Anzi le epoche più gloriose della Storia Inglese sono legati ai nomi di grandi regine e di quasi nessun re ricordiamo il nome. Chissà perché la Regina Vittoria, per esempio, non si adoperò perché le donne potessero votare.

In Italia il voto alle donne era stato concesso, solo per le amministrazioni locali, nel 1919 ma non fu mai attuato a causa dell’avvento del Fascismo nel 1922.

Il voto alle donne divenne una realtà solo nel 1945 , all’indomani di una guerra da cui Nazismo e Fascismo erano stati sconfitti,  grazie anche all’apporto delle donne.

L’elettorato femminile per la prima volta in Italia si espresse nel referendum per la scelta istituzionale tra Monarchia e Repubblica e per la designazione dei componenti dell’Assemblea Costituente, cioè di coloro che dovevano redigere la nuova Carta Costituzionale.

Alcune donne nell’immediato dopoguerra intrapresero con successo la carriera politica.  Poi abbiamo avuto un lungo periodo di latenza sulla questione femminile.

Il neo femminismo degli anni Settanta riportò alla ribalta il protagonismo femminile in politica e contribuì a far approvare diverse leggi in favore della parità e delle pari opportunità. Il dibattito promosso dal neo femmismo coinvolse anche strati dell’opinione pubblica tradizionalmente conservatori, legati ai partiti della destra, e anche la Chiesa, abbandonato il “La donna la piasa, la tasa, la staga in casa” di Pio X, con il Concilio, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II si pronunciò apertamente a favore dei diritti delle donne, e della loro necessaria incisiva presenza

nell’ambito professionale civico e sociale ,accogliendo le istanze che da tempo venivano portate avanti dalle associazioni cattoliche femminili.

Purtroppo il XXI  secolo al riguardo segna un regresso dovuto alla crisi economica che ha risospinto molte donne tra le mura domestiche per la diffusa disoccupazione che colpisce anche la forza lavoro maschile, che ha riportato in auge licenziamenti per matrimonio o maternità. Regresso dovuto anche alla mancata trasmissione alle donne delle più giovani generazioni di quei principi che animarono le lotte delle bisnonne, delle nonne, delle madri. Regresso dovuto alla crisi e alla diaspora del femminismo radical-marxista. Regresso dovuto alla riscoperta della donna oggetto da parte dei mass-media, senza che nessuno più si ribelli a questo fenomeno, come si faceva negli anni Settanta. Regresso dovuto all’emergere con molta forza del discorso sui diritti degli omosessuali che, nelle commissioni pari opportunità. ha messo completamente a tacere qualsiasi rivendicazione per le donne. Regresso dovuto all’aumento notevole dei casi di femminicidio come risposta alla presa di coscienza dei propri diritti da parte delle donne, regresso dovuto al continuo afflusso nei paesi occidentali  di migranti provenienti da paesi la cui cultura è lontana dal riconoscere i diritti  della donna, come dimostrano i gravi fatti accaduti a Colonia il 31 Dicembre scorso e le successive patenti di legittimità rilasciate ai loro autori da un Imam.

 

Laura Barone

 

 

 

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