Sacra rappresentazione a Scicli, firmata da Carlo Cartier, tra successi ed ombre

Voto dieci per il posizionamento del palco col castello normanno, lo stesso vale per l’ingresso (è stata la prima volta dopo una timida apparizione dal retro di un decennio fa) del simulacro della Vergine a cavallo sul palco e dell’arrivo di Stambul la nave che porta i saraceni sul luogo della sacra rappresentazione. Ad offuscare il lavoro sul palcoscenico di piazza Italia ieri sera è stato l’infelice apparato dell’amplificazione con un Belcane “microfonato” con un aggeggio non funzionante che ha appesantito la fin troppo interpretazione ilare del personaggio. Troppe risate per l’emiro Belcane interpretato dall’attore Marco Comitini: potevano essere evitate anche perchè il popolo, quello sciclitano, non è abituato a questa lettura del personaggio (appare lontana la perfetta interpretazione del capo turco del modicano Alessandro Sparacino e del compianto Peppino Arrabito). Perfetta l’interpretazione del Conte Ruggero d’Altavilla affidata a Giuseppe Ferlito. E lo stesso vale per la “pattuglia” sciclitana. La città, la comunità locale può dirsi fiera nel veder crescere un gruppo di giovani attori amatoriali (da Giuseppe Stimolo a Giovanni Alfieri a Simone Venuti) capaci di dare il meglio sul palco. Dalla loro quasi sicuramente c’è il sentimento, l’empatia che hanno perchè custodi di un patrimonio storico-religioso che affonda le sue radici nei secoli. Calza a pennello, nella Scicli che ama la tradizione della rievocazione del fatto d’armi del 1091 quando in aiuto dell’esercito normanno, nella battaglia sulla piana di Donnalucata contro i saraceni,  apparve la Madonna a cavallo, l’interpretazione che hanno dato i giovani sciclitani (si arriverà, forse, al punto che un giorno l’intera sacra rappresentazione potrà essere affidata ai locali tornando al vero spirito della sacra rappresentazione che un tempo si voleva affidata alla capacità recitativa del popolo). Ci si aspettava di più dall’eremita, ruolo affidato all’esperiente attore modicano Saro Spadola, ma come ben si sa, interpretare il frate povero e quasi cieco è fortemente impegnativo non solo nella recitazione ma anche nella postura del corpo. Costumi ben curati per tutti, compresi i soldati dell’esercito normanno e dei saraceni   dell’emiro Belcane. Positiva la presenza sul palco dei giovani migranti del centro di accoglienza operante a Scicli da qualche anno nei bassi del palazzo Carpentieri. Il regista modicano Carlo Cartier si può dire soddisfatto del lavoro svolto (non ultimo il prologo dello stesso in apertura della rappresentazione): certo da un professionista come lui non si aspettava tutto quello che si è visto sul palco e chissà se nel futuro si ripeterà magari facendo “tesoro” di qualche pecca che, in questa edizione 2025 si poteva evitare. Lo stesso vale per Peppe Ranzani cui il Comune ha affidato l’organizzazione della festa come oramai da qualche anno.

Alla fine è andata anche questa ennesima rappresentazione di un dramma sacro che la Regione ha iscritto nel REI, il Registro regionale dei beni immateriali, e che dà lustro alla città, alla Scicli bella dove splende il sole come ama dire il conte normanno Ruggero d’Altavilla nell’interpretazione dell’attore principale del testo ancora una volta fedele a quello del Pacetto-Vanasia, quel testo che gli sciclitani non vogliono lasciare chiuso nel cassetto. Per l’Amministrazione del sindaco Mario Marino, per il corpo burocratico dell’ente, per il parroco della chiesa Madre don Pietro Zisa e per il vicario don Ignazio La China  grande soddisfazione: ci sta il successo e ci  sta anche qualche piccolo inghippo che si può evitare usando solo un po’ più di attenzione. Ma si sa nel volgere di una Sacra rappresentazione può accadere di tutto perchè oltre alla professionalità c’è anche l’imprevisto che mette lo zampino. E quello lo si concede. L’importante è l’impegno che l’intero apparato comunale mette nella messa in cantiere della festa che Scicli non vuole perdere. Foto di Emanuele Caschetto

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