Prendersi cura di uno smartphone e, se proprio serve, ripararlo

C’era una volta l’obsolescenza programmata, la spada di Damocle sulla testa di chi comprava qualsiasi apparecchio tecnologico destinato ad un consumo quotidiano. Televisori, microonde, navigatore satellitare, a un certo punto l’obsolescenza ha cominciato a mutare in una sorta di spettro che presto o tardi sarebbe passata a prendersi l’aggeggio di turno.

Il Re incontrastato della data di scadenza tecnologica era lo smartphone.

Pagato profumatamente, ornato di pacchiana cover con strass per proteggerlo da ogni male, eppure lo smartphone cominciava a dare segni di cedimento già intorno ai 18 mesi. Rallentamenti, difficoltà nell’accensione, insomma quel cluster di segnali che faceva pensare subito ad una sostituzione.

Segnali che dicevano chiaro e forte: “Comprane uno nuovo”.

E il gioco ha funzionato. Nel lustro che va dal 2008 al 2013 gli smartphone sono stati il prodotto tech più acquistato nel mondo occidentale. Con cadenza biennale miliardi di persone hanno cambiato il proprio cellulare per un modello più avanzato. È andato tutto bene finché il mercato si è saturato.

I concorrenti del mercato si sono moltiplicati, i prodotti per ogni fascia di prezzo sono aumentati vertiginosamente e, questo va sottolineato a loro difesa, gli smartphone sono diventati sempre più longevi.

Così longevi che lo stesso Tim Cook (CEO di Apple), di fronte al calo delle vendite di fine 2018, deve essersi pentito di aver permesso ai suoi clienti il cambio della batteria dell’Iphone a 29 dollari.

Quindi mentre il mercato dei telefoni si va stagnando e tutta l’industria del settore deve trovare una nuova quadra, la buona notizia per i consumatori è che lo smartphone dura di più e i prezzi punteranno al ribasso, anche quelli delle big del mercato.

Quella cattiva è che continuano irrimediabilmente a rompersi.

Ergendosi a estrema sintesi della Legge di Murphy, un paradosso pseudoscientifico che in pratica sostiene che se il telefono cade da mano si schianterà al suolo proprio sul lato dello schermo, ecco, gli smartphone della gente continuano ad agghindarsi con ragnatele di crepe per tutta la lunghezza del touch screen.

Che fare? Come proteggere lo smartphone dal logorio della vita moderna? Andiamo ad analizzare un aspetto alla volta (magari senza chiedere consiglio al pentito Tim Cook).

Preservare la batteria dello smartphone

Cominciamo proprio dalla batteria che, per quanto sempre meno soggetta a obsolescenza e surriscaldamento, è pur sempre il cuore energetico del nostro smartphone e merita tutte le attenzioni del caso.

La routine ottimale per una batteria prevede che non la si porti quasi mai a completo esaurimento né, viceversa, a completa carica. In medio stat virtus, vale anche per la batteria dello smartphone che trova la sua carica ideale compresa tra l’80% (il massimo che andrebbe toccato) e il 15% (il minimo).

Fa parte di questa routine anche la calibrazione, una sorta di messa a punto da fare circa una volta al mese. Di tanto in tanto la batteria tende a spostarsi dai suoi valori soliti e magari lo smartphone finisce per segnalare dei valori che non corrispondono a realtà. E vi si spegne il telefono sul 20%.

La calibrazione aggiusta questo problema.

Bisogna scaricare del tutto il telefono, poi caricarlo fino al 100% e continuare per un altro paio d’ore ancora. A questo punto il telefono va scollegato dal caricabatterie, lasciato spento per 10 minuti, poi riconnesso e a quel punto accesso. Completato l’avvio il telefono è pronto, provare per credere.

Proteggere il touch screen con le rugged cover

Lo schermo del telefono è chiaramente la sua parte più fragile, praticamente un tallone d’Achille grosso la metà di tutto lo smartphone. Non c’è dubbio che la prevenzione debba per forza partire da lì.

Qualche tempo fa Kyle Wiens, amministratore delegato di iFixit, azienda online che vende pezzi di ricambio per smartphone e istruzioni per chi vuol provare a riparare il proprio in autonomia (qui il link per gli amanti del fai-da-te), disse in un’intervista al NYT che chi vuole allungare la vita del proprio smartphone dovrebbe comprare un vetro protettivo.

Attenzione: un vetro, non una pellicola. La differenza (enorme) è nella rigidità.

È pur vero che in un sondaggio realizzato proprio da iFixit risulta che la maggiore causa della rottura degli screen degli smartphone non sono le chiavi di casa e il loro strusciare con lo schermo nelle nostre tasche, ma le botte su angoli e bordi.

Insomma, urgesi una cover. Banale come idea, ma non se parliamo di rugged cover, letteralmente ‘aspre custodie’, veri e propri gusci di tartaruga messi li a proteggere le spigolature del nostro telefono. Basti sapere che ce ne sono di griffate dalla Caterpillar, il marchio dei mezzi pesanti per eccellenza, e probabilmente non sono nemmeno le più resistenti.

Rottura smartphone, soluzione estrema

Alla fine, nonostante tutti gli sforzi e l’impegno profuso, o forse proprio per non esserci impegnati abbastanza, lo smartphone si rompe.

A questo punto c’è solo una cosa da fare, cercare la garanzia e portarlo all’assistenza più vicina.

Brivido gelido.

La garanzia è scaduta, è dispersa, è bruciata. Calma, c’è chi ripara dispositivi anche fuori dalla garanzia. Sì, ma il costo? Anche quello è da valutare, ma grazie alla possibilità di avere prima il preventivo è facile capire subito se ne vale la pena o conviene di più comprarne uno nuovo, per la gioia della stagnante industria dello smartphone.

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