Don Luigi Ciotti, tappa in provincia di Ragusa: “C’è un’involuzione nella volontà di combattere la mafia”

“C’è una violenza culturale difficile da combattere. Si chiama omertà e mafiosità. Non è solo la mafia criminale che uccide, ma è anche quell’atteggiamento passivo, fatto anche di disinteresse e rassegnazione. La mafia si nutre anche di questo”. Lo ha detto don Luigi Ciotti ospite ieri a Vittoria dell’Istituto superiore Mazzini, a conclusione della due giorni del convegno sociale “La questione socio – ambientale nella fascia trasformata: problemi, attori e possibili soluzioni”. Il fondatore di Libera ha incontrato gli studenti e ha parlato insieme a loro dei tanti problemi che oggi vive l’Italia. “In Italia si parla di mafia da 170 anni – ha detto don Ciotti – si sono fatte tante operazioni di Polizia. Ma non basta. Ricordate: l’ultima mafia che viene scoperta e sgominata è sempre la penultima. Perché la mafia ha una grande capacità di rigenerarsi”. Ha parlato anche dei rischi di un’involuzione nella volontà reale di combattere la criminalità. “Quando si parla delle intercettazioni, o dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio (che pure andrebbe riformato) – si rischia di fare un passo indietro nella battaglia contro la mafia. Grazie a una piccola intercettazione io oggi sono ancora qui con voi, perché grazie a questo si è appreso della volontà di Totò Riina di uccidermi. Quando si mette in discussione il “416 bis” si fa un grande favore alla criminalità”. Don Ciotti ha parlato dei rapporti tra mafia e politica “I mafiosi sono indifferenti al colore dei loro interlocutori politici”.

DON CIOTTI: L’APPELLO AI GIOVANI

Poi un appello ai giovani: “Diffidate sempre di chi parla di voi, ma non parla con voi. Sappiate distinguere tra seduttori ed educatori. La società di oggi ha bisogno di voi. C’è bisogno di chi sappia ascoltare e capire. Non dovete far parte di progetti. Ma essere attori dei progetti. Questa è una società che lascia da parte i giovani, che non scommette su di voi. Noi dobbiamo costruire la “città del noi”, in cui i giovani siano protagonisti”.

Poi ha raccontato la storia di Sindi Manushi, l’avvocata eletta sindaca di Pieve di Cadore, un piccolo comune delle Dolomiti bellunesi, la prima donna albanese sindaco in Italia. Don Ciotti non ha fatto il suo nome, ma ha parlato della giovane giunta in Italia più di 20 anni fa con la famiglia in fuga dal proprio paese. I genitori hanno lavorato duro per lei e per i suoi fratelli. Ha studiato al liceo di Belluno, all’università di Padova, si è laureata in giurisprudenza, è un’avvocata. Un anno fa, alle elezioni comunali, è stata eletta sindaco. Sono questi i giovani che fanno la storia dell’Italia”. Insieme a don Luigi Ciotti, ad accoglierlo e a condurre la mattinata, c’errano tre giovani studenti. Due tra loro sono di origine straniera, albanese e tunisina. Sono loro anche i protagonisti di un giornalino scolastico “La Fenice” che è diventato uno strumento di legalità e di crescita per i giovani studenti. Il gruppo di studenti è coordinato dal professore Giuseppe Di Mauro, a dirigere la redazione sono le studentesse Leandra Galesi e Manar Hajri.

Don Ciotti ha parlato anche di Daouda Diane, l’ivoriano scomparso misteriosamente quasi due anni fa ad Acate, dopo una mattina trascorsa in un cementificio dove pare lavorasse in nero. “Daouda Diane non c’è più – ha detto – ma la sua famiglia ha diritto di sapere la verità. Ho incontrato la giovane moglie in Africa. Chiede giustizia. Io spero che qualcuno spezzi il muro di omertà e che si sappia come è perché è morto questo giovane immigrato e dove è stato seppellito. E che la giustizia scopra i responsabili”. In serata, Don Ciotti ha fatto tappa al mercato di Ispica dove ha tenuto un altro incontro.

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