PER FAVORE TACETE!

Oggi per l’ennesima volta abbiamo avuto la prova di come viviamo in un Paese che non è normale; mi riferisco al clamore suscitato dalla sentenza della Cassazione relativa al rigetto del ricorso di un padre che chiedeva l’annullamento della sentenza che aveva deciso l’affidamento del figlio alla madre che vive una relazione omosessuale.

Come sempre in Italia, senza alcun rispetto per le storie di sofferenze individuali che stanno dietro a queste contese, né per il lavoro di chi magistrati e operatori sociali si confrontano quotidianamente con queste realtà e con una certa disinvoltura nel manipolare a proprio uso e consumo la realtà, ecco che tutto si trasforma per incanto in contesa ideologica e questo come per incanto si rimpalla da una parte e dall’altra dei due fronti contrapposti.

La Repubblica: “Un figlio cresce bene anche in una famiglia omosessuale”

Il Giornale: ” Bimbi in affido a coppie gay, rivolta contro la Cassazione. Binetti: “Si suicidano di più”.

Il Corriere della Sera: “Il Vaticano su adozioni e coppie gay: I bambini non sono merce”.

Adesso andiamo ai fatti:  Cosa è accaduto?

Un genitore di origine egiziana, richiede l’affidamento congiunto del figlio dal quale si era allontanato due anni fa saltando gli incontri che aveva la possibilità di avere e al quale era stato negato l’affido congiunto perché il bimbo aveva sviluppato un “sentimento di rabbia” nei confronti del padre a seguito di un episodio di violenza agita dal genitore nei confronti della convivente della madre.

Il padre ha motivato la richiesta appellandosi al rischio di “ripercussioni sul piano educativo e della crescita … derivanti dal fatto che la madre, ex tossicodipendente, aveva una relazione sentimentale e conviveva con una ex educatrice della comunità di recupero in cui era stata ospite”, e semplicemente non ha “specificato quali fossero le paventate ripercussioni negative per il bambino”, ma si è solo appellato al principio costituzionale di “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

Come è noto la Corte di Cassazione non ha nessuna  possibilità di effettuare indagini o integrare le prove, decide sulla base degli atti esistenti; ebbene cosa avrebbero dovuto decidere questi giudici per il bene di quel bimbo specialmente in assenza della benché minima prova di un potenziale pregiudizio?

Affidarlo in condivisione a un padre che percepisce come violento? E che in effetti non ha poi manifestato tutta questa “ansia genitoriale” saltando gli incontri previsti?

Mi sembra che abbiano adottato una sentenza giusta per quel bimbo e quella donna con un passato di sofferenza!

Qualcuno mi spiega cosa c’entra tutto questo con le adozioni gay?

Per maggiore scrupolo e in ossequio alla verità, onde possiate rendervi conto personalmente della faccenda, vi segnalo il link de “Il Sole 24 ore” che pubblica l’originale della sentenza: http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Notizie/2013/01/sentenza.pdf?uuid=45a19d7a-5c0c-11e2-a7a6-aaf9d7ba057a

 

 

 

 

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