PERSONIFICAZIONE DELLE TECNOLOGIE: I NUOVI TOTEM

I totem erano presso tutti i popoli primitivi animali sacri che rappresentavano lo spirito protettore della tribù. L’obbligo sacro di tutti i membri era quello di non uccidere i totem e di astenersi dal consumare la loro carne. Ucciderli era un delitto gravissimo, qualcosa assolutamente da non fare, così come sposarsi con persone appartenenti allo stesso clan: era “tabú”. Addirittura lo psicanalista Freud si servirà della pratica del totemismo e dei suoi divieti per spiegare in Totem e Tabù, nel 1912, l’origine di alcune nevrosi e dell’incesto. A noi qui interessa capire il valore di cui disponeva il totem nelle varie culture, in quanto simbolo rappresentate di un popolo e per questo venerato come sacro, ma nel senso di magico. Il totemismo è riconosciuto come una pratica religiosa tribale, di cui troviamo comunque rimandi anche nella nostra cultura occidentale, per esempio come nello scautismo o nell’uso di mascotte da parte di molte associazioni sportive, dove un “simbolo”, quasi sempre di forma animale, rappresenta più persone appartenenti allo stesso gruppo. Il loro è un potere magico che fa riferimento ad una concezione animistica della realtà. Oggi a questi antichi e noti oggetti inanimati e simbolici si sono sostituiti nuovi totem, anch’essi con una potente influenza sulle persone e le loro relazioni, ovvero l’uso della tecnologia, prima fra tutte l’identità sul web, che permette la personificazione in maniera più sottile.

 Qualunque artefatto tecnologico, infatti, se costantemente utilizzato dall’uomo tende ad essere “personificato”, si reagisce all’oggetto come se avesse una personalità, dunque utilizzando regole sociali.

La relazione sul web determina emozioni, creando legami e incontri, veicolando quindi i rapporti umani. Un pratico esempio di tutto ciò lo troviamo nel più noto social network: Facebook. Il “mi piace” o il “condividi”, metodi che permettono di far viaggiare velocemente in rete i propri assensi e “pensieri”, gratificano l’utente che li riceve e attiva, nei lettori, la scorciatoia di pensiero per cui: “se questo messaggio piace a molti, o è condiviso da molti, allora è un buon messaggio” (persuasione tramite riprova sociale). Questo comporta che i messaggi esposti al pubblico siano di un certo tipo e livello; per chi ricerca la gratificazione narcisistica, i messaggi non possono essere mai di tipo settoriale o specifici, perché il loro contenuto poco comune ai più li renderebbe meno condivisibili. Vale il contrario per i messaggi banali, cioè scritti con un linguaggio diretto e non colto, che permette facile condivisione e rispecchiamento, poiché chiunque vi si può riconoscere proprio per l’ovvietà del contenuto del messaggio stesso (esaltazione di valori, qualità, virtù, stati d’animo, ecc..), o anche per i messaggi di apparenti cause sociali, di spirito “umanitario” che invitano, ad esempio, a donazioni di sangue per salvare vite umane. In realtà sono sempre messaggi falsi, che facilitano una “compulsione a condividere”: “aiuto me e gli altri condividendo questo messaggio, dunque valgo”. Nuovi totem, tabù connessi, per nuove “tribù”.

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