RIFLESSIONI A MARGINE DI UNA CRISI

Che il sindaco e la coalizione che lo sosteneva da tempo non riuscissero a dialogare, a lavorare all’unisono per la città, era sotto gli occhi di tutti e il tentativo di cambiare, di dare un segnale forte con l’azzeramento della giunta,  visto dal Sindaco come il supremo dei mali, come un tradimento delle sue scelte, altro non voleva essere che  mettere un punto ad una amministrazione che sembrava navigare a vista e andare a capo, con la collaborazione di esperienze e competenze diverse pronte ad un discorso progettuale di coinvolgimento più pieno di cittadini magari di diversa provenienza ma accomunati dalla volontà di prendere in carico i problemi in un momento delicato non solo del nostro singolo paese ma degli enti locali in genere, del Paese Italia e dell’Europa e del mondo occidentale nella sua interezza.

 E, nel piccolo, si è pensato che mettere insieme forze anche diverse potesse rappresentare un inizio per costruire un futuro che non guardasse alle mere appartenenze ma scaturisse da un  proficuo lavoro cementato dalla voglia di migliorare la vivibilità della nostra città.  Ciò non è stato possibile; la paura del “nemico” ha vinto sulla sfida di confrontarsi mettendo in campo ciascuno i propri valori per il bene di tutti; a destra e a sinistra è prevalso il facile rifiuto di una proposta che suonava come il frutto di una voglia di arrivismo che voleva essere solo un approccio diverso all’interno di una politica che ancora è fatta di steccati, di veti di ipocrisie vuote,  non rispondenti ai bisogni e ai problemi della  quotidianità odierna, complessa e variegata, che poco guarda alla coloritura di chi opera e molto è attenta alla bontà di un progetto che sia indirizzato al bene di tutti.

 E perciò non poltrone e veti ma proposte diverse che non hanno sortito l’effetto sperato e così si è arrivati alla rottura, effetto di incomprensioni e sospetti reciproci che non hanno fatto il bene della città.  Ed allora ci fermiamo a raccogliere i cocci, a scagliare accuse, a cercare i colpevoli, o possiamo da una  crisi creare un’opportunità ?  L’opportunità di ripensare modelli diversi, non legati a vecchi schemi, in cui mettere insieme tutte quelle volontà che vogliano pensare al positivo, che partendo dagli errori, non si arrovellino nel mugugno, ma siano spinte a “ rimediare “ noncuranti del chiacchiericcio inutile che vuole che tutto affondi e nessuno si salvi.

 Venticinque  ha rimesso il mandato perché la sua persona non riusciva più a conciliare esigenze diverse e forse, a tratti, contrapposte, ma non si può negare la sua volontà nel voler essere un buon sindaco per la propria città e se il progetto della coalizione che lo sosteneva, ad un certo punto non lo  ha trovato funzionale ad un percorso di crescita, questo non vuol dire che il lavoro fatto sia stato inutile, semplicemente si è interrotto per essere ripreso,  magari con forze ed energie rinnovate perché di questo la città oggi ha bisogno, di intelligenze aperte che non si fermino al primo dubbio, al primo sospetto, ma stringano alleanze di tipo nuovo con coloro che sentono consonanza di intenti e se la coloritura non è DOC, poco importa, importa il fine per cui si sta insieme perché i politici passano tutti, di destra, di centro, di sinistra, ma le idee hanno bisogno delle menti e delle gambe di ciascuno di noi se vogliamo che Scicli non sia una città rassegnata, ma una città che ritrovi se stessa e la sua tradizione di laboriosità e di civiltà e perciò l’U.D.C. non si ferma al mea culpa ( doveroso )  ma guarda oltre per dire che l’impegno per rinnovarci e ricostruire il futuro che ciascuno sogna per sé e per i propri figli dipende da ciò che tutti insieme sapremo ricreare cercando di usare al meglio le potenzialità di quanti si vogliono mettere in gioco per Scicli.

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