Sereno Natale un corno!

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola
“Houston! … qui Ragusa.”

Sotto l’albero di Natale, insieme ai regali più scintillanti (o più inutili), quest’anno forse troveremo anche alcune domande (almeno quattro) di cui le nostre psicologie, bramose di serenità e leggerezza, avrebbero fatto volentieri a meno. Francamente. E però noi siamo esseri pensanti. E non viviamo da soli. Ergo, i dubbi e i rovelli cadono come la neve sulle nostre teste.

Le domande. La prima. È doveroso vaccinare i bambini?
La questione è molto più spinosa e delicata di come possa apparire. Lo dimostra plasticamente il dato secondo il quale una comunità, come quella ragusana, che ha visto un’adesione davvero importante alla campagna vaccinale, è molto più timida e tiepida nel riproporre lo stesso slancio quando ad essere coinvolti sono i figli più piccoli.
Questa contraddizione solo apparente nasce da un equivoco di fondo: non basta essere prontissimi a vaccinarsi per essere automaticamente pronti a vaccinare il proprio bambino di cinque anni. Sono due temi psicologici nettamente distinti. Essere favorevoli convintamente al vaccino più sperimentato, impegnandosi in prima persona e correndo un rischio (statisticamente irrilevante) su se stessi, non equivale psicologicamente a sentirsi pronti già da subito a correre un rischio (statisticamente irrilevante) sui propri figli in età evolutiva. Pur nella consapevolezza che il virus può far male anche ai bambini e che il contagio si diffonde ovunque anche attraverso i più piccoli.
Non condivido le resistenze dei genitori, ma non mi sento di giudicarle. In un caso o nell’altro, quello degli adulti è un atteggiamento protettivo.
Tanto più che il coinvolgimento dei bambini nella strategia vaccinale appare a tratti anche come una inevitabile compensazione dell’incapacità degli adulti nell’affrontare tutti insieme la sfida contro l’unico vero nemico: il covid.

La seconda. È giusto imporre i tamponi ai vaccinati?
Chi ha aderito diligentemente alla campagna vaccinale non vedrebbe riconosciuto e ripagato l’impegno, assunto con senso di responsabilità, inteso a scongiurare proprio le privazioni della libertà individuale. Non condivido questo punto di vista, ma lo comprendo. Nondimeno, questa per i vaccinati rimane l’occasione di dimostrare uno spicchio supplementare di senso civico e di comunità.
E sul piano della comunicazione, aggiungerebbe un ingrediente dialettico dirimente (per chi fosse interessato a vederlo): il tirannico governo risolve di limitare anche le libertà individuali di chi ha il super green pass. Pertanto, davvero lo “Stato” famigerato non è ossessionato da una crociata punitiva nei confronti dei non vaccinati, ma è invece mosso dall’esigenza di prevenire i danni irreparabili (nella salute dei cittadini, nella Sanità pubblica, nell’attività didattica e nell’economia nazionale). Un argomento logico distensivo dritto al cuore di molte dietrologie del Web. Vedremo.

La terza. È giusto il Super Green Pass?
Il potere del “ricatto psicologico” ha indotto milioni di “attendisti” a vaccinarsi. Bene così, credo. Ma ha esaurito oramai la sua forza persuasiva.
È triste osservare che pochi irriducibili, nostri connazionali, di fatto “discriminati”, perdano il lavoro, la libertà di base. A Natale (per dire) la loro qualità della vita e quella dei loro figli ne risente profondamente.

La quarta. Ha senso il vaccino obbligatorio?
L’obbligo (TSO di fatto) non sarebbe concretamente applicabile.
Infine, ho una sola certezza: è inammissibile che un bambino ragusano sia insultato sul web per essersi vaccinato pubblicamente (comunque la si pensi riguardo ai vaccini). Natale così diventa una parola derubata di ogni significato nella stagione più buia di Internet.
E per tutta risposta, io approfitto della rubrica per augurare Buon Natale a tutti voi, comunque la pensiate.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it