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QUI ALBERGA L’UTOPIA, QUELLA DELL’ARTE
04 Apr 2013 04:47
Intorno al 1990, Antonio Presti, stanco delle persecuzioni e delle polemiche per le opere della Fiumara d’Arte, decide di ritirarsi a Castel di Tusa, un delizioso villaggio in riva al mare, a pochi chilometri dal parco di Fiumara d’Arte. Compra un albergo di 40 stanze, lo sventra e affida l’arredo di ogni stanza a un artista.
L’albergo è situato in un territorio ricco di cultura e di tradizioni popolari, inserito in uno scenario di rara bellezza, nella magnifica cornice di una natura incontaminata e magnetica, fra un mare cristallino e i monti dei Nebrodi, in territorio della provincia di Messina ma vicinissimo alla più famosa Cefalù.
L’Art Hotel Atelier sul Mare è un albergo-museo d’arte contemporanea unico al mondo, la realizzazione di circa metà delle 40 camere dell’Atelier sul Mare è stata affidata ad artisti internazionali, col risultato di capolavori unici. Antonio Presti, con una visione “alta ed altra”, ha così stravolto la funzione di camera d’albergo per consegnarla alla sua utopia: “È solo entrando e abitando la camera che l’opera sarà pienamente realizzata; la presenza, l’uso della stanza, saranno parte integrante e fondamentale di essa”.
L’Art Hotel Atelier sul Mare si propone come un esclusivo centro internazionale, un grande contenitore d’arte contemporanea, un museo vivo, dove l’ospite-visitatore non ha più un rapporto con l’arte contemplativo o estraneo, ma può vivere l’opera stessa in un puro stato emozionale.
L’originalità e la sua creatività, rendono l’Art Hotel Atelier sul Mare un luogo ricco di atmosfere irripetibili, come è acclarato dalle più importanti guide turistiche internazionali di settore.
Oltre alle camere d’arte, l’Art Hotel Atelier sul mare dispone di 20 camere standard, ( ph. 3/4 ), che mantengono il loro valore di unicità: quadri, foto, ceramiche, installazioni di vari artisti internazionali decorano le pareti delle stanze in maniera originale, rendendole delle vere e proprie gallerie d’esposizione.
L’albergo, sin dall’arrivo, immette subito il cliente o il visitatore in una dimensione “altra”. Una scultura sostiene il portico che precede l’ingresso ( ph. 2 ),: una Nike, opera dell’artista Maria Villano, citazione della cariatide classica, ci segnala che questo luogo si regge sull’arte. Varcata la soglia ci si trova nello spazio della hall, ( ph. 1 ), interamente tappezzato dagli articoli nazionali ed internazionali dedicati alle iniziative di Fiumara d’Arte, la fondazione di Antonio Presti.
Il primo artista ad intervenire nel 1990 è stato Mario Ceroli con La bocca della verità ( ph. 5 ). L’intervento dello scultore per trasformare la camera in opera d’arte non è concentrato sull’articolazione degli spazi, ma interessa gli elementi d’arredo, i mobili che popolano la stanza, trasformati dall’artista in vere e proprie sculture in pino rosso.
Il nido di Paolo Icaro, ( ph. 6 ), è dominata dalla purezza primordiale del bianco assoluto, caratterizzata dalla presenza preponderante del grande letto–scultura dalla forma semiellittica che si avvolge su se stessa come nell’abbraccio di un’ala, dando un senso di sicura protezione, di assoluto. Il copriletto, che simula il piumaggio degli uccelli, dona morbidezza e calore e diventa centro emozionale della stanza, fulcro e luogo dell’incontro, della vita. Non vi sono altri colori né materiali a rompere l’uniformità del bianco.
Mistero per la luna di Hidetoshi Nagasawa, ( ph. 7 ), è come un luogo sacro, spirituale, costituita da tre ambienti caratterizzati da un’essenzialità fortemente cercata, in puro spirito giapponese, e dall’uso esclusivo del bianco nelle pareti e dell’oro delle lastre di ottone che ricoprono il pavimento. L’unica illuminazione artificiale concessa è quella di un lume in una piccola nicchia che ne diffonde la luce e quella del riverbero del sole o della luna al suolo.
