Un servizio, il Centro di Pronta Accoglienza, che nascerà al servizio di tutto il territorio ibleo e che l’Asp di Ragusa ha individuato in uno dei padiglioni dell’ospedale Busacca. L’argomento è stato affrontato ed approfondito in consiglio comunale alla presenza direttore generale Pino Drago, della direttrice sanitaria Sara Lanza e del responsabile del Sert Giuseppe […]
Processo Mare Jonio, prima udienza al Tribunale di Ragusa: difesa presenta eccezioni per “intercettazioni illegali”, Governo parte civile e attivisti puntano il dito. VIDEO
21 Ott 2025 14:11
di Michele Barbagallo e Giada Drocker – Si è aperto stamani, al Tribunale di Ragusa, il processo “Mare Jonio” a carico di sei attivisti della piattaforma Mediterranea Saving Humans, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dallo scopo di lucro. Sul banco degli imputati ci sono Pietro Marrone, comandante della nave, Alessandro Metz, legale rappresentante della Idra Social Shipping, Giuseppe Caccia, vicepresidente della società armatrice e capo spedizione, Luca Casarini, ritenuto amministratore di fatto, la dottoressa Agnese Colpani e il soccorritore Fabrizio Gatti.
I fatti risalgono all’11 settembre 2020, quando la nave Mare Jonio intervenne per soccorrere 27 persone rimaste per 38 giorni a bordo della petroliera danese Maersk Etienne, bloccate in mare. Le persone furono trasferite sulla Mare Jonio e poi sbarcate a Pozzallo il 13 settembre. La Procura ipotizza che un pagamento da parte della compagnia danese alla Idra Social Shipping “per servizi resi in acque internazionali” avvenuto dopo qualche mese, possa configurare un ritorno economico, e che abbia trasformato il soccorso in un’operazione preordinata e a fine di lucro. Per le difese si trattò di una semplice donazione.
Le eccezioni della difesa
Durante la prima udienza, gli avvocati difensori hanno presentato una serie di eccezioni preliminari, a partire dall’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e telematiche raccolte durante le indagini. L’avvocato Fabio Lanfranca ha spiegato che la difesa non ha mai avuto accesso a tutte le intercettazioni, sostenendo che alcune sarebbero addirittura vietate dalla legge perché avrebbero coinvolto difensori, ministri di culto, vescovi e parlamentari.
L’avvocato Serena Romano ha sottolineato inoltre la genericità dei capi di imputazione, che non consentirebbero di comprendere nel dettaglio le accuse rivolte ai singoli imputati. Secondo la difesa, mancherebbero elementi concreti che colleghino ciascun membro dell’equipaggio all’ingresso dei migranti in Italia. Gli avvocati hanno inoltre ribadito l’inutilizzabilità di alcune conversazioni WhatsApp, ritenute coperte da immunità parlamentare, e chiesto la nullità della costituzione di parte civile del Ministero dell’Interno, che a loro avviso non sarebbe stata effettuata secondo la procedura corretta.
Casarini: “Un processo politico contro il soccorso in mare”
Luca Casarini, storico esponente dei centri sociali e responsabile delle missioni di Mediterranea, ha definito il processo “un disegno politico per mettere sotto accusa il soccorso in mare”. Secondo Casarini, la costituzione di parte civile dello Stato, firmata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, rappresenterebbe “la prova plastica” di un’azione coordinata per criminalizzare la solidarietà. “Nel mio telefono – ha dichiarato – sono stati inseriti sistemi di sorveglianza, ma servivano per spiare qualcun altro più in alto di me. È sempre la stessa logica: chi salva vite diventa un bersaglio” e la firma autorizzativa sarebbe dello stesso sottosegretario.
Le presenze e le reazioni
Davanti al Tribunale di Ragusa si sono radunati esponenti di Mediterranea, Libera e della Cgil per manifestare solidarietà agli imputati. In aula erano presenti anche Don Luigi Ciotti.
Don Ciotti ha ribadito che “salvare vite in mare non può diventare un reato” e ha denunciato il paradosso per cui “lo Stato finanzia la Libia, dove agiscono i trafficanti di esseri umani, e processa chi invece prova a salvare vite”.
La Cgil, attraverso i propri rappresentanti, ha espresso pieno sostegno alle Ong e ha ribadito la necessità di “contrastare le norme che criminalizzano il soccorso in mare”. Il sindacato ha chiesto una revisione delle politiche migratorie nazionali ed europee, definendo “inaccettabile l’indifferenza che trasforma il Mediterraneo in un cimitero”.
Un processo simbolo
Il processo Mare Jonio rappresenta un passaggio cruciale nel dibattito sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo. La vicenda non riguarda solo la legittimità di un’operazione di salvataggio, ma anche il principio di umanità che guida chi interviene per evitare naufragi. Da un lato, la Procura contesta un presunto vantaggio economico; dall’altro, la difesa rivendica il diritto e il dovere di salvare vite.
Le prossime udienze saranno dedicate all’esame delle eccezioni preliminari e all’ammissione delle prove. Sullo sfondo, resta il nodo politico e morale di un processo che molti, fuori dal tribunale, considerano “un processo ai soccorsi”.
© Riproduzione riservata