RISPETTARE LE NORME SULLE PARI OPPORTUNITA’

Le sottoscritte consigliere provinciali Venerina Padua e Angela Barone (nella foto), espongono: da tempo le istanti denunciano, al pari di quanto avviene in altre realtà locali, la violazione della pari opportunità di accesso nella Giunta della Provincia Regionale di Ragusa, dalla quale, tranne una brevissima parentesi di pochi mesi, sia nella scorsa consiliatura (2002 – 2007) che nella attuale (2007 – 2012), è stata sistematicamente e pervicacemente esclusa la presenza di componenti “dell’altra metà del cielo”. Per poter ottenere, e mantenere nel tempo, questo negativo primato, nella scorsa consiliatura, con delibera consiliare n.156 del 10 ottobre 2002, è stato modificato lo Statuto Provinciale nella parte in cui, in ossequio alle previsioni legislative nazionali e regionali, veniva disciplinato l’obbligo per il Presidente della Provincia, in sede di nomina della Giunta e al momento della effettuazione di tutte le nomine e designazioni, di assicurare una equilibrata presenza di uomini e di donne, con l’arbitraria degradazione di tale obbligo in facoltà. Il risultato, oltre alla indebita commistione di disciplina tra nomine politiche e nomine burocratiche, è stato che tale facoltà non è stata esercitata con riferimento alle nomina dei componenti la Giunta e alle designazioni in altri enti partecipati dall’Ente (Consorzio Universitario, Consorzio ASI, IACP …), e solo in minima e residua parte è stata esercitata al momento delle ultime nomine dirigenziali, per altro a tempo determinato. Ma non solo. L’esercizio di tale facoltà, specie con riferimento alla nomina di assessori donne, si imponeva ancor di più, per il doveroso rispetto nei confronti delle elettrici della attuale maggioranza, totalmente prive di loro rappresentanti di genere, visto che la coalizione che ha ottenuto la conferma del Presidente nelle sue funzioni per un secondo mandato, è del tutto carente di elette alla carica di consigliere provinciale. A fronte di tale situazione di stallo e per correggere l’antistorico errore commesso nella precedente consiliatura, le sottoscritte hanno presentato nell’ottobre 2009 una mozione al Consiglio affinchè quest’ultimo impegnasse la Giunta a dare immediato inizio al complesso procedimento di adeguamento statutario al fine di reinserire all’art.40 dello Statuto la doverosità del rispetto della parità di genere. Le sottoscritte confidavano, erroneamente, in un celere esame della proposta in considerazione del fatto che a seguito della entrata in vigore della legge regionale n.22 del 2008 e della disposta riduzione del numero degli Assessori, in tempi brevi Giunta e Consiglio sarebbero stati chiamati a procedere all’adeguamento dello Statuto. Orbene non solo il Consiglio non ha mai discusso tale proposta, perché sempre chiamato ad occuparsi, a mezzo prelievi voluti dalla maggioranza, di questioni altre, la cui urgenza e rilevanza erano e sono ancora tutte da dimostrare, ma soprattutto la Giunta non ha posto in essere, a tutt’oggi, alcun atto del complesso ed aggravato procedimento di modifica statutaria, con la previsione della riduzione del numero degli Assessori e del reinserimento dell’obbligo di parità di genere. Tale perdurante inadempimento si rivela in ogni caso contra legem per le seguenti ragioni: Precettività dell’art.56 della legge regionale n.26 del 1993 nonostante la querelle circa la applicabilità o meno nell’ordinamento siciliano del D.Lgs. n.267 del 2000, e nonostante l’art.6, comma 3, di tale testo imponga, come norma di principio, agli statuti locali di «stabilire norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna» e «promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali» dell’ente, va rilevato che la suddetta materia era già stata disciplinata in Sicilia, dall’art. 56 della legge regionale n. 26 del 1993 rubricato “Pari opportunità”, che recita testualmente: Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125 e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia …, nonchè degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.” Appare per tanto di tutta evidenza l’insanabile contrasto della attuale previsione della mera facoltà, affidata alla buona volontà del Presidente, con il contenuto precettivo del richiamato art.56 della legge regionale n.26 del 1993, quale norma di attuazione del principio di parità sostanziale ex art.3, comma 2, e del principio di pari accesso alle cariche pubbliche ex art.51 della Costituzione. Adeguamento automatico Statuto e obbligo di disapplicazione di disposizione statutaria contrastante  Poiché lo Statuto della Provincia, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, è, ai sensi di quanto disposto all’art. 114 Cost., fonte normativa di rango subordinato solo alla Legge, in applicazione del combinato disposto dell’art.56 della legge regionale n.26 del 1993 e dell’art. 51 della Costituzione (parità di accesso a uffici pubblici e cariche elettive), lo Statuto deve codificare le regole della parità di accesso alle cariche amministrative, mentre il Presidente della Provincia deve attuare tali regole in concreto: in altre parole deve, e non può, effettuare le nomine nel rispetto del principio costituzionale di parità di genere, a prescindere ed oltre le previsioni statutarie. Illegittimità per violazione dell’art.56 della legge regionale n.26 del 1993 Per completezza, e a sostegno della eccepita storica inadempienza, non solo di adeguamento statutario, ma anche di concreto rispetto del principio costituzionale di parità di genere, va rilevato che in ogni caso che le disposizioni in materia non possono essere puramente e semplicemente