Linea d’ombra di Michele Canzoneri, ( ph. 8/8bis ), è un richiamo al mare e alla luce, al centro della camera campeggia il letto-zattera, posto su una base in legno, che naviga verso la grande finestra aperta sul mare. Una vetrata colorata che, lateralmente, simula un cielo notturno e un orizzonte ideale, una ‘linea del vento’, come i pescatori chiamano quella sottile linea di terra che, come un miraggio, si delinea, irraggiungibile, osservando a lungo la superficie marina, i sanitari del bagno, mimetizzati da barili colorati, evocano la suggestione di un viaggio per barca in alto mare, dove gli spazi del vivere sono all’insegna dell’assoluta condivisione con l’altro.
Energia di Maurizio Mochetti, ( ph. 9 ), è incentrata sul contrasto tra la pesantezza della materia e l’immateriale leggerezza della luce, tra la purezza algida del bianco e della geometria delle linee e il calore avvolgente del rosso degli arredi.
La Stanza del Mare Negato, ( ph. 10 ), completata nel 1992, è opera di Fabrizio Plessi, caratterizzata da una serie di porte che rivestono le pareti della stanza e che, chiuse, negano la visione del mare. Solo una di esse, dopo una ricerca che da reale diviene metaforica, si apre alla vista del mare vero, simbolo di rigenerazione. Sei schermi, posti in alto l’uno accanto all’altro su una stessa parete, come a creare una linea d’orizzonte, trasmettono ininterrottamente l’immagine dell’onda che si infrange sulla battigia. Il letto-zattera adagiato su ruote, contiene in sé la metafora del viaggio.
Trinacria, ( ph. 11 ), del 1993, opera di Mauro Staccioli, è ispirata alla forma triangolare della Sicilia e dai colori rosso e nero, evocanti il sole e il vulcano, che dominano il paesaggio isolano e che hanno condizionato storia e comportamenti dei suoi abitanti. Un ambiente dominato dalla penombra, appena sferzata da lame di luce che colpiscono gli spigoli e si incuneano come fessure nella notte. Dominano la stanza un grandissimo letto, un materasso bianco e sottile che attraversa lo spazio da parete a parete e un’imponente scultura triangolare rossa, posta al centro della stanza, che si erge perpendicolare ad un vertice del triangolo bianco/letto.
La Torre di Sigismondo, ( ph. 12 ), completata nel 1993, firmata dall’artista-cineasta Raúl Ruiz, nasce come set cinematografico per il film dello stesso regista “Turris Eburnea”, ispirato alla pazzia di Astolfo, personaggio della Chanson de Roland. Da un lungo e oscuro corridoio si arriva alla torre dalle pareti nere e nude, luogo della prigionia di Astolfo e del suo delirio. Il fulcro della stanza è costituito da un grande letto rotondo girevole di tre metri di diametro, che occupa quasi tutto lo spazio della torre, con un artificio che diventa arte e bellezza: in contrasto con l’idea di uno spazio di reclusione, il soffitto si apre completamente, attraverso due manopole che richiamano gli ingranaggi della botola di un’antica fortezza, donando all’ospite attore/spettatore la possibilità di rinascere, di vivere il passaggio salvifico dalle tenebre alla luce.
Su Barca di Carta m’Imbarco, ( ph. 13 ), firmata nel 1993 dall’artista Maria Lai, rappresenta un viaggio immaginario dalle profondità degli abissi verso l’infinito dello spazio cosmico. Il soffitto è una lastra di vetro che evoca la superficie marina. Emergendo da quel mare, il fruitore approda in un altro spazio che l’artista ha voluto dedicare alle due isole del Mediterraneo, la Sicilia e la Sardegna (quest’ultima sua terra natia), evocate rispettivamente dal blu e dal nero. Nella profondità del blu-nero delle pareti spiccano sciami di stelle e un sole creato da un groviglio di fili metallici, che è luce ma anche principio, caos da cui è nata la materia.
C.P.
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