Pietro Grasso presenta il suo nuovo libro a Chiaramonte: “Sopravvissuto per raccontare ai giovani chi erano i miei amici”. VIDEO


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“Il mio amico Giovanni”. E il Giovanni di cui stiamo parlando è Giovanni Falcone. Ricorrerà fra pochi giorni l’anniversario della Strage di Capaci: era il 23 maggio 1992 quando una bomba fece saltare in aria sull’autostrada le auto su cui viaggiavano il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Un giorno impossibile da dimenticare. E su quell’auto, poteva esserci anche un altro passeggero: Pietro Grasso. A raccontarlo è lui stesso durante un incontro avvenuto ieri, 10 maggio, a Chiaramonte Gulfi, presso il circolo di conversazione, dove l’ex procuratore antimafia (lo è stato nel 2005), ha presentato il suo nuovo libro il cui titolo, emblematico, è appunto “Il mio amico Giovanni”, con prefazione di Roberto Saviano. Ha dialogato con lui Luisa Fontanella.

GLI ANNI DELLA GUERRA DI MAFIA

Pietro Grasso ha raccontato, con estrema precisione, gli anni ’80 e i primi ’90, gli anni della cosiddetta “Guerra di mafia”, anni cruciali per la Sicilia e l’Italia. Per le strade di Palermo, dall’81 all’83, si sono registrati oltre 600 morti ammazzati, quasi tutti appartenenti alle famiglie “perdenti”, uccisi dai Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano.

GLI ANNI DEL MAXI PROCESSO

Pietro Grasso non si è limitato soltanto a fare una cronistoria di quegli anni, ma ha anche raccontato al pubblico presente il suo incontro con Giovanni Falcone, il momento in cui è stato scelto come giudice a latere per il maxi processo e alcuni episodi che lo legavano a quell’ormai mitico pool fondato da Chinnici e portato avanti da Caponnetto. Ha anche raccontato le mille contraddizioni di Cosa Nostra, come quelli insiti nei rituali di iniziazione, ma un invito è stato rivolto al pubblico e che è anche il messaggio del libro: “Non è mai morta la speranza. Anzi, quando ci sembra di scoraggiarci, questo deve essere un invito a lavorare di più”, spiega Grasso. E a proposito del suo impegno come giudice a latere del maxi processo, ha raccontato: “Quando stavo per entrare nell’aula bunker, Caponnetto mi chiamò e mi disse: Vai avanti ragazzo, schiena dritta e testa alta. Non l’ho mai dimenticato”.

E naturalmente, come dimenticare il giorno della strage di Capaci. Grasso, racconta: “In realtà avrei dovuto essere in auto con lui. Dovevamo tornare con lo stesso aereo, un Roma-Palermo. Lui venne trattenuto a Roma e io riuscii a trovare un volo per il giorno prima. Ho saputo della strage quando ero rientrato a casa”.

PIETRO GRASSO E L’ATTUALITA’

E naturalmente, Grasso non ha mancato di dare uno sguardo all’attualità: per lui, la cattura di Matteo Messina Denaro è stata una vittoria dello Stato, ma non si illude. Dopo trent’anni di latitanza, sarà difficile, a parere dell’ex procuratore antimafia, che un uomo di quel calibro criminale possa mai dire qualcosa. Com’è noto, Pietro Grasso è stato anche in politica per 10 anni, avendo ricoperto anche la carica di presidente del senato nel 2013. Oggi, però, non è più impegnato in politica e il suo unico scopo, dichiara, è quello di far conoscere nelle scuole ciò che è accaduto in quegli anni: “Ho la sindrome del sopravvissuto. Per questo effettuo incontri culturali. Penso che il motivo per cui sono vivo è per tenere alta la memoria e far ricordare ai giovani chi erano i miei amici”.

A fine incontro, Grasso ha mostrato un ricordo di Giovanni Falcone: è un accendino in argento, che il giudice gli aveva dato in pegno perché avrebbe voluto smettere di fumare. Poi, la strage. Per Pietro Grasso, quell’accendino è diventato il ricordo di un caro amico e la sua fiammella, ancora oggi, accende, viva, la speranza.

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