RIEDUCARE CHI?

Condivisibile, educativo e da utilizzare quanto più massicciamente il ricorso alle pene alternative. L’impegno nell’ambito dei servizi sociali induce a maturare una diversa e più umana e generosa concezione della vita e di sè, quindi ha una potente valenza rieducativa. Ma per chi? Certo per tanti giovani che finiscono in carcere perché hanno conosciuto nella loro vita solo banalità e vuoto e hanno creduto di colmarlo con la violenza della microcriminalità o magari hanno fatto ricorso alla fuga dalla realtà attraverso la droga, prima da consumare e poi, fatalmente, da spacciare. Vite balorde che possono e devono ritrovare un senso, stavolta non più nello squallore, ma nelle cose più alte e belle, come la solidarietà e lo spendersi per gli altri.

 

E Berlusconi? Che senso ha affidare ai servizi sociali una persona anziana, che ha già consolidato il suo stile di vita? E se questo vale in generale, quanto più per un uomo dalla personalità così forte, egocentrica e spavalda, così lontano dalle caratteristiche di base di un volontario: l’umiltà, la sensibilità, il mettere gli altri al centro e se stessi in ombra, senza nessun protagonismo, perchè quando si opera a servizio degli altri, la delicatezza non è mai abbastanza, e la “mano destra non deve sapere cosa fa la sinistra”. Quindi niente riflettori, niente protagonismo, ma quasi vergognarsi perchè non abbiamo saputo evitare che quelle persone che stiamo servendo sono in una situazione di ingiusto disagio per l’ingiustizia generale di tanti aspetti del nostro sistema sociale.

 

Niente di più estraneo, quindi, rispetto a un Berlusconi che da Presidente del Consiglio frodava alla grande il fisco, forse commetteva tante altre infrazioni alla legge (il forse è d’obbligo, finchè non arriveranno le altre sentenze dei molteplici processi in pendenza), certo conduceva una vita dallo stile piuttosto discutibile. “Canizie vituperosa”, direbbe Manzoni, di chi, già avanti negli anni, si deliziava di ricevere nella sua troppo ricca casa tante e diverse giovani fanciulle, molto, ma molto interessate a ricevere denaro in cambio delle “feste” a cui erano chiamate da due  laidi personaggi, come Lele Mora o Emilio Fede, già condannati a sette anni per quei fatti.

 

Sentire che Berlusconi ha avuto una condanna accorciata, che la sconterà semplicemente recandosi una mezza giornata a chiacchierare in una casa di riposo o simili, che potrà fare attività politica, giacchè contro ogni logica e ogni aspettativa delle persone oneste continua a essere reputato dai suoi ancora numerosi supporter il leader della seconda o forse terza forza politica, credo che tolga ogni speranza nel ripristino di una coscienza di legalità in Italia.

Non per accanimento giustizialista, ma per opportunità di esempio, Berlusconi dovrebbe, invece, scontare la pena, intera, agli arresti domiciliari, rigorosamente e senza deroghe. Perchè un personaggio così incallito nella sua spavalderia di vivere fuori dalla legge (per quanto riguarda la frode fiscale ormai questo si deve, non solo si può, affermare) o sul filo del rasoio del forte dubbio sulla  legalità del suo comportamento (per tutti gli aspetti che ancora attendono un pronunciamento), può, forse, ritrovare il senso delle sue malefatte, soltanto se si trova fuori dalla scena, senza seguaci e adulatori e cortigiani, senza pubblico, senza palchi televisivi da cui imbonire ancora quella parte di italiani sempre sensibili al suo verbo. Avvertire con chiarezza che la sua parabola è irreversibilmente in discesa, sentirsi tagliato fuori dalla vita politica e dimenticato come un arnese che non serve più: ecco, forse questo servirebbe maggiormente a fargli prendere coscienza della malversazione da lui operata delle istituzioni che ha gestito. Servirebbe a tutti per prendere atto che non è lecito arrecare danno grave allo Stato e che non avviene impunemete. Ma in Italia questo non è vero.

 

 

 

 

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