PIETRO METASTASIO

La letteratura  Settecentesca sente la necessità di rinnovarsi e viene espresso in un primo momento in un’Accademia: l’ Arcadia.

Sorta a Roma  nel 1690, raccoglie letterati  e poeti che si propongono  di abbandonare ogni artificio e di rappresentare la natura con semplicità. L’Arcadia, tuttavia non raggiunge lo scopo che si era  prefisso, perché si perde in  puerilità e leziosaggini.

La funzione storica dell’Accademia segnò dunque il passo  dopo il primo mezzo secolo di vita: venuti a mancare i presupposti da cui era nata, era entrata in crisi anche la società chiusa e raffinata della quale era stata espressione. Ma assolvendo il suo compito, l’Arcadia  aveva  preparato anche un preciso orientamento spirituale, caratterizzato dalla riluttanza per i grandi rivolgimenti e dalla disposizione alla fuga verso una realtà immaginaria, che fu forse il tratto più rilevante e durevole del Settecento letterario italiano.

Pietro Metastasio nacque a Roma da un modesto commerciante di origine umbra, il 3 gennaio 1698. Fin da fanciullo Pietro Trapassi (questo è il suo vero cognome), mostrò una notevole inclinazione per gli studi e uno straordinario talento nell’improvvisazione di versi su un qualsiasi tema. Suscitò la curiosità di Gian Lorenzo Gravina, celebre letterato partenopeo e legislatore dell’Arcadia, che lo adottò e lo avviò agli studi classici pensando di farne un  rinnovatore del teatro tragico. Fu il suo protettore a cambiargli il nome  grecizzandolo (metìstemi > trapasso).

Già a quattordici anni compose la sua prima tragedia il Giustino,  fedele al modello del teatro greco e alle regole del maestro.

Nel 1714, prese i primi ordini sacri e nel 1717, a Napoli, pubblicò la sua prima opera di Poesie.

L’anno successivo dopo la morte del suo protettore, sì trovò erede  della sua biblioteca e di una notevole parte del suo patrimonio. Venne accolto in Arcadia con il nome pastorale (agli appartenenti all’Accademia veniva dato un nome arcadico) di Artino Corasio, si stabilì a Napoli, dove trovò un impiego presso un avvocato.

Fu proprio l’ambiente napoletano a consacrarne definitivamente il talento di poeta, grazie all’incontro con grandi maestri della scuola operistica partenopea e al legame molto importante con la  cantante Marianna Bulgarelli detta la Romanina. Fu per lei che compose il suo primo vero melodramma la Didone abbandonata, che riscosse un successo strepitoso. Seguirono altre opere: Siroe; Catone in Utica; Ezio; Semiramide riconosciuta; Alessandro nelle Indie;Artaserse.

Nel 1729, dalla corte di Vienna, gli giunse un invito a sostituire Apostolo Zeno  nel ruolo del  poeta cesareo, al servizio personale dell’imperatore e con un ottimo stipendio.

L’invitò capitò in un momento particolarmente delicato per Metastasio (pare che in quel momento fosse coinvolto in una  vicenda  sentimentale piuttosto burrascosa ed esposto  ad  un processo rischioso). Ma le motivazioni di lasciare  definitivamente  l’Italia per Vienna probabilmente  è quella di voler troncare definitivamente  i legami  con gli ambienti teatrali nel quale era vissuto fino ad allora e  ad avere una collocazione stabile e  sicuramente prestigiosa.

Giunse a Vienna nell’aprile del 1730 e vi rimase praticamente fino alla morte onorato della stima di Carlo VI , della figlia Maria Teresa d’Austria, (che divenne imperatrice dal 1760), e di Giuseppe II (figlio di Maria Teresa), godette anche dell’amicizia  di Marianna Pignatelli e  di Carlo Brioschi detto il Farinello il protagonista ideale  delle sue ultime opere.

Fu ricco, famoso e ammirato da tutta Europa, che riconobbe in lui l’estrema incarnazione del  genio italiano, quello che si lega alla poesia, al canto e alla musica.

Morì a Vienna  il 12 aprile 1782. Giuseppe II gli tributò esequie solenni.

Pietro Metastasio fu musicato da grandi autori, tra cui Bellini, Mozart. Donizetti.

Celebri le sue “Ariette” , versi che venivano cantati nei suoi melodrammi e che sono rimasti spesso nella memoria popolare come cose sagge e proverbiali.

A seguire,  un paio di  esempi:

 

Dal Demetrio.  La fedeltà:

È la fede degli amanti

come l’araba fenice:

che vi sia, ciascun lo dice;

dove sia nessun lo sa.

 

Se tu sai dov’ha ricetto

dove muora e torna in vita,

me l’addita, e ti prometto

di serbar la fedeltà.

 

Dal Demofoonte. Il buonsenso:

Non odi consiglio?

Soccorso non vuoi?

È giusto se poi

non trovi pietà.

 

Chi vede il periglio,

Né cerca salvarsi,

ragion di lagnarsi

del fatto non ha.

 

                                                          

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