Mancano i medici nelle Guardie mediche di Vittoria e Scoglitti. Nei mesi estivi, chi si reca nella Guardia medica per un’emergenza sanitaria trova una brutta sorpresa. Le Guardie mediche sono chiuse, non ci sono medici. Un operatore sanitario, Giovanni Mangione, soccorritore in servizio nelle ambulanze Seus 118, ha scritto al Prefetto. Al rappresentante del governo, […]
“Sto a Ragusa”, ma quanto a lungo? Tre attività finanziate: troppo poco per salvare il centro storico
18 Giu 2025 11:42
L’Amministrazione comunale annuncia con toni soddisfatti l’esito dell’avviso pubblico “Sto a Ragusa 2025”: tre progetti finanziati con un contributo di 8 mila euro ciascuno, per un totale di 24 mila euro destinati ad attività che hanno scelto, o già deciso, di restare nel centro storico superiore della città. Una somma simbolica, assegnata a poche realtà, che difficilmente potrà essere definita come una svolta per un centro che da anni arranca tra saracinesche abbassate, locali sfitti e una sempre più evidente perdita di vitalità urbana.
Eppure, nella nota ufficiale si parla di “buona partecipazione” e “crescente domanda”. Ma i numeri raccontano altro: appena una decina di domande, di cui alcune escluse o non finanziabili, e solo tre arrivate alla fine del percorso. Una goccia nel mare, se si considera che il bando è attivo da poco più dell’insediamento della prima amministrazione Cassì, e ogni anno ha più o meno finanziato lo stesso numero di attività – tre, forse quattro – con una dotazione che resta invariata. Certo, ogni aiuto è benvenuto. E “a caval donato non si guarda in bocca”. Ma quanto può incidere un contributo una tantum di 8 mila euro nel contesto economico e immobiliare del centro storico di Ragusa? In via Roma, dove i canoni d’affitto arrivano in alcuni casi a migliaia di euro al mese, non si copre neppure la metà di un semestre. In un tessuto urbano che soffre di desertificazione commerciale, scarsa attrattività e affitti fuori mercato, questi incentivi sembrano più un palliativo che un volano di sviluppo. E chi apre, spesso, lo fa investendo capitali importanti – talvolta 100, 150 mila euro – con il rischio concreto di andare a gambe all’aria entro pochi anni.
Una vetrina di buone intenzioni?
E infatti, in alcuni casi, la storia è finita così. Uno dei progetti finanziati pare sia già scomparsa. Un altro contributo era destinato a una pizzeria in centro storico: tra affitti elevati e costi di avvio, il locale non ha mai aperto i battenti. Anzi, proprio accanto, un noto locale ha annunciato che chiuderà entro l’estate 2025. Insomma, più che un progetto di sviluppo, il bando rischia di trasformarsi in una vetrina per buone intenzioni. Che però non bastano.
È legittimo che un assessore, come fa Massari anche in questa nota alla stampa, voglia difendere i risultati del proprio operato. Ma chiamare “sviluppo economico” ciò che nella sostanza è un intervento sporadico, rischia di apparire come un esercizio di retorica più che un reale cambio di passo. Le imprese che ancora resistono nel centro storico lo fanno più per ostinazione che per incentivo. Senza un progetto culturale, commerciale e identitario che ridia senso al centro come luogo da vivere, e non solo da attraversare, sarà difficile invertire la rotta.
E invece si moltiplicano le sagre della scaccia (due in programma a breve), i progetti di valorizzazione del marchio Deco o del futuro DOP per il pane di casa degli Iblei. Nulla di male, per carità. Ma da soli, questi strumenti non bastano. Anche perché, mentre si celebrano i piccoli contributi, in consiglio comunale si aprono fronti polemici ben più accesi. Le scacce vanno bene, ma da sole non tengono in piedi un quartiere. E chi oggi ha davvero una visione d’impresa fatica a scommettere su una zona dove, purtroppo, si sopravvive più che si investe.
Il punto, allora, non è negare il valore simbolico del bando. È capire se davvero basta. Perché se ogni anno finanziamo tre attività con 8 mila euro, e continuiamo a non interrogarci su chi vivrà e lavorerà ancora nel cuore antico della città tra cinque o dieci anni, allora stiamo solo rimandando un fallimento annunciato. E forse – più che annunciare traguardi – la politica dovrebbe iniziare a farsi qualche domanda in più.
Foto: repertorio
© Riproduzione riservata