qualificate quali norme programmatiche e non precettive. A tal fine si rileva, che la giurisprudenza amministrativa, pronunciandosi sull’art.6, comma 3 del D.Lgs. n.267 del 2000, di contenuto sostanzialmente identico al contenuto dell’art. 56 della legge regionale n.26 del 1993, immediatamente applicabile alla Provincia Regionale di Ragusa, ha statuito che “la norma di cui all’art. 6, comma 3, del TUEL, anche alla luce del novellato art. 51 Cost., non può avere carattere meramente sollecitatorio o comunque non cogente: essa non può essere intesa … alla stregua di mera raccomandazione liberamente disattendibile … la predetta disposizione costituisce al contrario una regola giuridicamente rilevante … diretta a valere non solo in sede di revisione statutaria ma anche, in assenza di siffatto recepimento, in sede di nomina dei membri degli organi collegiali e degli enti strumentali delle amministrazioni locali. Essa costituisce pertanto una disposizione vincolante” (Tar Puglia, Lecce, I, 24 febbraio 2010 n. 622). I Giudici Amministrativi hanno altresì  precisato che “i decreti sindacali di nomina dei componenti della Giunta tutti di sesso maschile, sono illegittimi per violazione del principio di pari opportunità, nel caso in cui il Sindaco non si sia adoperato al fine di favorire la rappresentanza di entrambi i sessi all’interno del predetto organo … la motivazione dei provvedimenti di nomina dei vari assessori … deve illustrare le ragioni che impediscono l’attuazione del principio delle pari opportunità“. (Tar Puglia, Bari, III, 12 settembre 2008 n. 474).    Sulla scorta delle suddette pronunce, emerge non solo la palese perdurante illegittimità di tutte le nomine, ma anche l’ulteriore dato che il Presidente della Provincia di Ragusa, per legittimare le sue nomine assessoriali, iniziali e in “corso d’opera”, avrebbe dovuto motivare, in seno ai decreti stessi e davanti al Consiglio, quale organo rappresentativo di tutta la collettività provinciale ragusana, circa le ragioni per le quali in tutti i partiti, gruppi e correnti della sua maggioranza, non avesse trovato alcuna donna “degna” di essere nominata assessore provinciale, e neanche “degna” di essere designata in qualche posto di sottogoverno! A prescindere dal dato che all’interno della maggioranza espressione del Presidente (centro destra) operano donne di uguali capacità rispetto ai loro colleghi maschi nominati assessori e/o  designati negli enti partecipati, tale assenza non può neppure essere giustificata per ragioni di opportunità politica (rectius “peso elettorale”) visto che anche tale motivazione è stata ritenuta illegittima dalla giustizia amministrativa. Secondo pacifica giurisprudenza, “non possono essere posti a sostegno della mancata presenza di una donna nella Giunta ragioni di opportunità politica … Ovviamente il Sindaco può opporre ragioni politiche alla presenza di una donna nella formazione dell’organo di governo, ma deve trattarsi di una condizione di assoluta impossibilità di attuazione del principio … [e il] Sindaco deve dimostrare di essersi concretamente e personalmente attivato, anche al di fuori degli orientamenti politici interni alla maggioranza, per individuare delle donne idonee e disponibili a rivestire l’incarico. Resta salva la valutazione politica di gradimento dell’assessore donna in pectore da parte delle forze di coalizione al governo, ma ogni possibile dissenso di cui il Sindaco deve prendere atto, deve essere giustificato da concrete ragioni di inidoneità o incompatibilità politica alla funzione, diversamente traducendosi in un’ingiustificata elusione di un cogente precetto costituzionale”  (TAR Campania, Napoli, I, 7 giugno 2010 n.12668). Sulla scorta della denunciata sistematica elusione delle disposizioni in materia di parità di genere alle cariche amministrative e alle nomine e designazioni in qualsiasi organo o organismo amministrativo e di sottogoverno della Provincia, e del mancato adeguamento statutario le sottoscritto chiedono – al Presidente della Provincia Regionale di provvedere immediatamente, sulla base dei poteri di revoca conferiti dall’ordinamento, a ristabilire parità di presenze di genere nella Giunta e in tutti gli enti partecipati dalla Provincia, nonché di attivare immediatamente la Giunta perché elabori e presenti la proposta di adeguamento dello Statuto della Provincia all’inderogabile principio di parità di genere e a quanto disposto dalla legge regionale n.22 del 2008; – al Presidente del Consiglio Provinciale di disporre al primo consiglio utile, la discussione della mozione di reinserimento nello Statuto della obbligatorietà del principio di parità di genere; – al Ministro delle Pari Opportunità ed al Prefetto di Ragusa, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, di vigilare sul rispetto del principio di parità di genere sostanziale ex art.3, comma 2 e 51 Cost.  da parte della Provincia Regionale di Ragusa, e attivino tutte le azioni previste dall’ordinamento; – all’Assessore alle Autonomie Locali della Regione Siciliana, posto che tutte le suddette condotte sono qualificabili come ipotesi di gravi e persistenti violazioni di legge, previste e disciplinate dall’art.40 della legge n.142 del 1990 recepito dall’art.1 della legge regionale n.48 del 1991, di iniziare il procedimento di rimozione del Presidente della Provincia, e di scioglimento del Consiglio Provinciale per mancato adeguamento dello Statuto; – alle Consigliere di parità regionale e provinciale, ciascuna nel proprio ambito di competenze, di  porre  in essere tutte le azioni previste dal D.Lgs. n.198 del 2006.

 

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