Si chiamava Rahman il giovane deceduto a bordo della Sea Watch 5: identificato il corpo

“Abbiamo identificato il corpo di Rahman”. Inizia così il messaggio ricevuto stamattina su whatsapp da Terres des Homme Italia che ha deciso di condividere sui canali social, il suo grido di dolore. Il giovanissimo Rahman era arrivato cadavere a Pozzallo; soccorso in mare dalla Sea Watch 5 , era morto a bordo della nave nonostante i tentativi di stabilizzare le sue condizioni e di rianimarlo. Non servono altre parole, basta il commento di Terres des Hommes Italia, del team che opera a Ragusa. Era di Rahman, “quel corpo che la notte del 7 marzo di quest’anno abbiamo visto scendere dalla nave Sea Watch 5 per ultimo e in silenzio, su una barella avvolto in un sacco di plastica bianca. Dalla dimensione del sacco avevamo intuito che il corpo non era robusto, anzi. 

Ci siamo chiesti quanta responsabilità avesse sulle spalle, quanti sogni si fosse portato con sé. I sogni dei genitori, i sogni dei fratelli e delle sorelle più piccole che vorrebbero continuare a frequentare la scuola. Poi alla fine, lo sappiamo ormai, arrivano i sogni di chi ha deciso di intraprendere il viaggio della morte, portando con sé le speranze di tutta la famiglia. Qualcuno di quelli che abbiamo accolto ci ha spiegato che in altri posti del mondo l’infanzia finisce presto. Rahman Farazi, nato in Bangladesh l’8 aprile 2005, ce l’aveva quasi fatta, aveva superato l’inferno libico che l’aveva trasformato in carne da vendere di seconda categoria, perché i bengalesi non possono pagare quanto gli altri. Forse Rahman non poteva pagare il posto in prima classe, sul ponte, e doveva stare nella stiva col motore assordante e con l’odore che forzava ogni alveolo dei suoi polmoni.

Forse sarebbe bastata una boccata d’aria, forse sarebbe bastato farlo sbarcare prima. Solo una certezza abbiamo, è che Rahman non imparerà mai la nostra lingua italiana, perché il 7 marzo, prima di sbarcare nel porto di Pozzallo, ha smesso di respirare. Però adesso sappiamo che volto aveva, grazie a questa foto tipica di chi cerca di tranquillizzare la propria famiglia con messaggi come “avete visto, sto bene!”. Noi cercheremo di prenderci cura dei tuoi fratelli che ce l’hanno fatta, ricordando loro che ora sono al sicuro”. Il messaggio del team di Ragusa si conclude così: “Ti avremmo voluto abbracciare, Rahman”.

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